Dal capitolo precedente:
"«Ho la polizia alle calcagna,» la informai, sbuffando. «Mi auguro che tu non c'entra nulla con questa questione perché non mi va di rovinare il tuo bel visetto,» la minacciai, tentando di incuterle timore.
Il suo respiro si bloccò, probabile che l'adrenalina scatenata dalla paura si stesse infiltrando nelle sue viscere. «Non ho chiamato la polizia, lo giuro,» si difese.
«Ci vediamo al vecchio molo, quello che affaccia sul fiume Lea,» risposi. «Venerdì, alle otto di sera,» aggiunsi, staccando la chiamata."
Claire
Osservavo l'oscurità del cielo di Londra, immergendomi in quello stato cupo che sembrava rispecchiare il mio umore.
Sdraiata sul letto della mia stanza, lasciavo navigare la mia mente, immaginando di scappare via da quella vita che mi teneva prigioniera. Una farfalla che vola via dopo aver eseguito la propria trasformazione.
Avvertivo le catene stringermi il collo sino a farmi mancare il fiato. Sensazioni che lasciavano sorgere memorie e ricordi legati alla mia famiglia.
L'inizio di una malinconia che sembrava collocarsi a quel porto sicuro di ogni bambino, ma non il mio. Un rapporto tossico che aveva permesso la nascita di una tristezza che aveva disposto le proprie radici sino alla mia anima, privandomi di attimi sereni.
Non uscivo da giorni. Avevo liquidato qualsiasi uscita o contatto umano con una semplice e veloce risposta.
Avevo finto di avere l'influenza in modo da poter restare a casa, rifugiandomi nelle coperte del letto. Mentre il resto del mondo continuava a svolgere la propria quotidianità, io avevo deciso di interrompere bruscamente la mia solita routine.
Dopo quell'incontro improvviso nel parcheggio dell'ospedale, ero scappata a casa, fingendo di sentirmi poco bene.
Ero inciampata nella trappola di quell'uomo dal carattere burbero, rischiando di sotterrarmi in una fossa di problemi che appartenevano ad uno stile di vita diverso dal mio.
Osservavo lo sguardo puntellato di tristezza del mio coinquilino. Aveva intuito che non si trattasse di un malessere scatenato da un virus, in realtà proveniente da una paura che s'intrecciava nella mia anima, privandomi delle mie forze motorie e eludendo la sua scia terrificante di passi.
Invidiavo la sua estrosità, il modo in cui riusciva ad ottenere l'ammirazione di sconosciuti anche con una semplice parola che gli riempiva la bocca.
«Claire, sono tre giorni che sei in quel letto,» sospirò il mio coinquilino, poggiando la sua mano sulla porta in legno della mia stanza.
«Non mi sorprenderei se ci fossero le pulci in quel materasso,» aggiunse, tentando di smorzare quella tensione che avvolgeva il mio umore tanto contagiosa da appropriarsi dello spirito dei presenti.«Non mi sento bene,» sussurrai, nascondendo il mio volto tra le pieghe del cuscino.
«Hai misurato la febbre?» Chiese, corrucciando la fronte e avvicinandosi al letto.
«Non ho la febbre,» risposi, sbuffando.
«Febbre d'amore?» Chiese ironicamente, abbozzando un leggero sorriso che fece sorgere sulla sua guancia una tenera fossetta.
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Brezza Marina
ChickLitClaire Harris é un'infermiera tirocinante, proveniente da una delle famiglie più benestanti di Londra. Nonostante le mille avversità di sua madre, tenta di intraprendere un nuovo cammino, allontanandosi dal benessere che la circondava. Trey Jenkins...