Diversità

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Sì, sono tornata, pronta a torturarvi e a distruggere i vostri poveri cuoricini. Vi sono mancata, eh, piccoli masochisti che non siete altro?
Bene. Torniamo a noi.
Ora che ci penso c'è un piccolo, fondamentale dettaglio che manca all'appello. Voglio dire, in realtà sono tanti, ma ce n'è uno che forse ha acceso particolarmente la vostra curiosità.
Perché bullizzavano Agatha?
Be', miei cari, la risposta è facile. Mi vergogno quasi a scriverla. È un po' cringe, ma lo facevano perché Agatha era diversa.
Ah, no. Non diversa nel senso di dIvErSa, non siamo in una storia adolescenziale di bad boys e good girls (o forse sì?), ma diversa nel senso di diversa. Nella giungla che è il liceo, Agatha era un punto interrogativo. Non partecipava alle solite attività da studenti imbecilli. Non si adeguava a nessuna categoria. Non era nerd, non era emo, non era depressa. Be', in realtà lo era, solo che non lo mostrava. Era semplicemente una che se ne stava per conto proprio, prendendo come motto personale e primo comandamento la celebre frase: chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni.
Però si sbaglia. Nel nostro caso, colei che si faceva i cazzi suoi è campata appena sedici anni e tre mesi. Che poi per quale diamine di motivo succede tutto sempre a sedici anni? Mannaggia. Agatha, non potevi aspettare ancora nove mesi, così da ridurre il cliches al minimo per me che devo scrivere questo casino?
Tornando a noi.
Una ragazza che si fa i fatti propri cercando solo di sopravvivere senza ferire nessuno? Inaccettabile.
E così avevano cominciato a tormentarla.
È una storia vecchia come il mondo, vero? Questo perché noi umani siamo così dannatamente prevedibili.
Viviamo di schemi. Siamo pur sempre animali. E quelli che escono da questi schemi ci spaventano, e visto che la paura è la regina delle emozioni dobbiamo eliminarli.
Le categorie per noi sono fondamentali. Agatha non rientrava in nessuna di queste, non aveva un branco a proteggerla. Sulla questione del branco ci ritorneremo. Ma comunque, non avendolo era scoperta, debole e, quindi, vulnerabile.
Le categorie sono tantissime, ma alla base ce ne sono tre. Predatori, prede e parassiti. Quanto ci disgusta la parola "parassita", eh? Dà subito l'idea di qualcosa di viscido, disgustoso, che striscia fino ad attaccarsi al malcapitato di turno. Invece sono tremendamente affascinanti, sapete? Esisono addirittura parassiti che zombificano i loro ospiti. Sono interessantissimi, se uno li prende per il verso giusto.
Agatha era la preda, non c'è neanche bisogno di dirlo. Sophie il predatore. E Tedros? Tedros mi sembra più un parassita, o una preda mancata. Pur di sopravvivere si è attaccato ad altri predatori, mimetizzandosi  per non finire preda a sua volta. Ma è una vita decente questa, passata a nascondersi e a far soffrire gli altri? Se lo stava cominciando a chiedere ora, che le maschere erano cadute e ora la preda era lui.
Sapete, siamo così noiosi. Ripetitivi, banali. Insultiamo quello che è diverso perché ne abbiamo paura. Quante volte avete sentito questa frase, eh? Quante volte ne avete visto le conseguenze?
Aggressione omofoba nella città X. Aggressione razzista nella città Z. Aggressione islamofoba nella città A.
Aggressione misogina nella città S. Un giorno ci metteremo in testa che quelli che mangiano la marmellata sono pericolosi e aggrediremo anche loro. Siamo così spaventati dalla diversità che ci aggrediamo tra noi come negli Hunger Games, in attesa di trovare la razza vincente, che di solito corrisponde a uomo, bianco, etero, cis. Quante volte avete sentito questi aggettivi associati? A me fanno ridere quelli appartenenti a queste categorie che si lamentano pure. "EsSeRe EtErO nEl 2020 È pIù DiFfIcIlE cHe EsSeRe GaY nEl '40", però non mi pare di aver mai visto qualcuno aggredire uno urlando "etero di merda!", o brontolare vedendo due etero tenersi per mano. Ma ho tanti amici etero, eh, non voglio insulare nessuno!
(Ah, e la cosa vale per tutte le altre categorie. Anche se sulla questione maschio-femmina è più complicato, ma non è questo il posto per parlarne, la mascolinità tossica fa danni già già)
Okay, devo smetterla di divagare. Fatto sta che abbiamo paura della diversità, anche e soprattutto quando ne facciamo parte.
E questo si ricollega al colpo di scena dello scorso capitolo. Sophie innamorata di Agatha. Eh, perché Sophie aveva una paura fottuta di essere scoperta. Prevedibile? Sì? Scontato? Già. Ma così stanno le cose. E così era finita con Tedros.
Amava Tedros? Uhm... no, non credo, non amava propriamente lui, ma più ciò che Tedros rappresentava. Amava il concetto di principe azzurro, che lui incarnava alla perfezione. Abbiamo ancora il concetto di "bello e buono", è una cosa che non ci siamo ancora scollati di dosso, ce l'hanno passata gli antichi greci e non ce la siamo ancora scollata di dosso, continuiamo a giudicare le persone dal loro aspetto. Patetici.
Piccola curiosità: Agatha in greco significa "buona". Come se tutto questo non fosse già abbastanza crudele di suo. Sembra quasi che qualcuno abbia scelto questo nome a posta per indicare che il personaggio di Agatha è buono (*occhiolino*).
Comunque, Sophie sognava il principe azzurro bello e forte che l'avrebbe condotta, sul suo cavallo bianco, verso un regno dove tutti avrebbero dovuto obbedirle, venerarla e baciarle il culo. Sì, un pelino sessista la cosa, lo so.
Prendersi una sbandata per un'altra ragazza, per di più solitaria e strana, non era nei suoi piani. Poteva rovinare la sua reputazione, e quindi doveva eliminare ogni sospetto. Chi, poi, lo sospettasse lo sa solo lei, visto che il nostro cervello tende a dare per scontato l'eterosessualità, che sì, è l'orientamento più diffuso, ma ciò non significa che tutti lo siano. Sophie era un pelino paranoica. Era ossessionata all'idea del lieto fine. Suo padre non la considerava e pensava più ai figli della sua nuova moglie, quindi sentiva il bisogno di un uomo che la amasse nella sua vita. Agatha non era esattamente un uomo, tanto meno un principe, appure Sophie voleva anche il suo amore.
Ci risiamo. Ripetiamolo insieme: bullizzare la ragazza che amate non è un buon modo per scucirle un appuntamento. Amen.
Ma Sophie non voleva un appuntamento. Cioé, sì, lo voleva, eccome se lo voleva, ma voleva di più nasconderlo. Non è che lo volesse, ma sentiva di doverlo fare. E quindi: bullismo. Ye.
Ripetiamolo insieme: il bullismo non è la soluzione. Ripetetelo tante, ma tante volte se sentiste il desiderio di bullizzare qualcuno.
Ora vi lascio, miei cari lettori. Ci si vede, spero presto.

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