51. La Florida

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«Des, tu sei fortunata.» mi disse Gil il mattino seguente.
«Perché?» gli chiesi perplessa.
«Perché non appena avrai consegnato quei documenti, potrai ritornare a Chicago e quindi sarai libera di ripartire per Broadway dove incontrerai il tuo ragazzo.» spiegò.
«Oh Gil.» arrossii.
«Ti divertirai e anch'io vorrei essere libero come te.» si rattristì. «È poi non tornerò più a Chicago, Des. Sono venuto qui per lavorare come uno schiavo in un negozio di giornali»
«Non preoccuparti, vedrai che non sarà poi così male consegnare giornali.» gli dissi, tentandogli di migliorargli l'umore.
«Vivrò con gente che non conosco.» continuò.
«Ascoltami Gil, da quando sono nata anch'io ho vissuto spesso con persone estranee.» affermai.
«Ti hanno trattata male?» chiese preoccupato.
«Si, ma molto spesso sono accadute cose divertenti e piacevoli.»
In quel momento, mi accorsi che si riusciva a scorgere fuori dal finestrino il mare cristallino della Florida «Oh guarda Gil che meraviglia. Il mare!» Era la prima volta che vedevo un panorama stupendo come quello. L'America era così grande che lì in Florida era ancora estate. Se avessi potuto portare con me i bambini della casa di Pony, si sarebbero divertiti molto.

«Siamo arrivati.» annunciò Gil quando poco dopo, scendemmo alla stazione di Jacksonville.
«Abbiamo fatto un bel viaggio, vero? Mi ha fatto piacere viaggiare con te.» notai.
«Grazie.»
«Pensi di riuscire a trovare i tuoi parenti da solo?»
«Certamente. Sono veramente felice di aver fatto la tua conoscenza, Des e grazie di tutto.» mi salutò.
«Arrivederci Gil e buona fortuna.»

Dopo aver lasciato Gil, mi diressi alla casa del Dottor Kleis. Arrivai all'indirizzo che mi aveva dato il dottor Leonard e mi trovai davanti ad una villa maestosa e lussuosa. Sul terrazzo, girata di spalle, c'era una ragazza alta e dai lunghi capelli ambrati.
«Mi scusi...» la chiamai, per attirare la sua attenzione. Lei si girò verso di me, ma non disse niente e tornò dentro. Suonai il campanello ed entrai nel giardino. Sdraiato su uno sdraio a prendere il sole c'era un signore piuttosto anziano, emaciato e con i baffi.
«Buongiorno signorina, ha bisogno di qualcosa?» mi domandò.
«Buongiorno, è lei il dottor Kleis?»
«Si»
«Mi chiamo Destiny Andrew e mi manda il dottor Leonard.» mi presentai.
«Piacere di conoscerla.» il dottor Kleis mi tese la mano e gliela strinsi.
«Anch'io sono contenta. Come sta?»
«A volte sono bene, a volte sto male.» mi squadrò dalla testa ai piedi, e poi aggiunse «Il dottor Leonard mi ha capito perfettamente.»
«Non capisco, che vuol dire?» replicai.
«Gli avevo chiesto di mandarmi l'infermiera più carina, ma anche la più energica che avesse all'ospedale Santa Johanna.» mi spiegò.
«La più energica?» domandai perplessa.
«Passerà piacevolmente alcune settimane qui con noi, stia tranquilla.»
«Alcune settimane? Ma io non ne sapevo niente. Non posso, devo andare a Broadway la settimana prossima.» obiettai.
«Bene, parlare di Broadway potrebbe essere una buona idea.»
«Cosa?» esclamai sempre più confusa.
«Vede, la ragazza di cui deve occuparsi è arrivata pochi giorni fa da New York. È la figlia di mio fratello e vorrei tanto che si ristabilisse.» mi raccontò intristendosi.

Ormai era ora di pranzo ed entrammo nella casa.
«Ha mangiato qualcosa la signorina Karen?» chiese il dottor Kleis alla domestica.
«Ha bevuto solo una spremuta d'arancia.» rispose.
«Mi scusi, ma che cos'ha sua nipote?» intervenni io.
«Karen non ha bisogno nè di dottori nè di medicine, ma di una persona che le sappia dare fiducia.» spiegò.
«Ma io avevo capito che Karen stesse male.»
«La sua malattia è la disperazione. Ha già tentato di suicidarsi.» mi raccontò triste.
«E perché ha fatto una cosa del genere?» esclamai sconcertata.
«Non lo so, e questo è il mio problema. Non ha mai voluto dirmelo. Ecco perché l'ho fatta venire signorina. Rimane tutto il giorno nella sua stanza. Spero che Karen riesca a parlare almeno con lei.»
«Lei mi diceva che è tornata da poco da Broadway. Che cosa ci faceva lì?» volli sapere.
«C'era andata per lavoro. Mia nipote è un'attrice, sta con la compagnia Stratford.»
«La compagnia Stratford?» domandai stupefatta.
«La conosce forse?»
«Si.» annuii.
«Oh è magnifico.» si elettrizzò il dottor e salimmo le scale fino alla camera della nipote.

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