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Appesi ad un filo invisibile.

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Sfiorai la bilancia con un piede e subito l'aggeggio avvertito il mio tocco accese il proprio schermo, come un mostro che torna a nuova vita. Sospirai stringendo l'asciugamano come se si trattasse di una coperta di Linus o un manto d'invisibilità, come se quel sciocco pezzo di stoffa potesse salvarmi, salvarmi da me stessa. Mi morsi l'interno della guancia e salii senza stare troppo a tergiversare, a che sarebbe servito esitare?

Deglutii a fatica il groppo in gola, com'era possibile? Giorni a passati a sudare e faticare, evitare di mangiare schifezze di sorta ed ora il risultato? Nemmeno un misero chilo in meno. Non mi capacitavo e dentro di me ribolliva una rabbia terrificante. Cosa avevo fatto per meritare ciò?

Scesi dalla pedana e rimasi a guardare lo schermo LCD che mostrava ancora il numero della mia vergogna. Sapevo benissimo che per vedere dei risultati decenti avrei dovuto pazientare, ma non mi sarebbe dispiaciuto vedere anche un minimo miglioramento.

Mi destai dal mio torpiloquio mentale allo squillo del telefono. Presi il cellulare e guardai il nome impresso come una condanna a morte. Era mia madre che probabilmente si voleva raccomandare che stessi studiando visto l'imminente orale.


Scesi i gradoni e mi chiusi il portone alle spalle e il cuore mi sprofondò nel petto quando vidi Stefano che mi aspettava con nonchalance.

«Avevamo detto all'angolo!» replicai piccata, non ci potevo credere che non mi avesse dato ascolto.

«Prima o poi dovrai pur dire qualcosa ai tuoi, no? Vuoi continuare ad accampare scuse per il resto dei tuoi giorni?»

«Dio, non ti comportare come il padre modello dell'anno, non è minimamente ciò di cui ho bisogno ora!»

«Nervosa?» mi sbeffeggiò mentre si apprestava ad aprirmi la portiera con un sorriso derisorio.

«Stefano ma vaffanculo!» imprecai mentre entravo nell'abitacolo e lui in risposta se la rise.

Lo guardai mentre aggirava la macchina e in un gesto calmo ed elegante scivolava decorosamente sul sedile del guidatore.

«Detesto quando fai così.» lo informai.

Lo guardai aggrottare le sopracciglia in modo innocente.

Alzai gli occhi al cielo parecchio spazientita, e sentii la sua mano dietro la nuca. Con un scatto quasi felino mi tolsi dalla sua presa.

«Non davanti al portone di casa!» urlai spingendolo via da me.

La mia reazione sembrò divertirlo parecchio e ci mancava davvero poco che perdessi le staffe. Stefano scosse la testa e sorrise girando la chiave nel quadro azionando il motore.

Con mio enorme sollievo guardai l'edificio di casa mia scomparire, se mio padre mi avesse vista con Stefano sarebbe stata la fine, sarebbe sicuramente cambiato qualcosa, e io avevo terribilmente paura di affrontare qualcosa che implicasse i miei e Stefano nella stessa stanza.

«Hai mangiato stamattina?» mi domandò con un'occhiata inquisitoria.

Lo fulminai con lo sguardo, ne voleva davvero parlare ora!?

«Ho lo stomaco totalmente in subbuglio direi che mangiare è l'ultimo dei miei pensieri!»

«Vedi di non svenire proprio durante l'orale.»

Minimizzai la sua preoccupazione con un gesto della mano, mentre ripensavo a come avevo chiesto ai miei di non accompagnarmi, a come avevo fatto sì che mi lasciassero sola. Ero un fascio di nervi e non mi sentivo per nulla pronta. L'unica cosa che desideravo era lasciarmi la maturità alle spalle e godermi l'estate.

Stefano guidava tranquillamente ed io tentavo di focalizzare i miei pensieri sul ritmo del mio respiro.



Sentii le braccia di Nathaniel stringermi.

«Ce la farai.»

In segno di dissenso emisi un suono gutturale.

«Nath, non mi sento per nulla pronta.» piagnucolai.

«Ci siamo preparati, non potrà andare male.»

Abbozzai un sorriso non troppo convinto e mi limitai ad annuire.

«Lo spero tanto.»

Guardai Stefano, Miriana e Nathaniel fissarmi e li lasciai nell'atrio. Avevo chiesto che nessuno entrasse con me, l'idea di essere sotto osservazione mi bastava, non avevo bisogno che ci fossero presenze che potessero distrarmi. Camminai in quel corridoio così familiare eppure così ostile. Il cuore mi batteva all'impazzata nonostante cercassi quasi inutilmente di dargli una calmata. Mi fermai dinnanzi alla porta aperta, feci un grande sospiro e chiusi gli occhi.


«Giuggiola! Adesso ci godiamo l'estate!» vociò Nathaniel alle mie spalle mentre saltava come un ossesso a ritmo di musica.

Sorrisi sentendomi più leggera ascoltando quelle parole. Era finita, ormai era fatta, le carte erano state giocate e mi sentivo sgravata da quell'ansia e da quel chiodo martellante.

Stefano si schiarì la voce.

«In verità avrei una precisazione da fare...»

Nathaniel lo fissò in cagnesco.

«Bene, sono sicuro che la terrai per te.»

Stefano assottigliò lo sguardo su di lui e Miriana scoppiò a ridere a crepapelle.

«Piantatela, siam qui per festeggiare Giulia, lasciate da parte gli egocentrismi.» disse attorniandomi la spalle con un braccio e mi sorrise. «Ce l'hai fatta, sono felice per te, sei sopravvissuta alla maturità.»

Mi diede un abbraccio stretto e non so perchè fra quelle braccia potei vivere una sensazione di malinconia e tristezza quasi inaspettata. Quasi perchè in tutto quel quadretto che poteva essere dipinto come qualcosa di idilliaco c'era quel piccolo pensiero e frammento di me che stonava.

Nella realtà ideale Aurora avrebbe dovuto essere partecipe di quel momento e invece... la vita aveva deciso diversamente. Con un sorriso rassegnato del cuore mi abbandonai alle braccia di Miriana, nonostante il cuore stridesse, nonostante mi sentissi spezzata e per certi versi incompleta.
Quel momento importante della vita avrei dovuto passarlo con la mia migliore amica, l'avevamo progettato così. Dai miei occhi scesero lacrime amare e piene di pensieri cupi. Sentivo nelle braccia di Miriana un porto sicuro, ma non abbastanza da potermi proteggere dalla tempesta imminente che ben presto si sarebbe abbattuta sul mio umore. Era inevitabile.

«Perchè piangi?» mi sussurrò all'orecchio allarmata probabilmente dal fatto di averle bagnato le spalle nude.

Mentire? O renderla partecipe del mio dolore? Cosa era più giusto?

«Sto pensando ad Aurora.» ammisi sommessamente e l'abbraccio di Miriana si fece più stretto, intenso e sentito.

«Pensa che ce l'hai fatta anche per lei.»

Inghiottii un singhiozzo, ricambiai finalmente il suo abbraccio e la strinsi a mia volta.

«Grazie Mimi.»

«Ma ti pare?» mi diede un buffetto sulla spalla. «Per la cognatina questo e altro.» e alle sue parole risi fra le lacrime, come un fiore che rifiorisce dopo la siccità.



•°•°Nuovo capitolo, che ne pensate?•°•°

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