Capitolo 1: Panthom Ride

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Levi apprezza poche cose della sua vita: svegliarsi all'alba per progettare al meglio la giornata, facendo metodicamente ogni cosa della lista mentale stilata la sera precedente; gli hotdog piccanti venduti all'angolo tra la 64esima e 65esima strada, e poi quello. Costeggiare il lago Eola in sella alla sua Brixton BX 125 mentre il vento gli sferza il volto con arroganza, non ha paragoni. Su quella strada poco trafficata, costellata da qualche palma che gli proietta ombre danzanti sul viso, è ormai divenuta una routine fare una corsa quando il sole batte più forte sull'asfalto bollente, e lui sente il calore permeargli la pelle fino a sorridere di sollievo. Ma la seconda motivazione per la quale si sia svegliato di buon umore, quella mattina di maggio, è un'altra: il raduno che ha desiderato fare dall'età di sedici anni finalmente è divenuto alla sua portata, e quasi non ci può credere che quel gruppo di veterani abbia voluto accoglierlo.

È più che certo che Jean, ex-compagno di liceo, suo migliore amico, nonché figlio di uno dei membri della cerchia, abbia messo una buona parola per lui e sia riuscito a convincere il padre ad iniziare Levi alla carriera di motociclista. Ma è più che consapevole di non essere visto di buon occhio per altre ragioni, una delle tante riguarda le gare che intrattiene coi coetanei per racimolare dei soldi e pagarsi quei viaggi in solitaria che, sa bene, col sostegno del padre (o meglio dell'assoluto mancato supporto economico), non andrebbe troppo lontano. Eppure proprio non riesce a spianare quel sorriso che gli tira le guance, con la bocca secca ed i capelli fradici di sudore sulla nuca per il casco integrale verniciato di nero, mentre raggiunge la meta: un parcheggio collocato vicino allo specchio d'acqua, lì dove avrà l'onore di conoscere personalmente quegli individui, eroi, così li aveva definiti da bambino, quando li aveva visti rientrare da un viaggio capillare in Florida sfrecciando dinanzi alla sua scuola, gli occhi che brillavano di ammirazione all'udire le moto ruggire di fierezza.

Cosa si prova, ad essere liberi da gabbie dorate, da carnefici, da un padre come un'ombra troppo grande da poter fronteggiare? Come ci si deve sentire ad avere il potere concreto di mordere il mondo, prenderlo per il bavero, avere la meglio sulle catene, infrangerle, e correre veloce come la sua amata Brixton BX 125?
Ora, in questo preciso istante, Levi sa cosa significhi tutto questo, mentre utopie e speranze che si sono levate nella sua camera di adolescente, stanno finalmente assumendo una forma concreta, ed il sole quel giorno ne è testimone. Ecco il raduno, vede in lontananza una macchia di persone e, man mano che si avvicina, ciascuna si distingue dall'altra, sebbene siano accomunate da uno stile di vestiario ben preciso, forse nostalgici dei tempi di Easy Rider, con tutte quelle giacche scamosciate color cammello e sfrangiate sui gomiti.

Decine di occhi lo osservano non risparmiandosi un certo sdegno: qualcuno sogghigna mentre sputa sentenze e giudizi, qualcun altro si limita ad ascoltare i compagni con le mani affondate nei jeans stinti, come quel tale dall'addome gonfio coperto dalla t-shirt nera ed un paio di folti baffi sale e pepe ad incorniciargli la bocca sottile, due occhietti simili a quelli di un roditore che seguono i suoi movimenti.
Un uomo di colore gli rifila una spallata complice, sussurrandogli qualcosa all'orecchio, e Levi respinge un familiare moto di rabbia che, da qualche anno a quella parte, è riuscito a domare, ritornando bollente nella bocca dello stomaco, cratere delle sue emozioni.
Parcheggia la moto e si sfila i guanti, il jeans nero gli si è incollato a sedere e cosce per il caldo, ed è un sollievo scendere dal sedile in pelle, allo stesso modo sfilarsi quella brace ardente che porta in capo. Si avvicina a passo flemmatico agli uomini col casco nell'incavo del braccio, indossa il grugno migliore che abbia in repertorio, quel tanto per far intendere ai presenti che non sia lì né per farsi sbeffeggiare solo perché ha ventitré anni, né per farlo col prossimo.

Ma il volto che si trova dinanzi, Occhi-di-roditore, così l'ha appena nominato in mente sua, da vicino mostra ancor di più la riluttanza che ha nell'avere a che fare con lui, e proprio non digerisce quel modo di fare superbo. Pianta i piedi a terra quando gli si trova di fronte, inclina lievemente il bacino in avanti e sporge una mano nella sua direzione, senza distogliere le iridi grige da quelle annacquate dalla vecchiaia di Occhi-di-roditore, e dice con tono fermo -Piacere, sono Levi Ackerman. Questo è il-

One Way: Oltre Il ConfineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora