12 - Rifiuto.

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Per il resto della giornata, io e Justin non ci siamo rivolti la parola

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Per il resto della giornata, io e Justin non ci siamo rivolti la parola. Dopo i fatti di questa mattina, mi sono sentita scossa per tutto il giorno e non sono andata a cercarlo. E lui, ovviamente, ha fatto altrettanto perché, prima di tutto, sono io che lo seguo ogni volta e, in secondo luogo, lui è un essere perfetto e non si abbasserebbe mai a rincorrere una sporca umana come me.

Già me lo immagino mentre farnetica qualcosa tipo: Stai scherzando? Perché dovrei giocare ad acchiapparella con una mortale? I vampiri sono sublimi e impeccabili, non ho alcun motivo di abbassarmi al livello di voi umani con questi giochi idioti.

Ormai la sua logica, per quanto assurda, è chiara come il sole per la sottoscritta. Riuscirei a capire ciò che sta pensando con una sola occhiata. O almeno questo è quello di cui ero convinta prima di ritrovarmelo fuori dal cancello della scuola ad aspettare qualcuno - e non ho neanche dovuto urlare il suo nome per fermarlo!

Con il busto dritto, le cuffie nelle orecchie e lo sguardo perso nel vuoto, Justin se ne sta appoggiato al piccolo muretto che circonda l'edificio e che, a malapena, gli arriva alla cintura.

Il mio cuore accellera a vederlo lì, tranquillo, con la testa che si muove al ritmo di una canzone che non riesco a sentire. E il pensiero che stia aspettando proprio me, non fa che dipingermi uno stupido sorrisetto sulla faccia, che cerco di scacciare al più presto.

Aspettare me? Quando mai! È più probabile che abbia un appuntamento con Tay! Non devo sperarci troppo, altrimenti ne rimarrò ferita. Come sempre.

Faccio un respiro profondo, imponendomi di darmi una calmata - devo allontanare lo stress o non riuscirò a sopravvivere a lungo. Mi avvicino a lui normalmente, con passo moderato, provando a risultare sicura di me - cosa che, vi assicuro, al momento non sono affatto.

«Ehi, Jus!» lo chiamo, alzando perfino una mano per richiamare la sua attenzione.

Lui non mi sente. Allora, con fin troppa vivacità, mi viene la brillante idea di afferrargli la spalla e scuoterlo. Temo di aver fatto un errore quando lo sento irrigidirsi sotto il peso della mia mano, ma l'ansia vola via nello stesso istante in cui si fa largo in me un familiare senso di calore. Una sensazione che solo lui sa regalarmi. Averlo così vicino, anche se per lui sono solo un fastidio, è fantastico.
Gli sorrido, mentre lui si gira scocciato. Mi rivolge subito un broncio - un broncio maledettamente carino! - e poi sbuffa. Però rilassa le spalle, tornando nuovamente tranquillo.

Questo atteggiamento, strano a dirsi, mi rassicura. Ultimamente Justin non si stava comportando da... Beh, da Justin. Mi stavo preoccupando per niente, forse.

«Sei in ritardo, An.» si lamenta, togliendosi le cuffie.

E torna l'ansia, perché mi fissa con quei suoi occhi da predatore e mi mozza il fiato. Lo sguardo di Justin è un'arma di distruzione di massa. Se non risultasse così strano a chi lo circonda, probabilmente sarebbe popolare fra le ragazze. E la cosa non mi da pace.

Il mio ragazzo mordeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora