𝟸𝟿. 𝙸𝚕 𝙶𝚞𝚜𝚝𝚘 𝙳𝚎𝚕𝚕'𝙰𝚖𝚘𝚛𝚎

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Le nuvole grigiastre si condensarono sulla testa della città, il vento che prima soffiava impavido sulle case e piegava gli alberi si abbassò lentamente, lasciando spazio a piccoli fiocchi bianchi che iniziarono a cadere sulle nostre teste.

Le luci delle macchine correvano impavide sull'asfalto per cercare un rifugio dalla neve che era iniziata a cadere e che, a detta delle previsioni, non sarebbe cessata tanto presto e avrebbe costretto a casa milioni di abitanti.

C'eravamo solo noi e la piccola nuvoletta di fiato che usciva dalle nostre bocche, le mie dita continuavano ad accarezzarle i capelli, si era calmata e non piangeva più.

"Come stai?" chiesi sussurrando al suo orecchio, lei si scanzò subito, come se si fosse svegliata da quel momento di pura dolcezza che avevamo vissuto, lasciando spazio a un cipiglio di riluttanza "lasciami devo andare" tagliente e spietata come giorni prima. "Ti accompagno a casa aspetta" bloccai nuovamente il suo polso nella mia stretta "no!" con uno strattone slegò la presa e piegandosi raccolse la busta coperta in buona parte dalla neve.

Non potevo farla andare via cazzo, l'avevo appena ritrovata, era un segno averla incontrata in quel supermarket, non poteva scappare ancora.

Chiusi l'auto con il piccolo telecomando che avevo attaccato alla chiave, non curandomi di lasciarla in quel posto che tutto era tranne che un parcheggio e mi avviai a rincorrerla, riconoscendo la strada per casa sua a pochi isolati da la.

"Camila ti prego spiegami che cavolo ti ho fatto!" le urlavo dietro a meno di un metro dalle sue spalle "Lauren vattene ti ho detto" voltò il viso di qualche grado, giusto per guardarmi con la coda dell'occhio e continuare ovviamente a camminare "non ti darò pace finché non mi spiegherai che cazzo è successo la sera di Natale" "non è successo nulla, voglio solo stare sola senza una rompicoglioni come te!" gesticolò con le mani e poi accellerò il passo.

"Adesso basta" mi piazzai davanti a lei, dopo aver velocizzato il passo "cosa è successo?" le chiesi per l'ennesima volta, lei sbuffó e fu costretta ad arrestare la sua corsa "ho capito che non ti amo".

Ok questa ha fatto male. Tanto cazzo.

Spalancai gli occhi e schiusi le labbra. Non poteva pensarlo davvero. Non dopo tutto quello che c'era stato.

"Non ti credo" alzò lo sguardo intrecciandolo al mio "non me ne importa, ora spostati" avanzò verso sinistra ma io balzai in avanti bloccandole il passaggio, scostai la sciarpa bianca abbinata al cappello che portava, perché ero sicura fosse lì il mio regalo, la collanina argento pendeva al suo collo e illumina il suo viso, lei girò la testa verso destra per non guardarmi in faccia, come se potesse estraniarsi dal suo corpo.

"Se non mi ami perché cazzo tieni ancora il mio regalo?" le chiesi con un tono beffardo, lei mi schiaffeggiò la mano che ritrassi subito per il freddo pungente che si era spiegato nell'aria ormai.

Fece per proseguire ma nuovamente mi parai dinnanzi a lei ostacolandole il passaggio "togliti o stavolta la chiamo io la polizia" disse a denti stretti, io risi per poi incrociare le braccia al petto "perché hai ancora la mia collana?" lei come risposta, in un raptus scostò la sciarpa e con le dita tirò in modo brusco il sottile gioiello buttandolo poi sull'asfalto ormai innevato.

Dio mio, mi sentii così umiliata e offesa, sciolsi le sbaccia che caddero sui miei fianchi e gli occhi mi si riempiono di lacrime, lei mi sorpassò e sentivo i suoi passi attutiti dalla neve allontanarsi da me, mi inginocchiai per raccogliere quel regalo così piccolo ma pieno d'amore e liberai le lacrime che scorrevano sulle mie guance fino a staccarsi e cadere a terra, sciogliendo il piccolo strato bianco che copriva ormai tutta la strada.

Mai mi ero ridotta così per una donna, o forse si, ma pensavo che non mi ricapitasse più, mi fidavo di lei mi aveva detto che poteva regalarmi un finale diverso, e ora? Il finale era come tutti gli altri e io avrei continuato ad odiare i film d'amore.

Una mano si posò sulla mia spalla, pensavo fosse solo il peso della neve che non cessava di cadere fioca, ma poi alzai il viso e vidi i suoi occhi color nocciola che ormai rossi e gonfi mi guardavano, ora era il mio turno di abbandonarmi al pianto più feroce, lei mi raggiunse per terra e mi abbracciò stretta stretta a se, cullandomi con parole di scuse.

"Guardami" ordinò, dopo una paio di minuti passati ad ascoltare il mio pianto, ma io non ne avevo le forze "guardami!" sta volta urlò quasi, alzai la testa verso l'alto per guardarla in faccia, anche se le copiose lacrime mi appannavano leggermente la vista "io ti amo, sei tutto per me e non penso nulla di quello che ti ho detto" la sua voce era rotta, pensai che stesse per ricominciare a piangere, accarezzai la sua guancia e baciai quelle labbra rosse e screpolate dal freddo, cazzo quanto mi era mancata.

Ci tirammo su sostenendoci a vicenda senza staccare le nostre labbra dal lavoro che stavano svolgendo, la spinsi verso il suo palazzo che distava pochi metri da noi.

In un batter d'occhio lei era spalmata sul pannello dei piani dell'ascensore e la mia mano la teneva stretta per la coscia, mentre l'altra le teneva ferma la testa per lasciarmi mangiare il suo collo ormai scoperto.

La porta di casa venne spalancata e rinchiusa con un tonfo sordo, i giacconi buttati a caso per terra insieme alle scarpe, mi fece scivolare via la felpa e io mi apprestai a scollarle di dosso la maglia in un solo colpo, rimanendo sorpresa dal vedere i suoi capezzoli già turgidi ed esposti, senza reggiseno eh?

Alzai un sopracciglio e lei come se capí i miei pensieri rise lievemente e afferrò il mio viso con le mani scontrandolo fra i suoi seni.

Oh si questo è stato eccitante, succhiai senza ritegno i suoi seni sodi e grossi e man mano sbottonai, abbandonandoli sul pavimento, i suoi jeans neri, scostai gli slip e dopo averla appoggiata sulla scrivania della camera da letto la penetrai con due dita mozzandole il fiato e facendola appigliare con le unghie alle mie spalle affaticate dalla palestra.

Bastarono poche spinte ed era già sull'orlo dell'orgasmo, mi fermai e lei emise un gemito disperato che mi fece sorridere, mi inginocchiai fra le sue gambe, inebriandomi del calore che emanava la sua natura fradicia.

"Ti amo" le sussurrai guardandola dal basso, sentì il suo respiro bloccarsi nel petto, sorrisi e iniziai baciandole le ginocchia e poi pian piano salí verso l'interno coscia, fino ad arrivare alle sue pieghe e penetrarla con la lingua, lei ricominciò a respirare, anzi ansimare.

Mi misi le sue cosce sulle spalle, con una mano le stringevo il seno, con il pollice dell'altra contornavo il perimetro del suo clitoride e con la lingua, con quella facevo tutto il resto "vieni per me piccola" e poi la sua esplosione di piacere scivolò nella mia bocca facendomi gustare il sapore dell'amore. Quello vero.

𝘓𝘢 𝘙𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘢 𝘋𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘗𝘢𝘭𝘦𝘴𝘵𝘳𝘢 || 𝘊𝘢𝘮𝘳𝘦𝘯 𝘝𝘦𝘳𝘴𝘪𝘰𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora