Part five.

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9 Febbraio 2014

“Che cosa stai dicendo?” Calum era sconvolto. Non riusciva davvero a credere a quello che il ragazzo di fronte lui gli aveva appena detto. Pensava seriamente stesse scherzando, ma era così serio in viso.

“Michael, davvero, non è divertente.”

Calum aveva deciso di tornare in quel piccolo parco sperduto per avere un po’ di tranquillità dopo il recente litigio con Ashton. Non si aspettava assolutamente di ritrovarci il ragazzo che aveva avuto quella strana reazione qualche giorno prima. Ancora meno si aspettava che proprio quel ragazzo sarebbe andato da lui per fare conversazione.

Si era presentato come Michael e avevano parlato per un po’. La prima impressione che si era fatto Calum su di lui non era tanto male, sembrava simpatico. Avevano conversato su qualsiasi cosa per quasi tutta la mattina e a un certo punto Michael se n’era uscito con un gran sorriso e un “Sei quello giusto”. Calum era ovviamente confuso, ma aveva deciso di far finta di niente.

Poi era successo.

Michael aveva iniziato a parlare di un ragazzo che era morto nel mese di Gennaio. Calum si ricordava vagamente dell’accaduto. La notizia era apparsa su tutti i giornali ma non capiva il motivo del perché Michael avesse aperto quel discorso. Poi gli disse che era lui quel ragazzo.

Adesso Calum era davvero sconvolto, ma era come se qualcosa dentro di lui continuasse a urlargli di crederci.

Rimase zitto per un po’, iniziando a collegare gli eventi: la reazione che Michael aveva avuto quando lui gli aveva sorriso, la sua pelle quasi trasparente e i capelli. I capelli, ma certo. Quello strano colore.

Era lo stesso della foto sul giornale.

***

“Wow”

Michael guardò Calum aspettando che continuasse. Dopo essere rimasto in silenzio per quelle che sembravano ore, Calum si era avvicinato improvvisamente a Michael cercando di prendergli la mano.

Non c’era riuscito.

Adesso Michael era lì, ad aspettare una qualsiasi reazione.

“Io, non capisco. Com’è possibile? Come faccio a vederti?”

“Non lo so” sussurrò in risposta Michael “ma ne sono felice”. Seguì un breve silenzio, rotto dopo qualche secondo da Calum.

“Perché sei qui? Voglio dire, quando si muore il corpo rimane qui, sulla Terra, ma l’anima o qualsiasi cosa sia, non dovrebbe andare da un’ altra parte?” cercò di spiegarsi.

“Hai ragione, ma, vedi, dopo la morte fisica se l’anima della non è del tutto in pace con se stessa, se è tormentata da qualcosa, non può andare in Paradisio o in qualsiasi altro posto si crede che sia”

“Cosa ti trattiene qui?”

“Lui.”

Michael indicò lentamente Luke che aveva appena varcato il cancello del parco.

***

18 Gennaio 2014

Poggiò il cellulare sul comodino e sbuffò, si stava annoiando a morte. Luke non rispondeva ai messaggi e lui non sapeva proprio cosa fare. La canzone che stavano passando alla radio gli stava dando sui nervi. Andò verso la finestra, aprendola. L’aria fredda di gennaio lo colpì in pieno e lui la respirò a pieni polmoni. Tornò verso il comodino per prendere il pacchetto di sigarette quando il cellulare iniziò a squillare.

 

Luke

 

Tirò un sospiro di sollievo, felice di essere finalmente salvato dalla noia e rispose.

 

“Pronto”

 

“Micha-el”

 

La voce spezzata di Luke gli fece salire un brivido lungo la schiena. Sapeva già che cosa stava succedendo e l’unica cosa che riusciva a pensare era “Ti prego non di nuovo, ti prego”.

 

“Luke, Luke ascoltami. Stai tranquillo, sto arrivando. Ti giuro che sto arrivando.”

 

Chiuse immediatamente la chiamata e si precipitò giù dalle scale, inciampando negli ultimi gradini. La voce di Luke rotta dal pianto continuava a ronzargli nell’orecchio e non riusciva a pensare ad altro.

 

Erano passati quasi tre anni da quando l’aveva conosciuto, da quando aveva iniziato a salvarlo. Salvarlo dalle grinfie del padre, troppo ubriaco per riuscire a ragionare e troppo arrabbiato per evitare di percuotere di botte il corpo del suo unico figlio. Michael gli aveva detto un sacco di volte di denunciarlo, di opporsi al suo comportamento fin troppo violento ma Luke non ne voleva sapere. Ogni volta che prendevano l’argomento gli occhi del più piccolo iniziavano a riempirsi di lacrime e Michael non ce la faceva proprio a vederlo così, quindi chiudeva il discorso prima ancora di iniziarlo. La verità era che Luke era troppo sensibile e Michael non riusciva proprio a capire come avesse fatto a resistere così tanto. A volte pensava che se lui non fosse entrato nella sua vita qualche anno prima, Luke si sarebbe spezzato. Da quando l’aveva conosciuto aveva cercato di proteggerlo in tutti i modi, non solo da suo padre ma anche da quei coglioni che frequentavano la sua stessa scuola. Aveva cercato di diventare la sua ancora, una speranza alla quale aggrapparsi e sapeva di esserci riuscito. Adesso contava i giorni che mancavano al diciottesimo compleanno di Luke, così da poterlo portare via da quella città piena di brutte esperienze e di brutti ricordi. Voleva davvero riuscire a fargli iniziare una nuova vita, così bella da dimenticare il passato, una nuova vita dove era solo loro, Luke e Michael.

 

Uscì di casa senza nemmeno rendersi conto della pioggia e iniziò a correre. Passò di corsa attraverso gli isolati che lo separavano da lui, cercando di fare il più velocemente possibile. Era così preoccupato che non si rese neanche conto del semaforo rosso, della macchina che stava passando a tutta velocità attraverso le strade bagnate. Sentì solo il rumore assordante di una frenata, poi il buio.

 

A qualche isolato di distanza Luke aspettava. Sapeva che Michael manteneva sempre le promesse e che sarebbe arrivato a momenti. Lui non lo lasciava mai solo. Aspettò per quelle che sembrarono ore, poi qualcuno bussò alla porta di casa e Luke si precipitò giù dalle scale.

Un poliziotto dietro la porta era davvero l’ultima cosa che si aspettava, anzi, l’ultima cosa che si aspettava erano le parole che uscirono dalla bocca di quell’uomo. Nello stesso momento in cui le pronunciò, Luke si spezzò e desiderò non aver mai fatto quella chiamata.

 

***

 

Se Michael non fosse stato un fottuto fantasma avrebbe avuto il viso inondato di lacrime. Calum invece cercava di trattenerle in tutti i modi.

Dopo che Luke era entrato da quel cancello, Michael aveva iniziato a raccontargli tutta la loro storia, di come si erano conosciuti, di come Michael era diventato fondamentale nella vita di Luke e del giorno della sua morte.

Adesso capiva perché quel povero ragazzo era bloccato lì e non riusciva a passare oltre. Non poteva lasciare Luke in balia di se stesso.

“Calum, ti prego. Era così importante per me, più della mia stessa vita. Adesso non ho più neanche quella e non posso permettermi di avere la sua sulla coscienza, ci tengo ancora fottutamente troppo. Ti prego, aiutami. Fallo tornare a sorridere, a vivere, so che puoi farlo.”

“Perché riponi così tanta speranza in me?”

“Perché sei l’ultima speranza che mi rimane per aiutarlo”. La voce di Michael era ormai ridotta a un sussurro appena udibile.

“Ti prego.” 

Presence. || muke clemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora