CAPITOLO 3.

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CAPITOLO 3.

Dopo essermi sistemata i capelli al meglio, arricciando qualche punta da renderli il meno possibile simili a degli spaghetti, scesi in cucina.

Mia madre era intenta a preparsi una delle sue tisane, per lei necessarie per cominciare una giornata. Non capirò mai cosa ci trovava in acqua bollente senza alcun sapore.

Appena si accorse della mia presenza, mi rivolse un sorriso caldo accompagnato da un semplice "Buongiorno Allie."

Ricambiai il sorriso e cercai qualcosa nella piccola dispensa in basso a destra.

La nostra casa non era molto grande, non lo era affatto.

Della mia camera non potevo lamentarmi, in quanto i miei genitori mi lasciarono quella più grande. La cucina aveva lo stretto indispensabile: un piano cottura, un forno, lavandino, qualche dispensa e infine un tavolo al centro.

Trovato quel che stavo cercando mi sedetti al tavolo, aspettando che il mio solito caffé mattutino fosse pronto. Non ricordo da quando ho iniziato a bere il caffé ogni mattina, ma come per mia madre erano necessarie le tisane al mattino, per me lo era il caffé.

Tutto mi sembra così ordinario, normale. Come se non fosse successo nulla. Le persone fingono che tutto questo non sia successo, o forse ne sono all'oscuro e continuano le loro vite.

Una cosa ancora non mi era chiara, mi tormentava dal momento in cui sentii le urla tra i due uomini, tra cui uno mio padre. Non avevo mai sentito mio padre nominare questo 'Harvey' prima d'ora. La maggior parte dei suoi colleghi li aveva invitati qui in qualche cena prima di Natale o del suo compleanno. Strano pensare che quarantenni ancora festeggiano i loro compleanni, alla fine ricevono regali inutili tra cui sciarpe o cappelli o camicie di colori orrendi o regali ai quali sono costretti a sorridere e ringraziare per il 'magnifico' regalo anche se questi sono alquanto indecenti.

Scossi la testa e dibattei con me stessa se affrontare o no questo argomento con mia madre ora o più avanti quando magari parlarne non sarà doloroso.

Decisi poi alla fine che forse era meglio affrontarlo subito. Com'era quel detto? Qualcosa riguardante ad un stupito dente dolorante.

"Che lavoro faceva?" Domandai in fine.

Mia madre si voltò e corrugò la fronte. "Di cosa stai parlando?"

"Lo sai benissimo. Che lavoro faceva lui?" Dissi alzandomi per prendere una tazza dalla credenza.

Mi guardava, ogni singolo movimento. "Tuo padre..."

"Si, allora?" Mi voltai portando le braccia al petto.

"Non lo sapevo neanche io fino a poco dopo che fosse morto. Oltre al suo lavoro da comune impiegato, faceva parte della A.S.I. Incredibile vero?" Sbuffò una risata e si morse l'interno della guancia, quasi per trattenere le lacrime imminenti.

"Perchè non ne sapevi, sapevamo, niente?"

"L'A.S.I. proibì a tuo padre di farlo sapere a noi, per un motivo di protezione, mia, nostra. Dopo l'omicidio arrivò una lettera dall'agenzia in questione con le condoglianze."

Questa volta si voltò dall'altra parte, credo per non farmi vedere che stesse piangendo.

"Stronzi.." Sussurrai.

Si illuminò il telefono che avevo lasciato sul tavolo appena entrata in cucina. Era Ashton.

Sono qui fuori Al, ti aspetto x

Abbracciai mia madre e le lasciai un bacio sulla guancia.

"Sii forte." Mi disse.

"Vale anche per te, insieme lo supereremo" Risposi.

Surviving. || L.H.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora