Capitolo Tre

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JACE
L’ennesimo giorno senza di lei, sta per volgere a termine.
Il sole sta calando, e i lampioni cominciano ad accendersi, lungo le strade.
Lei è ancora qui, gli occhi chiusi e un’espressione pacifica stampata sul viso.
A volte le sue palpebre si muovono, quasi volesse aprire gli occhi e guardarmi, altre volte sono le sue dita che sembra cercare il mio contatto…
Quanto mi manca la sua voce, la sua risata, il modo in cui si incazza con me…
Mi alzo, diretto al bar, incontrando l’infermiera che sta per cominciare il suo turno.
«Caroline, è un problema se resto anche stasera?» Le domando, porgendole la solita banconota.
«Niente affatto.» Risponde sorridendomi, la donna bionda sui quaranta, per poi scomparire lungo il corridoio.
Vista la fila al bar, opto per uno snek ad uno dei distributori, voglio tornare alla svelta da Rikki.
Il mio sedere ha letteralmente preso la forma di quella sedia, eppure non mi stanco mai di starmene seduto lì e attendere che lei apra gli occhi, una volta per tutte.
Il mio cellulare squilla, segnando l’arrivo di una chiamata da parte del mio migliore amico.
«Luke?» Rispondo, addentando il mio Twix.
«Jace, sto per rientrare a casa, ma ho delle novità riguardo Hayden.» Afferma, chiudendo quella che sembra essere la portiera di una macchina.
«Parla pure.» Mi alzo, allontanandomi dal letto.
«Complicazioni sulla salute, non so di preciso cosa sia successo, ma so per certo che si tratta di qualcosa di grave.» Risponde con voce pacata, calma.
«Capisco, ma non mi importa. Ciò che conta è che Rikki si svegli.» Rispondo, finendo ciò che stavo masticando.
«Ci sono miglioramenti?» Chiede il mio migliore amico.
«Niente di nuovo.» Rispondo, abbassando la testa e lanciando uno sguardo a mia moglie.
«Non perdere le speranze, amico.» Mi incoraggia Luke.
«Non lo farò.» Rispondo, passeggiando nella piccola stanza e guardando fuori dalla finestra.
«Adesso devo andare, Jade mi sta aspettando all’appartamento. Tu torna a casa, non puoi passare lì tutta la notte…» Cerca di convincermi.
«Si papà, non preoccuparti.» Lo predo in giro, salutandolo e interrompendo la chiamata.
So che dovrei riposare, tornare a casa, farmi una doccia e fare le coccole alla piccola stronza che ho adottato la settimana scorsa… Ma non voglio lasciarla, se ho la possibilità di rimanerle a fianco, non la lascerò da sola.
Raggiungo la sedia, poi riafferro la sua mano sinistra, giocherellando con gli anelli che adesso, le stanno larghi.
«Quanto vorrei vederti in giro per casa con la mia t-shirt di Superman, alzarti la zip dei vestiti e desiderare di tirala giù per tutta la serata, vederti cucinare le lasagne e sentirmi dire quanto sono idiota, mentre giocherello con l’impasto dei pancake.- Sospiro, continuando a fissare lo zaffiro blu, che ricorda tanto gli occhi che non vedo da giorni e giorni.- Ricordo quando da piccola hai avuto la varicella e mia madre, insisteva perché non venissi a trovarti, eppure, sapevo dove i tuoi mettevano la chiave di scorta… Non credo di poter dimenticare la faccia di mia madre, non appena scopri che anch’io avevo preso la varicella.» Ridacchio, guardandola con le lacrime agli occhi.
Una delle dita che stringo, si muove, un leggero scatto.
Basta però a farmi scoppiare in lacrime, mentre i singhiozzi scuotono il mio petto.
Perché il destino è stato tanto crudele con lei?
Doveva prendere me quel bastardo, poco importa se sarei morto, era con me che doveva prendersela…
È in momenti come questo che vorrei andare da lui e fargliela pagare…
Ma non ho intenzione di sporcarmi le mani per un soggetto tanto viscido e inutile, Rikki ha bisogno di me, qui e adesso.
Mi avvicino al letto, lasciando che le sue dita solletichino la mia guancia bagnata dal liquido salato, che continua a scendere.
Non arrenderti bambolina, torna da me.

***
La mezzanotte sta per scattare, ed io sono ancora qui, sempre in attesa della stessa speranza.
Se Rikki fosse stata sveglia, adesso saremmo sul divano, lei probabilmente sarebbe addormentata tra le mie braccia ed io starei facendo il conto alla rovescia per svegliarla e augurale buon compleanno, prima di chiunque altro.
L’indomani invece, le avrei organizzato un’enorme festa a sorpresa, per poi partire per una meta che rimarrà incognita.
Invece sono qui, in ospedale, in attesa che la mezzanotte scatti per poterle fare indossare il regalo che le ho preso qualche giorno fa.
Non doveva finire così…
L’ho sposata per salvare una fottuta azienda di famiglia e sono finito per amarla più di quanto l’amassi già, perché l’ho sempre amata la mia stronza galattica, e dubito di poter smettere di farlo.
La mezzanotte sta per scattare e il pacchetto che contiene il regalo, si fa pesante nella mia tasca, in attesa di essere estratto.
Aggancio al suo polso il braccialetto, guardando scintillare la J sotto la luce dei neon dell’ospedale.
Le ho regalato un ciondolo con l’iniziale del mio nome, perché potesse ricordarsi che sarò sempre al suo fianco, nel bene e nel male, distanti o no, potrà sempre contare su di me.
Le accarezzo ancora il polso, mentre scoppio in un pianto liberatorio, sussurrandole buon compleanno.
Singhiozzo, come non ho mai fatto e lo faccio più forte, quando le sue dita si muovono leggermente, come se volesse attirare la mia attenzione.
Non alzo il viso, non riesco a guardarla…
Eppure immerso in un pianto disperato, sento i suoi battiti cardiaci accelerare, rimanendo comunque costanti.
Poi eccolo lì, il blu che per giorni ho sperato di rivedere, l’oceano in cui non vedevo l’ora di immergermi.
Mi sta guardando, confusa e spaventata.
«Rikki?» La chiamo, sorpreso e con le lacrime che non smettono di scendere.
Per settimane ho atteso il momento che si svegliasse, e adesso sono paralizzato, non ho idea di cosa fare…
Sento le gambe tremare, quando mi alzo per depositarle un bacio sulla tempia.
«Sono qui, non ti lascio.» Le dico, consapevole che presto medici e infermieri, mi faranno uscire dalla stanza.
Sono i suoi occhi a rispondere, una lacrima cade sulla sua guancia, mentre il suo battito accelera ancora, facendo salire il numero sullo schermo.
Questa volta non protesto, quando mi dico di uscire, soprattutto perché non avrei dovuto essere lì dentro.
Sospiro, in attesa di poterla rivedere, di parlarle, di baciarla e abbracciarla…
Dovrei chiamare qualcuno, ma non riesco nemmeno a percepire le mie emozioni.
Sono felice, preoccupato, confuso, arrabbiato…
I primi ad essere avvisati dovranno essere Rose e Will, ne sono consapevole.
Scorro i nomi in rubrica, per poi comporre il numero della madre di mia moglie.
«Jace? È successo qualcosa?» Domanda preoccupata.
«Rikki… È sveglia.» Le dico, con le guance ancora rigate da calde lacrime che non smettono di scorrere.
Farfuglia qualcosa, in merito al raggiungere in fretta l’ospedale, poi chiude la chiamata.
Sospiro, sollevato.
Lei è sveglia, e presto tornerà casa con me…
Avviso Luke e mia madre, chiamandoli velocemente.
Cammino avanti e indietro attraverso l’anonimo corridoio, fino a quando la voce di un medico che non conosco, non chiama il mio cognome.
«Signor Walker. - Mi saluta, stringendomi la mano. - Non ho intenzione di chiederle come è riuscito a rimanere qui tanto a lungo, è probabile che i suoi familiari stiano arrivando, avete solo un’ora. Non di più.» Dice con tono gelido.
«Ricevuto.» Rispondo io, assottigliando le labbra.
«È bene che sappia che la ripresa di sua moglie, non sarà facile. Per fortuna non ha danni celebrali, il che renderà il tutto più veloce. La sua salute è molto delicata, un semplice raffreddore potrebbe provocarle seri danni, quindi le chiedo di non farle incontrare troppe persone, soprattutto durante la prima settimana. Dalla sua cartella, vedo che ha avuto un incidente, ma non cerchi di chiederle se ricorda qualcosa. Faccia finta che non sia mai successo, in particolare riguardo la gravidanza. Detto questo, gli infermieri stanno rimuovendo i tubi, lasceranno solo l’ossigeno. Potrà vederla tra qualche minuto.» Spara informazioni a raffica, per poi stringere nuovamente la mia mano e allontanarsi lungo il corridoio.
Un altro sospiro lascia le mie labbra, quando mi avvicino alla porta, in attesa che gli infermieri liberino la stanza.
Voglio vederla, parlarle e dirle che va tutto bene…
«Jace!» La voce di Rose Smith, rimbomba attraverso il corridoio, facendomi sobbalzare.
Mi stringe in un abbraccio, gli occhi lucidi e un sorriso preoccupato stampato sul volto grazioso, Will è dietro di lei e mi da una pacca sulla spalla sinistra, abbozzando un sorriso.
Tipico degli Smith, mostrare poche emozioni…
«Gli infermieri stanno per finire, poi possiamo vederla.» Affermo, lanciando uno sguardo nervoso alla stanza.
«Il medico, ti ha già detto qualcosa?» Domanda, sedendosi in una delle sedie che ornano il corridoio come se fosse una sala d’aspetto.
Le faccio un veloce riassunto, prima che la porta si spalanchi, lasciandoci libero accesso.
Resto in disparte mentre i suoi genitori si avvicinano al letto, versando lacrime di gioia e stringendo entrambe le sue mani.
Rose le parla, mentre lei la fissa, vigile e attenta.
Sa di non poter parlare, eppure riesco a leggere perfettamente la sua espressione… Sembra sorpresa e confusa, i suoi occhi vagano, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
L’arrivo di Luke e Jade, mi distrae. Mi abbracciano, sollevati, poi fanno il loro ingresso nella stanza.
I minuti passano ed io sto qui, sulla soglia della porta, nervoso.
Non posso chiederle cosa ricorda, e non ho intenzione di farlo, ma se non ricordasse le ultime parole che ci siamo scambiati?
Se i suoi sentimenti per me fossero cambiati?
I miei genitori non tardano ad arrivare, unendosi al piccolo gruppo che guarda Rikki con le lacrime agli occhi, felici per il suo risveglio.
I minuti passano, ed io continuo a fissare la scena, felice ma preoccupato.
Se anche non ricordasse cosa ci siamo detti prima che venisse trasportata in ospedale, so per certo che non stesse mentendo, non lo avrebbe mai fatto, non in un momento come quello.
Sospiro quando la stanza si svuota, pronto a fare il mio ingresso.
Gli occhi blu mi guardano, vigili e stanchi
La sua espressione cambia, quando i suoi zigomi si alzano, sembra felice di vedermi.
«Buongiorno bella addormentata! - La saluto, avvicinandomi a lei e sorridendole, gioioso. - Non hai idea di quanto tu mi sia mancata.» Le dico, baciandole la mano.

Piccola informazione!
Ho di recente pubblicato una nuova storia, si chiama: THE RIGHT SONG.
Ha un taglio decisamente più adolescenziale, ma fatemi sapere cosa ne pensate. Baci😘

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