Ritorno alla nave

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Arthit si appoggiò alla ringhiera della nave rilasciando un lungo sospiro.

Quand'è che le cose avevano preso questa piega?

Fino a qualche settimana prima stava vivendo il sogno della vita; un matrimonio con la ragazza dei suoi sogni da organizzare, soldi da spendere e, soprattutto, la terraferma sotto i piedi. Non avrebbe mai pensato che sarebbe venuto il giorno in cui gli sarebbe mancato così tanto avere del solido e fermo terreno sotto i piedi. Sentendo la brezza delicata contro il viso socchiuse gli occhi cercando di rilassarsi, ma, dopo poco, dei passi leggeri alle sue spalle segnarono la fine della tranquillità.

"Kitty"

"Kitty un cazzo"

Con una leggera risata la palla al piede, anche conosciuta come Singto, il Leone dei Mari, si appoggiò alla ringhiera di fianco a lui.

"Linguaggio, Kitty. Che ne è stato del tuo modo raffinato di parlare?"

"Ascolta, chiamami Kitty un'altra volta e io..."

La sua minaccia venne prontamente interrotta da un paio di labbra che si appoggiarono delicate contro le sue. Il contatto era durato solo pochi secondi, ma erano stati sufficienti per fargli desiderare di più. Quando l'altro si allontanò Arthit istintivamente cercò di seguire il calore di quelle labbra, ma l'unica cosa che lo accolse fu il fastidioso suono di una risatina divertita. Di scatto spalancò gli occhi, ma neanche il tempo di indignarsi come si deve che i suoi occhi si persero in quelli dell'altro. Questo, almeno fino a quando non realizzò l'accaduto.

Si stava prendendo gioco di lui!

"Ma che diamine! Quante volte devo dirti...". Nuovamente le sue lamentele vennero interrotte dalle labbra dell'altro. Questa volta, però, non si trattava di un mero sfiorarsi. La sua lingua chiese accesso alla sua bocca e, non appena glielo accordò, tutti i pensieri riguardanti il tanto atteso matrimonio e la terra ferma si dissolsero per essere sostituiti dalla travolgente sensazione della lingua dell'altro mentre accarezzava, rincorreva e vezzeggiava la sua. Con le ginocchia che minacciavano di cedergli e il desiderio che scalpitava dentro di lui si aggrappò con forza alle spalle dell'altro e approfondì il bacio.

Di più. Voleva di più.

In un tentativo disperato di sentirselo ancora più vicino intrecciò le dita tra i suoi capelli e se lo spinse ancora più addosso.

"Capitano!"

Il richiamo improvvisò lo ridestò da... qualunque cosa fosse. Dopo avrebbe dovuto ringraziare quel ragazzo magrolino coi capelli buffi per il suo intervento.

Ancora scosso per il bacio non riuscì a fare altro se non rimanere lì ad osservare attonito l'avvicinarsi del nuovo arrivato; questo almeno finchè il verso gutturale emanato dal Capitano non lo fece tornare coi piedi per terra. Con orrore, si rese conte di essere ancora fra le braccia del pirata e, ancora peggio, che il suo cuore stava battendo decisamente troppo forte.

"Oak, spero vivamente che sia importante". Il più alto dei tre stava fissando con sguardo minaccioso il nuovo arrivato, ma quest'ultimo non ne sembrava farci caso.

Vedendo che il pirata era impegnato ad osservare con malcelato astio il nuovo arrivato, Arthit ne approfittò per provare a divincolarsi. Sperava davvero di riuscire a coglierlo di sorpresa e di liberarsi, ma l'altro strinse ancora di più l'abbraccio impedendogli di allontanarsi.

Maledetti pirati e i loro muscoli

Tutto questo avveniva mentre Oak, ignaro del pericolo, o forse sicuro che la sua amicizia col Capitano fosse abbastanza forte da non costargli la vita, leggeva la lista che teneva in mano.

Cronache di un pirata e di un principe testardo | ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora