𝟹𝟺. 𝙿𝚎𝚛𝚍𝚎𝚛𝚜𝚒 𝙿𝚎𝚛 𝚁𝚒𝚝𝚛𝚘𝚟𝚊𝚛𝚜𝚒

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Era inutile, mi giravo e rigiravo nel letto ma non riuscivo a prendere sonno.

Camila era rimasta con me in quegli ultimi giorni, voleva assicurarsi che stessi bene, in realtà era piacevole averla in giro per casa e vederla prendersi cura di me.

Aveva preso un borsone da casa sua pieno di vestiti e uno zaino con i libri universitari e si era praticamente trasferita da me, "finché non sarai guarita" così aveva detto.

Ma io continuavo, nonostante lei, a pensare a Luke, chissà come stava male, non ci siamo spiegati alla fine e lui pensa davvero che io gli abbia fregato la ragazza.

Mi manca, mi manca tantissimo, ho voglia di sentirlo, abbracciarlo e vedere le partite di calcio con lui. È il mio migliore amico e non posso farne a meno.

Guardai la sveglia sul comodino al mio fianco rendendomi conto di quanto fosse ancora mattina presto e di quante poche ore avessi dormito.

Diedi un'ultima occhiata alla bella brunetta al mio fianco e poi mi alzai, le rimboccai le coperte per non farle prendere freddo se si fosse per caso mossa nel sonno, mi diressi in bagno per cambiarmi e lavarmi, presi le chiavi di casa e uscii piano per non svegliarla.

Avevo voglia di camminare, anche se le temperature non erano proprio propense alle attività all'aria aperta, mani in tasca e via, verso la mia destinazione.

Guardavo il grande cancello che divideva la strada dal suo giardino, da qui si poteva vedere camera sua. Quante notti ci avevo passato fra pizza e partite, quando i suoi erano in viaggio e mi trasferivo a casa sua per tenergli compagnia.

Ho sempre pensato che se non avessi avuto i suoi stessi 'gusti', lui sarebbe stato di certo la mia anima gemella.

Avanzai verso il portoncino e lo aprii piano, sapevo il trucco per farlo anche se non avevo le chiavi, mi incamminai sul breve vialetto fatto di pietre che separavano l'erbetta del giardino, sollevai la mano distendendo l'indice, una piccola pressione e avvertì il suono stridulo del campanello, feci un sospiro, un passo indietro e aspettai che qualcuno mi aprisse.

Per mio grande stupore aprì proprio lui, tuta grigia, calzini neri e maglia a maniche corte, reggeva la tazza di caffè con una mano, l'altra era ancora poggiata sulla maniglia del portone, ci guardammo per secondi che parvero ore.

"Che cazzo ci fai qui?" wow sempre di buon umore di prima mattina! "C-ciao io...io volevo parlarti" dissi con voce tremante, ma non tanto per il freddo "non abbiamo più nulla da dirci" e si apprestò a richiudere la porta ma, repentinamente la bloccai con una mano avvicinandomi così di più a lui.

"Ti prego Luke, mi manchi" quando pronuncia quella piccola frase mi sentì come un groppo in gola che scese giù, avevo bisogno di dirglielo da giorni, avevo bisogno di guardarlo e dirglielo.

"Si certo, immagino come ti stia mancando" disse incrociando le braccia al petto, aveva poggiato la tazzina su un ripiano dietro il portone.

"Vediamo" continuò appoggiando l'indice sotto il mento, mettendo su un'espressione ridicola, a mio parere "si magari ti manco anche mentre te la scopi in palestra? Oppure nel tuo appartamento, o magari prima che uscisse con me" sorrise, ma con amarezza e cattiveria "io non me la sono mai scop...ah! Lascia stare! Non mi crederesti!" mi stavo arrendendo, non c'era più nulla da fare,aveva messo su un muro irremovibile.

"Luke senti, io non ci dormivo la notte perché non sapevo come spiegarti questa storia, ti prego capiscimi" sospirai alla fine, ero senza forze ormai "e tu? Mi capisci ora? Capisci come possa sentirmi nel sapere che la notte dormite insieme, che state insieme!" mi spinse e colta alla sprovvista caddi di schiena sul prato verde e pieno di rugiada, un brivido di freddo e dolore mi trapassò la schiena, arriccia il naso mentre mi misi seduta a massaggiare il punto dolente.

"Alzati e vattene, non abbiamo più niente da dirci, è chiusa oramai" era ancora sull'uscio e mi guardava dall'alto con un espressione dispregiativa, feci pressione sulle gambe per alzarmi ma appena mi mossi un gemito di dolore sfuggì dalle mie labbra e mi accorsi che non riuscivo a mettermi in piedi, sbattei un pugno sulla pietra sotto di me e cercai di ripetere l'azione, con lo stesso risultato. Sbuffai appoggiando la testa sul palmo della mia mano, ero ridicola e avevo sbagliato a venire qua!

D'un tratto mi vidi in piedi, Luke mi aveva afferrata dalle braccia e tirata su "che cazzo ti è preso?" "cosa?" ero ancora intontita dal suo gesto, pensavo mi odiasse "perché non ti sei rialzata, che hai?" aveva un espressione strana, preoccupata (?) "io? Oh no nulla tranquillo è che avevo un dolore al fianco e...cioè non riuscivo...lascia stare sto bene. Grazie" sorrisi lievemente, feci un passo ma traballai sul posto e Luke prontamente mi afferrò.

"Ti senti bene?" stavolta non toglieva le mani dalle mie spalle, si era abbassato leggermente per guardarmi negli occhi "si tranquillo sono solo un po' scombussolata" risi piano per cercare di smorzare la tensione, mentre mi grattavo la nuca.

"Scusa" mi voltai per capire se quella parola fosse stata pronunciata davvero da lui "ch-che cosa?" stavo trattenendo il respiro "scusami, io non sono violento lo sai...ho sbagliato a picchiarti" abbassò lo sguardo ma continuò a reggermi "ohi! Tranquillo ok? È normale che fra amici si litighi e che delle volte ci si sfoghi a suon di schiaffi, è tutto passato ormai" gli diedi una pacca sulla spalla ridendo leggermente, lui alzò subito lo sguardo sul mio "ti porto a casa dai."

Aveva sorriso, cioè aveva sorriso davvero, cazzo si!

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➳𝐒𝐩𝐚𝐳𝐢𝐨 𝐀𝐮𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞: 𝐇𝐨 𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐚 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐮𝐞 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐞 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞 𝐂𝐚𝐦𝐫𝐞𝐧 "𝟑𝟎 𝐑𝐞𝐚𝐬𝐨𝐧𝐬" 𝐞 "𝐈𝐧𝐬𝐭𝐚𝐠𝐫𝐚𝐦", 𝐥𝐞 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐭𝐞 𝐬𝐮𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐢𝐥𝐨, 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚𝐭𝐞 𝐚 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐥𝐞 𝐬𝐞 𝐯𝐢 𝐯𝐚.

𝘓𝘢 𝘙𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘢 𝘋𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘗𝘢𝘭𝘦𝘴𝘵𝘳𝘢 || 𝘊𝘢𝘮𝘳𝘦𝘯 𝘝𝘦𝘳𝘴𝘪𝘰𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora