Capitolo 4 - Primo incontro

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-Casa Molandi-

Beatrice è alle prese con i primi capricci di suo figlio o, forse il capriccio è il suo?
Il bambino vuole indossare a tutti i costi un paio di pantaloncini rosa, i suoi preferiti, un regalo di sua nonna materna ma che sua madre non gradisce da qualche tempo perché lo ritiene un colore adatto solo alle bambine.
Ma al piccolo Andrea piacciono così tanto che non gli importa se il rosa è un colore da bambina ed il suo pensiero è:
«Perché le femmine possono portare i jeans se sono da maschio?»
«È diverso!Quelli li possono portare tutti, mentre quello-indicò i pantaloncini-no e la discussione finisce qui. Cambia colore, ne hai tani, avevamo deciso che li avresti indossati come un pigiama.Ora muoviti e vatti a cambiare.»
Mario, il padre di Andrea, sentendo la discussione fra i due, o meglio le urla isteriche di sua moglie, si recò in sala da pranzo dove la donna cercava di acchiappare loro figlio che girava per la stanza.
«Non ti conviene farti prendere.» urlava lei.
Corsero intorno al tavolo finché Andrea non si accorse della presenza del padre che era rimasto a guardarli vicino alla parete ad arco, che portava al corridorio per andare nella stanza degli ospiti e nel bagno.
Il bambino si diresse verso suo padre il quale lo prese subito in braccio.
«Che hai combinato per far diventare la mamma Hulk?Se continua così il vicinato chiamerà i servizi sociali.»
«Basta che lo guardi.» rispose lei.
«Non vedo nulla di strano.» rispose l'uomo guardando il figlio.
«Nulla di strano?Indossa ancora quei maledetti pantaloncini che tra l'altro gli avevo buttato.Quella donna a volte sembra fatta a posta per farmi perdere la pazienza.»
«Prima di tutto calmati, non sembra il motivo per cui farci un problema di stato. Se a lui piacciono non vedo dov'è il problema nel farglieli indossare. No, non c'entra nulla tua madre li ho ripresi io dalla pattumiera proprio perché gli avevi detto che come pigiama andavano bene.» dicendo questo l'uomo si avvicinò alla moglie la quale era delusa dal suo modo di pensarla diversamente da lei.
«Dovresti essere tu quello meno calmo e, invece che fai lo assecondi prendendo la roba dalla spazzatura?È un maschio, non una femmina.Mi chiedo come tu sia stato cresciuto dai tuoi genitori.»
«È solo uno stupido colore. Sei tu quella che è cresciuta nel modo sbagliato.» Mario cominciò ad alzare la voce ha sua volta.
«Da qui ad una gonna il passaggio è corto.»
«Si,e magari anche dal truccarsi e scoprire che si sente una bambina. Si, dai magari da grande ci presenterà il nostro futuro genero.»
«Non lo dire nemmeno per scherzò.» Era schifata da quelle parole.
«Perché? È mai possibile che tuo figlio debba crescere come più tu voglia?Vuoi un figlio triste?Sei come tuo padre. Lui voleva un maschio e ti ha cresciuto con una mentalità schifosa come la sua e, tu stai facendo lo stesso. Eppure volevi una femmina, no? Dovresti essere contenta.»
«Non ti azzardare a dirmi che sono come mio padre.Io e lui-indicò suo figlio-avevamo fatto un patto e, lui non l'ha rispettato mettendoseli per andare fuori casa.»si infuiriò ancor di più.
«E allora dimostrami che non sei come lui. Quale patto? Tu l'hai subito rotto buttandoglieli nella spazzatura. Ti senti quando parli?Sembra come se nostro figlio avesse commesso un reato.»
Andrea cominciò a piangere, non voleva essere la causa del litigio dei suoi genitori.
«S-scusa mamma. N-non li m-metterò più. Non v-voglio che litighiate. Pensavo che potevo metterli perché mi hai detto che Da-Daniele è diverso.»
«Bravo amore.Si, Daniele è diverso ma non facciamoci subito riconoscere.Ora vieni qui così ti cambio velocemente che siamo in ritardo. Che figura.»Beatrice riacquistò dolcezza nella voce. La donna fece il gesto al marito di passargli in braccio il figlio ma lui come risposta lo strinse meglio a sé e si diresse verso la porta d'ingresso.
«Esatto!Siamo in ritardo e, quindi non c'è tempo per cambiarsi. Andiamo. Amore-si rivolse al figlio-Daniele sarà contento di conoscerti subito per come sei veramente. Non bisogna essere come più ci vorrebbero gli altri capito?»
«S-si.»Andrea si accoccolò nelle sue braccia.

La piccola famiglia si recò fuori l'abitazione, Andrea ancora stretto tra le braccia del padre mentre sua madre chiudeva la porta di casa incredula per quello che aveva appena sentito.
Suo marito gli aveva dato contro.
Stava diventando veramente come suo padre? Non poteva credere che suo figlio stava uscendo di nuovo da casa con addosso un indumento rosa.
Se qualcuno l'avesse visto? Che figura avrebbe fatto? Agli occhi altrui non sarebbe apparsa una brava madre ma soprattutto non incuoteva rispetto verso suo figlio. Il vero problema è che lei non sopporta quando la gente la giudica anche se inutilmente.
Se avesse messo i pantaloncini nella candeggina magari poteva dire che c'era stato un piccolo imprevisto.
Fortunatamente era già buio e, molti del vicinato erano a mangiar a cena in qualche ristorante.
Avrebbe forse solo dovuto aspettare che suo figlio crescesse, in tal modo non gli sarebbero più andati giusti quei dannati cosi rosa.
Nel frattempo anche in casa Politti c'era il caos e, Luisa era impegnata con i suoi figli che stavano avendo una delle loro solite "amorevoli" discussioni.
«Mostro, vieni qui!»
Danila non sopportava più da diverso tempo la differenza d'età con suo fratello. Dieci anni erano troppi.
Daniele correva come un razzo per tutta la casa con in testa un reggiseno e un vestito della sorella a mo di mantello.
«MAMMA, gli dici qualcosa per piacere?» Danila provava a placare il fratello ma con scarsi risultati dovendosi tenere con una mano l'unico indumento che aveva indosso in quel momento; un asciugamano instabile.
«NON URLARE.»
Luisa ormai stufa di sentire le urla della figlia appena ebbe la possibilità di fermare suo figlio non se lo fece scappare.
Prese il reggiseno per una coppa«Mamma attenta così lo rovini » facendo in modo che il bambino venisse tirato all'indietro e, bastò un'occhiata un po' più severa del solito per farlo diventare un bravo cagnolino ubbidiente. Successivamente gli tiró fuori il vestito da dietro la maglietta riconsegnando i due indumenti alla legittima proprietaria.
«E ora per piacere tu vatti a vestite che è tardi e, tu-guardò con guardo furente il minore dei due- vai fuori da tuo padre.»
«Mamma è colpa sua! Non lo sopporto più.»
«Sei la più grande. Insegnargli come ci si deve comportare.Non ce la faccio più. Mamma di qua, mamma di là.Avete anche un padre.»
«Ma a lui non gli dici mai niente?Si, stava meglio senza di lui.» Danila era stufa si essere sempre etichettata come la più grande e quindi quella che doveva essere più buona.
«Vattene allora. Almeno a me mamma e papà mi hanno voluto.» disse Daniele al che Danila ci rimase male.
Uno schiocco ruppe il silenzio. Luisa aveva appena colpito una natica del bambino con la cucchiarella che stava usando per cucinare.
«NON TI AZZARDARE PIÙ A DIRE UNA COSA DEL GENERE. VAI IMMEDIATAMENTE FUORI.» Luisa aveva perso la pazienza.
«Non credere di essere meglio. Papà ti ha voluto solo perché voleva il maschio e, secondo me se n'è pentito.»parlò nuovamente Danila presa dalla rabbia.
«BASTA.» la donna non ne poté più e rimise i due in riga con urlo che sembrava quasi non umano. «Nessuno dei due è un errore perché se fosse stato veramente così non vi avrei dato la vita e, ora sbrigatevi a far uscire da questa casa i vostri culi perché vi giuro su Dio che vi distruggo. Come vi ho messo al mondo vi ci tolgo.»
«Forse ho sbagliato momento.Ci metto un attimo e tolgo subito il mio culo da qui dentro.»Jonathan era appena entrato in casa per prendere due birre in frigo e poi riuscì subito fuori.
«Hey amico, tua moglie quando si arrabbia sembra posseduta.» Jonathan passò una delle due birre a Davide che era attendo a girare la carne sulla bracie.
«È per questo che cerco il più possibile di non esserci quando accade.»
«Secondo me dovresti dargli una mano ogni tanto. Mette paura, ha messo in riga anche me. Che dire i ragazzi già si sentono a loro agio per litigare già dal primo giorno nella nuova casa.»
«Spiritoso.»
La porta d'ingresso si aprí e ne uscì fuori un Daniele piuttosto imbronciato.
«Non vedo l'ora che se ne vada e mi lasci il piano tutto per me.»disse non appena prese posto in una delle sedie intorno al tavolo.
Poco dopo uscì dalla porta anche Danila, non notando lo sguardo di suo padre che era in disaccordo con il suo vestito troppo corto per i gusti di lui e, si sedette nel lato opposto di suo fratello.
I due si degnarono di un solo sguardo solamente per farsi una linguaccia poi lui cominciò a giocare con il suo Gameboy e lei ascoltò della musica sul suo mp3.
«L'amore fraterno. Mi ricordano me e Mario.» Jonathan girò una salsiccia sulla brace.
«No,tu e tuo fratello non siete ai loro livelli. Credimi ogni giorno ce n'è una. » e anche Luisa era uscita da casa portando con se una insalatiera piena di fragole e panna.
«Hai visto tua figlia come va vestita?» Davide parlò a sua moglie sembrando arrabbiato con lei.
Daniele guardò per un breve periodo la sorella ma non gli sembrava esserci qualcosa di sbagliato nel suo vestito.
Anzi era molto bella, ma questo non glie lo avrebbe mai detto.
Indossava un vestito bianco con dei girasoli stampati, delle zeppe color beige e, aveva arricciato i cappelli corvini.
«Ti ricordo che è come te ma con una vagina tra le gambe.» rispose la donna posando l'insalatiera al centro del tavolo.
Qualche minuto dopo e, finalmente il silenzio imbarazzante cessò dopo la battuta di Luisa, suonarono al citofono.
«Ecco i ritardatari.»disse Jonathan.
«In fin dei conti sono tuoi parenti.»rispose Danila che aveva messo da parte la musica.
Daniele incuriosito tirò su lo sguardo per pochi secondi giusto il tempo per vedere gli ospiti e, poi tornò a concentrarsi sul videogioco.
Da quello che aveva visto c'era una coppia di adulti e, l'uomo aveva in braccio un bambino. Andrea era più piccolo di lui di un solo anno e  se ne stava ancora in braccio al padre?
«Piacere, io sono Danila.»La ragazza si presentò a Mario.
«Piacere, sono Mario. Senza dubbio è tua figlia-parlò a Luisa avvicinandolesi-. Siete uguali tralasciando il colore dei capelli. Come stai?»
«No, fratello. Sta lontano da lei, si potrebbe trasformare in una belva feroce.»Jonathan si mise tra i due.
«Ciao, bene e tu?» sorrise lei facendo finta di non vedere l'amico.
«Bene ma mi chiedo come fate ancora ad essere amici di questo tipo.» scherzò parlando di suo fratello.
«Per abitudine. Ce lo teniamo perché è come un giullare di corte.Serve qualcuno che faccia ridere.» disse Davide.
«Ciao. Ti hanno messo alla brace?» Mario si avvicinò a lui scambiandosi una stretta di mano. Uno dei due guardava l'altro con una sorta di sfida. A voi l'immaginazione.
«Si, oggi faccio il cuoco.» disse.
«Intanto senza me non saremmo nuovamente tutti insieme. Ingrati e, io farei attenzione a mangiare cose preparate da lui.» Jonathan si andò a sedere vicino a Danila che aveva ripreso posto dopo le presentazioni.
«Ecco, da bravo siediti dalla parte dei bambini.» rispose Davide.
«Invidioso perché io sono più giovane. Qui sono ben accetto.» e gli diede le spalle.
«E tu?»Luisa si era avvicinata ad Andrea che ancora non sembrava voler lasciar suo padre.
«Hey, ma perché mio nipote è triste? Che cosa ti ha fatto la strega?» Jonathan si era reso conto che il bambino aveva gli occhi lucidi ed era estremamente silenzioso.
«Dai per scontato che abbia litigato con me?» chiese un po' irritata Beatrice.
«Come siamo suscettibili. Io ho detto la strega non la mamma. Vedi allora che sei una strega?Mio nipote non è stupido se avesse litigato, cosa assai improbabile, con suo padre ora non gli starebbe attaccato come un koala.»
«Con te è impossibile parlare.» sbuffò Beatrice.
«Eppure dicono che sono simpatico.»sorrise lui.
«Chi lo dice? I bambini.»
«Sono i migliori loro.Comunque la strega che ti ha fatto?-tornò a parlare a suo nipote-»
Beatrice alzò gli occhi al cielo.
«Meglio non parlarne che è cocciuto pegggio di un mulo.»lei cercava di guardare il meno possibile i pantaloncini del figlio e, Jonathan capì la situazione vedendo l'indumento.
«Vabbè questo è il rischio che si corre quando dentro al recinto della somara entra un bel cavallo stallone.» disse Jonathan facendo involontariamente sorridere suo nipote mentre la donna non ci trovò nulla di divertente.
«Hey, come ti chiami?» Luisa riprovò a chiamare l'attenzione di Andrea il quale non rispose.
«Hey, la signora - «Mi fa sentire vecchia.»-ce l'ha con te. Su, non fare il timido.» lo incoraggiò Mario.
«Mi chiamo A-Andrea.»
«Uuh, ma che bel nome e, lo sai che ti ho visto giocare con il pallone un po' di tempo fa? Sei bravissimo. Ti ha visto anche mio figlio.» Cercò suo figlio con lo sguardo e quando lo notò a giocare ancora con il Gameboy mandò gli occhi al cielo.
Andrea sorrise e si fece mettere giù da suo padre.
«Hey, bel bambino ti guardavo dalla finestra insieme a mio figlio e, sei molto bravo.Cosa sei una pedofilia?» scherzò Jonathan.
«No, solitamente non mi piacciono troppo piccoli. Almeno devono essere maggiorenni.» scherzò lei di rimando poi si rivolse di nuovo ad Andrea.
«A proposito perché non giochi un po' con il pallone con Daniele? Daniele!-urlò non vedendo ancora suo figlio lì vicino a lei-.»
«Bel bambino perché non giochi con mio figlio?Diventate amici da bravi.» Jonathan imitava Luisa.
«Abbiamo un pappagallo per caso?»disse lei.
«Finisco la partita e arrivo.Mamma poi lo sai che non mi piace giocare a calcio.» rispose il figlio.
«No, tu vieni subito qua e ti presenti. Ci sono ospiti. Te lo smagnetisco quel coso, un giorno non lo troverai più.»
«Rieccola. Si salvi chi può.» disse Jonathan riparandosi dietro la schiena di Danila.
Daniele come risposta sbuffò. Era scocciato da sua madre o dalla partita che aveva appena perso? Forse entrambe le cose e, non avendo altra scelta spense il Gameboy e si alzò per andare vicino a sua madre.
«A forza di giocare diventerai cieco.» gli disse lei e lui alzò nuovamente gli occhi al cielo ma stavolta quel gesto gli costò un bel scalpellotto dietro la testa.
«Tra qualche anno diventerà cieco per qualche altro motivo.» disse Jonathan uscendo da dietro le spalle di Danila ma appena notò lo sguardo incagnesco che Luisa gli aveva lanciato si rimise buono dov'era.
«Questo è il nipotino di zio Johnny, Andrea, e lui invece- si rivolse ad Andrea-è Daniele.» li presentò Luisa.
«Siamo cugini allora» disse Andrea.
«Lui diciamo che è un nipote acquisito.» rispose Mario.
«Cosa vuol dire acquisito?» chiese Andrea.
«Non sono suo nipote. Non è veramente mio zio, lo chiamo così solo perché lo conosco da quando sono nato.»tagliò corto Daniele.
«Insensibile come il padre.» e anche in quell'occasione Jonathan fece finta di asciugarsi delle lacrime invisibili.
Fisicamente i due bambini erano opposti ma avevano qualcosa che li fece avvicinare, forse il semplice fatto di essere due bambini e non soffermarsi all'apparenza, forse l'insistenza degli adulti nel farli conoscere o semplice simpatia che ti trasmette una persona a pelle la prima volta che la si incontra.
Daniele dopo aver stretto la mano con quella di Andrea per presentarsi capì perché le bambine preferivano i tipi come quest'ultimo.
Andrea aveva gli occhi azzurri come i principi che c'erano nelle favole. Azzurri come il principe azzurro che arrivava sul suo fidato destriero dal manto rigorosamente bianco, bianco come la purezza della principessa che doveva essere salvata in quel momento. Roba da volta stomaco per Daniele. Lui che aveva capelli e occhi scuri era tutto l'opposto del classico principe azzurro stereotipato dai cartoni.
Ma perché aveva trovato qualcosa di interessante in quel bambino?
Daniele fu colpito dagli occhi color del mare di Andrea, aveva un bel sorriso e due guance arrossate per il freddo ma questo lo suppose lui.
«Hai freddo?»gli chiese.
«No, p-perché?»
«Hai le guance rosse.» ed Andrea a quella frase diventò ancor più rosso.
Piccolo ed ingenuo Daniele.
«Il fascino dei Politti. Ci fanno questo effetto.» disse Jonathan a Danila, i quali si gustarono la scena mangiando delle fragole.
«Hey, ma quelle erano per dopo cena.Non ce la posso fare.» Luisa si rivolse alla figlia e all'amico di nuovo esasperata.
«Se vuoi le rimetto nella ciotola.Queste in fondo non le ho ancora toccate.» rispose Jonathan colto sul fatto.
«Non fa niente.»
«Ti vogliamo bene mammina.» dissero loro due in coro.
«Io no.» rispose lei.
Tutti si misero a tavola e iniziarono a mangiare.
Tra una chiacchiera e l'altra i due bambini giocarono con il gameboy di Daniele, o con il suo pallone fin quando Andrea non essendo abituato a tutto quel movimento crollò addormentato sulla spalla del più grande.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 14, 2020 ⏰

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