Capitolo 2

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"Lavoro terminato. Sono collegati."

"Ce l'abbiamo fatta. Sono collegati."

"Ethan..."

Immagini e ricordi veementi di quel momento accrescono incessantemente nella mia testa. La percorrono a tutta velocità, rilasciando scie infuocate di rimpianti e rancori che ardono fino a logorare ogni mio tentativo di fuga. Cos'è che mi incita a scappare? Forse il rifiuto di riviverli. Io corro, scappo dai miei problemi che mi catturano ogni volta, rinchiudendomi sempre più in profondità della mia mente, dove essi giacciono e che ogni tanto rispuntano fuori per tormentarmi come fosse una punizione, o forse meglio una tortura alla quale sono condannata a vita, che mi corrode l'anima fino a togliermi il respiro. 

Sono in cerca di sollievo e ciò mi induce ad aprire gli occhi, ma un mal di testa atroce me lo impedisce. Un soffitto familiare mi fa intuire di essere nella mia triste e quieta stanza. Mi faccio cullare ancora per un po' dal piacevole calore del letto, che è probabilmente l'unico luogo in cui mi sento leggermente meglio, dove posso finalmente abbandonare tutte le tensioni accumulate durante il giorno, dove mi sento protetta, invulnerabile, come se il cuscino impregnato oramai da tutte le lacrime che ho versato potesse sussurrarmi parole di conforto e coraggio e io le ascolto, le ascolto come una dolce melodia. 

Mi dimeno nel letto nel tentativo di avvicinarmi il più possibile al comodino. Allungo il braccio verso esso nella speranza di trovarci qualcosa che possa alleviare il dolore, ma quello che trovo non soddisfa pienamente le mie necessità. Meglio di niente, insomma. Bevo il bicchiere d'acqua tutto d'un sorso come se non bevessi da settimane e devo dire che già mi sento meglio anche se il fastidio persiste ancora. Mi avvicino quietamente alla grigia porta caratterizzata da una piccola finestrella attraverso la quale mi passano il cibo, sperando di trovarci qualcosa da mettere sotto i denti. Peggio degli animali cresciuti in cattività, loro stanno sicuramente meglio di me. 

Cosa sono qua dentro? Posso essere definita come persona? Perché io non mi ci sento per niente. Non so più neanche chi sono. Mi hanno privato di tutto, la vita, il respiro, il divertimento, la spensieratezza, la personalità, l'identità, la libertà. Come posso sentirmi libera se sono mentalmente connessa ad un'altra persona? Mi hanno privato dell'amore di una famiglia che tutti dovremmo ricevere. Le uniche attenzioni che mi vengono date sono quelle di Ethan. A proposito, dov'è finito? 

Mi guardo attorno soffermandomi sul suo letto ancora intatto, il che mi fa pensare che qui non ci sia proprio entrato. Mi avvicino e mi ci sdraio sopra. Le lenzuola sembrano imbevute del suo dolce profumo che respiro profondamente e che mi porta a ripensare al sogno di poco fa.  Ricordo il vento che mi scompiglia i capelli. Ricordo il suono del mare simile ad una voce materna, la quale mi ha trasmesso una sensazione di casa. Ripenso a quello che ci siamo detti e a quello che abbiamo fatto. Tutto sommato spero di essere riuscita a interagire con lui. Forse in realtà ho parlato solo con me stessa e che quindi ciò che lui mi ha detto era solo quello che in fondo volevo sentirmi dire. La mia mente mi ha solo accontentata. Ho bisogno assolutamente di conferme.  

Un rumore di chiavi nella serratura della porta mi riporta con i piedi per terra. Quest'ultima si apre lasciando intravedere la figura di una donna alquanto giovane mai vista prima, che avanza a passo cauto verso di me non prima di socchiudere la porta alle sue spalle. È vestita in modo impeccabile ma semplice, con una gonna grigia a tubino ad altezza ginocchio e una camicetta bianca di seta. Acconciatura perfetta con i capelli scuri raccolti in uno chignon basso che le incorniciano il viso dalla carnagione olivastra. Neanche il sorriso le manca. Mi accorgo che accenna un sorriso quasi come se provasse tenerezza nei miei confronti, in modo dolce e non come quei sorrisi malefici e inquietanti che ti accapponano la pelle e che finora non ho fatto altro che vedere. Questo mi sembra diverso, ma non voglio darmi false speranze. 

Più si avvicina più mi sposto verso l'estremità del letto, il più possibile lontana da lei. Non so chi sia e sinceramente ora non è il mio problema principale. Immagino abbia notato l'inaudita freddezza nei miei occhi perché si accomoda all'estremità opposta per poter mantenere le distanze. Distolgo lo sguardo da lei per posarlo un po' più in basso, in particolare su un piccolo vassoio che porta tra le mani contenente qualche dischetto di cotone che imbeve di un liquido il quale suppongo sia disinfettante, lo spero per lo meno. Alza in fine lo sguardo incrociandolo col mio. La vedo studiarmi come a voler capire la prossima mossa da fare e come potersi comportare. Alzo un sopracciglio come a darle segno di dire qualcosa perché tutto questo mi sembra stupido e imbarazzante. Restiamo a guardarci per qualche secondo fino a quando si decide di aprire bocca. "Posso avvicinarmi?" Chiede. Tutto qui? Siamo seri? Annuisco in modo quasi impercettibile. Si posa di fronte a me accovacciandosi per poi passare delicatamente un dischetto su dei piccoli taglietti sul mio viso che non avevo neanche notato. Sussulto leggermente per il disinfettante che brucia un po' sulla pelle, ma è sopportabile. Accenna un piccolo sorriso che le fa risaltare le guance rosee. "Posso chiederti come ti chiami?" Mi domanda mentre getta il dischetto sporco nel cestino sotto il comodino. "Come se già non lo sapessi..." Rispondo acida. Voglio stare da sola, voglio che lasci questa dannata stanza. "Vuoi sapere dov'è il tuo amichetto?" Ribatte mentre ride sotto i baffi. La guardo sfidandola con gli occhi. Sta volta si siede sul mio letto che si trova proprio di fronte a quello di Ethan così da ritrovarmela faccia a faccia. Che meraviglia! "Allora, riformulo la domanda: come ti chiami?" È in attesa di una mia risposta. "Howard, Maggie Howard." Rispondo secca non guardandola nemmeno in faccia. "Le persone vanno guardate in faccia. È maleducazione non farlo, sai?" Non posso credere che l'abbia detto sul serio. Sono scioccata. "Ma perché, voi vi reputate persone? Che coraggio! E poi un'educazione avrei potuto averla se solo non mi aveste privato di una famiglia. Tu che dici?" Un enorme senso di soddisfazione si fa largo dentro di me, sopratutto quando noto il suo sorrisetto morirgli in viso. Continuo a sentire comunque il suoi occhi pressare su di me, ma non ne do importanza.

Si alza dal letto e si avvicina. Questa volta non indietreggio, rimango dove sono. "Io dico che non tutti sono come pensi. Dà a loro il tempo e il modo per dimostrartelo." Sogghigna alzando un angolo della bocca. Detto ciò si dirige verso la porta per poter finalmente uscire, non prima di appoggiare sul comodino un piccolo oggetto in metallo. "Questo è il mio." Dice infine per poi uscire dalla porta e lasciarmi sola. 


Ciao a tutti!!💖 Scusate per la lunga assenza, ma finalmente sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo. Spero vi piaccia! 

Chissà cos'è questo piccolo oggetto di metallo...🤔

Su instagram vi potrò aggiornare sui vari capitoli che usciranno in futuro. Se vi va di seguirmi, questa è la mia pagina: savemewhitemoon

Vi auguro una buona giornata, ciaoo!💖




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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 16, 2020 ⏰

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