Capitolo 3: Dot's Sang Froid

99 12 14
                                    

Respirare non è mai stato così difficile come in quel momento, con il tanfo intossicante dello sterco con cui, gli ha spiegato Pixis, si fertilizzano i campi. Non che Levi sia un figlio di papà fatto e finito (o forse sì. Cosa si intende per figlio di papà? Non l'ha mai capito quando glielo dicevano a scuola), però pecca di nozioni basilari, in quel frangente. Ad esempio, Levi non ha mai visto un ranch in vita sua. E un cavallo. E un trattore, e quella è una balla di fieno? Sembra di essere in un film ambientato in un'epoca remota, quando ci si sostentava con i frutti della terra e nient'altro.

-A Placid Lakes si fa così.- dice con una punta di saputa ironia Pixis mentre scendono dal furgone, l'assenza della Brixton che gli aleggia tiepida sulle spalle, fantasma nostalgico di vivere il presente del suo proprietario. Si avviano lungo il sentiero, percorrendo un campo dall'erba maltrattata dagli zoccoli di due cavalli che l'uomo ha chiamato Quarter Horse, perché si dice che siano i più veloci nel compiere il quarto di miglio; Levi è rimasto in ascolto nel più sordo silenzio, ammaliato, ed indubbiamente sbalordito, dinanzi alla stazza fiera ed imponente dei due quadrupedi. Ma salire su una bestia del genere sarà l'ultima cosa che farà nella vita, è una certezza insormontabile.

Ad avvalorare la sua tesi c'è il fatto che Samael, stallone dal manto fulvo, lo scruta da lontano con fare circospetto, e Levi potrebbe giurare di aver sempre creduto che quegli animali fossero più bassi nelle serie tv che ha visto; Krugel, invece, è un buckskin, specifica Pixis, col manto tendente al color sabbia sbiadito ed il crine scuro, e sicuramente pare meno interessato all'ennesimo (o forse il primo, non è proprio certo della grande affluenza di quel posto) forestiero. Vorrebbe ingoiarsi la lingua quando, mentre stanno camminando col ranch ormai poco lontano, Samael si avvicina contro ogni pronostico a passo deciso verso il recinto, e Levi non può evitare di dirigersi verso il lato opposto del sentiero con un'angoscia difficile da ignorare.

Pixis, che fa saltellare divertito lo sguardo fra i due, esclama a gran voce -Gli piaci!-

-Col cavolo!- sputa piccato, massaggiando freneticamente la nuca umida di sudore. -Ci sta pedinando. Sono sicuro che, se fossi nel recinto, mi prenderebbe a calci in culo...!- Vorrebbe davvero mostrarsi più educato con il santone (così l'ha appellato in mente) che gli darà un tetto sotto il quale riposare, ma in quel momento il nervosismo vorace sta prendendo il sopravvento su ogni scrupolo esistente.

-Ah!- sospira sorridendo, le rughe intorno agli occhi che sono un ventaglio di emozioni positive. -Dovresti fidarti più del tuo istinto che della testa, mio caro Levi!-

E questa da dove salta fuori?

-Mh, sì, ci proverò.- tergiversa sull'argomento a bassa voce. Qualche santo pare ascoltarlo in quel momento, quando, distolti gli occhi dal cavallo che persiste nel seguirli fino alla fine della recinzione, si trova ad una manciata di metri dalla costruzione in legno. Sul fronte la scritta in corsivo Dot's Sang Froid dovrebbe risultare un ludico gioco di parole combinato a Placid Lakes, immagina.

Il ranch non è di grandi dimensioni, ha l'aria di essere accogliente, col gazebo di fianco al recinto dai tendaggi bianchi ed un'amaca poco distante da esso, che si torce su se stessa al soffiare del vento. Il tetto spiovente di un verde bosco si amalgama con la radura che li avvolge; il portico, anch'esso di scuro legno di quercia, ospita sul davanti delle fioriere in ferro battuto con rigogliosi gigli rossi, bianchi e rosa. Inizia a comprendere le motivazioni per cui il centro sia stata definito a quel modo.

-Spero che sia di tuo gradimento, Levi Ackerman!- lo canzona bonariamente, senza rinunciare alla cattiva abitudine di rifilargli una manata sulla spalla, prima di superare la pesante porta massiccia. Si ritrova all'interno del locale - ora quasi semivuoto, fatta eccezione per una tavolata di una famiglia chiassosa che strepita e starnazza come un pollaio -, con un bancone di legno cerato sulla sinistra, tre distributori di birra differenti in bella vista, una fila di alcolici sulle mensole di vetro spesso e quattro sgabelli che hanno tutta l'aria di essere datati. Oltre ai tavoli apparecchiati con delle tovaglie a quadri rossi e bianchi, c'è uno spicchio di sala rialzato, probabilmente addetto a qualche concerto serale.

One Way: Oltre Il ConfineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora