1.3: L'amico che nessuno vorrebbe

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Gridavo, mi dimenavo, cercavo di calciarlo e di sparargli dei colpi in testa; lui però rimaneva fermo, con quel cazzo di spuntone infilzato nel mio torace; sapeva che tra poco sarei morto, e per questo, si limitava a guardarmi...

Quello stronzo...

Sentivo il dolore sempre più lancinante, probabilmente mi restava un minuto di vita... forse anche meno...
Smisi di dimenarmi, iniziai a pensare a tutto ciò che avrei voluto fare nella mia vita... gli studi... magari fidanzarmi.... avere degli amici...

Non sono un tipo che piange facilmente, anzi in tutta la mia breve vita avrò pianto sì e no 3 volte ma...
pensare di morire così, perdere tutto: famiglia, fratelli e soprattutto le mie ricerche. Sentivo un peso forte alla gola, non riuscivo a deglutire; sentivo la mia mano fredda toccare quella costola gigante: scottava, probabilmente perché era entrata in contatto con il mio sangue caldissimo.
Sentivo i miei occhi pesare, non volevo morire, non volevo mandare a puttane la mia vita così.
Iniziarono a scendere delle lacrime dal mio viso, mi sentivo debole di fronte a lui... non mi lamentavo, non riuscivo a lamentarmi più, piangevo in silenzio. Passarono 30 secondi, non so perché ma quel tizio prima incazzato, appena si accorse della mia disperazione non fece nessun commento sadico o gemiti di piacere, come mi sarei aspettato da un mostro del genere, ma sembrava ci fosse rimasto male. Era incuriosito, la sua smorfia di rabbia mutò in un'espressione pensierosa e disgustata allo stesso tempo.

-Al diavolo.

Esclamò ritirando la costola.

-Mi sono lasciato trasportare dall'ira. Avrei dovuto pensare al fatto che forse la tua fosse solo autodifesa.

Continuò.

Mi accasciai a terra moribondo. Il sangue aveva macchiato il parquet di porpora. Io lo guardavo con gli occhi socchiusi.

-Non guardarmi così!

Esclamò.

-Sappiamo entrambi che sei stato tu il primo ad incominciare.

Lentamente si avvicina a me. Pensavo volesse darmi il colpo di grazia ma appoggiò semplicemente la mano sull'enorme ferita.

-Non avevo intenzione d'ammazzarti fin dal principio. Ma mi hai fatto incazzare ed ho perso le staffe.

Io ero lì disteso, non mi muovevo né parlavo. Lui invece rilasciò uno strano fascio di luce dalle mani che toccando le mie viscere, le curava, rigenerando gradualmente il buco.

Ritornai dopo poco a respirare normalmente, il buco si era completamente rimarginato. Ero stupito, grato di essere vivo e allo stesso tempo spaventato da quella figura. Quella Cosa non era normale: era in grado di generare ossa grosse quanto un uomo adulto, era riuscito a curarmi senza problemi ed in più aveva infilato una stracazzo di orda scheletrica nella mia camera. Non sono religioso, ho sempre pensato, malgrado i miei genitori dicessero il contrario, che i miei poteri siano una cosa completamente naturale... ma guardando sto tizio, sto iniziando a pensare che forse qualcosa di divino in tutto ciò ci potesse essere.

Non riuscivo a parlare però... era come se la mia bocca fosse paralizzata, lui nel mentre mi guardava con quei due occhi viola.

Dopo qualche minuto di silenzio quel tipo mi tende la mano amichevolmente, come se nulla fosse successo e volesse fare semplicemente conoscenza.

-Piacere, il mio nome è Nito, chiedo umilmente perdono per prima.

Gli strinsi la mano iniziando a balbettare, ero nel disagio più profondo. La situazione è cambiata in così poco tempo che non ci avevo capito un emerito niente.

- P-Piace...re... sono K-

Ma prima che completassi il mio nome lui mi interruppe.

-Krix, finalmente me lo sono ricordato.

Nel mentre degli scheletri si avvicinarono a Nito chiedendogli in coro:

-Ossa Grosse? Possiamo andarcene? Ne Ossa Grosse? Ci annoiamo, Ossa Grosse.

Per tutto quel tempo Nito aveva mantenuto un'espressione nervosa, è come se i suoi muscoli facciali si fossero bloccati perennemente in quella smorfia rabbiosa.
Notai anche che vestiva elegantemente una giacca grigia con una pelliccia a punte dorate. Era terribilmente muscoloso, non lo comparo ad una statua greca solo per l'espressione e la faccia cadaverica.

Egli poi rispose:

-Pensate che io abbia tempo per stare appresso a voi morti di fame? Sembrate dei cacchio di ciuccia latte (particolare espressione usata da Nito per sottolineare l'infantilità di certi comportamenti o gesti. Grammaticalmente non esiste come espressione.)
Andatevene a fanculo e non rompetemi le scatole, scheletri del cavolo.

Era strano il suo comportamento, variava da secondo in secondo. Se in un primo momento sembrava buono e gentile, poi diventava un volgare comandate che non fa altro che ordinare ai sottoposti roba da fare.

Passammo un po' di minuti a chiacchierare e lentamente riuscii a farci amicizia anche se come detto prima cambiava temperanza in davvero pochissimo tempo.
Poi mi abituai anche all'idea che poteva insultarmi dopo avermi fatto i complimenti su qualcosa.

-Hey Nito!

Mi alzai.

-Ti va se ci andiamo a prendere qualcosa al bar? Lì stiamo più comodi e possiamo parlare meglio, senza problemi!

-Mh.

Rispose alzandosi.

-Andiamo.

Continuò uscendo dalla porta.

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°•~CONTINUA~•°





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