03 capitolo

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«Non sapevo che tu e Dixon foste amici», cominciò Amanda mentre sbloccava il suo armadietto.
«Perché non lo siamo», rispose subito. «E' la prima volta che mi rivolge la parola».
«E' la prima volta che lo vedo rivolgere la parola a qualcuno di sua volontà», commentò sistemando i libri in perfetto ordine. Cayley non aveva mai visto un armadietto più ordinato e maniacalmente pulito del suo.
Le mandò un'occhiata eloquente. «Deve esserci un motivo».
«Oppure no».
«Forse», rispose chiudendo l'armadietto. «Ma tu cerca di non metterti nei guai, Cayley».
«Guai? Non ti sembra di essere troppo melodrammatica?».
«No», rispose con una strana serietà. «I Dixon sono gente da tenere alla larga, non ci scherzerei troppo».
«Non penso di rivederlo presto in ogni caso», sospirò. «Hai mai visto Joel a scuola per due giorni di fila nell'ultimo anno?».
«Per fortuna no».
«Signorina Green».
Cayley girò di scatto la testa e vidi materializzarsi il mio incubo numero due.
«Professor Wilkinson».
«Ieri ci sono stati i consigli di classe e mi rammarica il fatto che l'unica materia in cui hai pessime votazioni sia la mia».
«Mi dispiace», mormorò stringendosi nelle spalle.
«Mi auguro tu riesca a migliorare», disse grattandosi il mento perfettamente rasato con una mano. «Se hai bisogno di aiuto possiamo organizzare delle lezioni pomeridiane di recupero».
«La ringrazio ma stavo piuttosto considerando l'opzione di un tutor».
«Bene, mi aspetto miglioramenti», rispose solennemente. «Ci vediamo in classe, non fare ritardo».
Cayley fissò la sua schiena allontanarsi mentre la tensione abbandonava il suo corpo. «Cazzo», sospirò. «Non lo trovi esagerato?».
«Si preoccupa solo per i suoi studenti. Vorrei proponesse a me delle lezioni private», rispose con una certa malizia nella voce.
«Piantala, mi da i brividi».
Il professor Wilkinson era di sicuro un uomo affascinante: alto, attraente e col suo accento britannico faceva impazzire le studentesse di ogni classe.
Al suo arrivo a Tree Falls il fascino del professore aveva colpito anche Cayley ma col tempo le sue attenzioni nei riguardi della ragazza le avevano fatto perdere ogni tipo di infantile interesse. E' divertente fantasticare sul tuo bel professore quando è irraggiungibile e sai non ti degnerebbe mai di uno sguardo ma l'idea smette di affascinarti quando hai quindici anni e il tuo professore quarantenne ti riserva attenzioni che forse non dovrebbe.
O forse era Cayley che da stupida ragazzina vedeva il male dove c'era solo un insegnante attento ai voti della sua probabilmente peggiore studentessa.
«Il professor Wilkinson è una persona molto rispettata a Tree Falls», continuò Amanda. «Lui e mio padre sono amici».
«Basta non voglio più parlare di Wilkinson», sbuffò incamminandomi nel corridoio. «Devo solo trovare qualcuno disposto a insegnarmi quel che basta per togliermelo di torno».

«A stasera, signora Perry», disse salutando con un cenno la donna che cercava disperatamente di infilare le sue quattro figlie nell'auto di piccole dimensioni. Quel pomeriggio Cayley era impegnata a tenere il figlio dei suoi vicini, poiché le altre quattro figlie avevano lezioni e attività diverse, mentre la signora Perry doveva fare il secondo turno per permettersi di pagare tutte quelle attività extracurriculari. Ciò voleva dire che a lei restava il più giovane dei Perry.
«Cay!», sentì il bambino tirarle la manica della felpa rossa oversize.
«Che c'è, Flynn?», abbassò lo sguardo verso il bambino che la scrutò da sotto un cappello da baseball troppo grande per la sua testa.
«È venerdì, Cay!».
«Sì, lo so bene».
«Cayley», disse con aria supplicante. «È venerdì».
Alzò le spalle confusa. Il bambino di sette anni sbuffò, le braccia che penzolavano lungo i fianchi e Cayley cercò di trattenere le risate a quella vista.
«Oggi alla sala giochi da Swizzlers hanno lanciato il nuovo gioco! Ci saranno tutti i miei compagni e tu avevi promesso, Cayley, avevi promesso che potevamo andare!», cominciò a strattonarle di nuovo la manica e questa volta dovette tenere una mano sul petto per tenere la felpa ferma. Per essere un mocciosetto era certamente molto forte.
«Non ricordo affatto di averlo detto. Ma possiamo andare comunque», disse facendogli un occhiolino e ottenendo un grosso sorriso in cambio. «Ma solo dopo aver finito i compiti», aggiunse, indicando i quaderni sparsi sul tavolino del salotto. Il viso di Flynn si illuminò completamente e si fiondò al tavolino, buttandosi a terra per risolvere i problemi di matematica.
Dopo venticinque minuti e molte richieste da parte di Flynn chiedendole di dargli le risposte giuste, iniziarono a camminare per qualche isolato fino all'angolo dove stava Swizzlers. Già dalle vetrate riuscirono a scorgere una folla di bambini. Cayley affondò una mano in tasca, consegnando a Flynn qualche spicciolo e lo lasciò al gruppo di bambini. Flynn alzò una delle monete con orgoglio e si unì al gruppo mentre si incollavano allo schermo del videogioco anni '80.
Si sedette al bancone, in modo da potersi godere la vista e tenere d'occhio il piccolo Flynn. Kate, la barista, le si avvicinò, con un gran sorriso sul viso. «Mio marito diceva fosse roba preistorica e invece quella macchina è un tale successo! Ho la sensazione che dovrò cacciare via questi diavoletti quando sarà ora di chiudere», rise. «Prendi qualcosa?».
«Un milkshake al cioccolato», rispose lasciando tre dollari sul bancone.
Kate si voltò rapidamente, prese un bicchiere tirando una leva dalla macchina e ne riempì il contenuto.
«Ecco qua», proclamò mettendole il bicchiere davanti.
Cayley la ringraziò, prendendo in mano la bevanda fredda e ci infilò una cannuccia. Si girò sullo sgabello per guardare i bambini, che per fortuna non si erano mossi di un centimetro, mentre succhiava i pezzetti di ghiaccio al cioccolato.
La porta si spalancò e il milkshake le andò di traverso. «Non è possibile», mormorò, cercando di riprendere fiato mentre Joel Dixon avanzava verso il bancone a grandi passi.
«Qualche problema?», disse mentre appoggiava i gomiti sul bancone.
«Mi stai seguendo?», voleva urlare ma tenne la voce bassa mentre gli occhi guizzavano sospettosamente per la stanza.
Lui ridacchiò mentre metteva sul bancone un pacchetto di M&M's. «Cosa te lo fa pensare?», disse mentre porgeva a Kate una banconota presa dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni.
Lei si fermò a guardarlo incredula, la cannuccia che penzolava intorno alle labbra mentre lui apriva la confezione dei cioccolatini. «Oh, non saprei», disse sarcasticamente, «Che ne pensi dello show che hai fatto stamattina in classe? E poi adesso vieni qui per caso, non vendono M&M's alla stazione di servizio in cui lavori?».
Joel si strinse nelle spalle mentre si portò alla bocca una manciata di cioccolatini. «Questi hanno un sapore migliore».
La stava evidentemente prendendo in giro, non riusciva a credere ad una sola parola. I suoi occhi indugiarono su quelli di lui prima che li alzasse al cielo, voltandogli le spalle per guardare di nuovo i bambini che giocavano. Adesso toccava a una bambina, con le trecce che le rimbalzavano in testa mentre si muoveva energicamente con il controller. Poteva sentire lo sguardo di Joel dietro di lei, il suono sordo del suo sguardo le faceva battere lo stomaco. Avrebbe potuto alzarsi e sedersi altrove ma si rifiutò di dargli quella soddisfazione.
Adesso era il turno di Flynn che si alzò in punta di piedi e quando la trovò con lo sguardo la salutò con entusiasmo, poi si voltò con tutta la stoica serietà di un guerriero e si preparò ad entrare nella sua battaglia galattica.
«E' tuo fratello o qualcosa del genere?».
«È il mio vicino».
Joel annuì mentre scuoteva una manciata di M&M's in mano. Glieli porse e lei accettò senza pensarci, le loro dita si sfiorarono l'una contro l'altra. La sua pelle era ruvida ma molto più calda di quanto Cayley avesse mai immaginato. Era sempre così glaciale con chiunque lo circondasse. Portando le caramelle in bocca, si ritrovò a guardarlo di nuovo e i suoi occhi si ammorbidirono quando le labbra di lui si inclinarono in un lieve sorriso.
C'era una strana calma nella sua presenza, riusciva a sentire il corpo che si rilassava man mano che i minuti passavano. Non sentiva alcuna pressione nel dover fare conversazione. Silenziosamente, mentre i rumori del videogioco e le urla dei ragazzini riempivano la stanza, continuò a guardarlo per un lungo attimo. Così da vicino, senza quell'aria minacciosa e burbera che assumeva ogni volta, si accorse di quanto Joel Dixon fosse bello, ma nel senso ampio del termine. Aveva assimilato quell'informazione quasi inconsciamente.
I capelli corvini gli incorniciavano in modo ribelle il viso che si distingueva per i suoi tratti  affilati e gli occhi scurissimi e attenti sembravano sempre alla ricerca di qualcosa.  
«Ho perso», la voce rassegnata di Flynn distolse lo sguardo di Cayley da Joel.
«Mi dispiace», gli offrì un sorriso, aggiustando il berretto da baseball che si era storto a causa del suo modo di giocare, «Adesso dovremmo tornare a casa, tua madre sarà a casa ormai».
Scivolò giù dallo sgabello e mise una mano sulla spalla di Flynn. Guardò di nuovo Joel per salutarlo ma prima che potesse aprire bocca li superò ed uscì dal negozio.
«Ci rinuncio», mormorò rassegnata guadagnandosi uno strano sguardo da parte di Flynn.
Uscirono dal locale e trovarono Joel all'angolo. Con un cipiglio seccato e tenendo stretta la mano di Flynn, Cayley si affrettò a sorpassarlo ma a metà del passaggio pedonale sentì il rumore dei suoi scarponi dietro di loro.
«Che stai facendo?».
«Abiti da questa parte?», chiese, indicando una stradina dietro il distributore di benzina.
«Che cosa? Cioè sì, ma cosa stai facendo?».
«Ti accompagno a casa», disse semplicemente come se fosse la risposta più ovvia al mondo.
«Aspetta cosa? Perché? Tu sei tutto matto», sbottò. «Non pensarci neanche, non ho bisogno del babysitter», agitò la mano libera verso di lui, sperando quasi che la sua figura si dissolvesse davanti ai suoi occhi.
Joel scosse la testa, mordendosi un labbro. «Non puoi semplicemente dire grazie?».
Prima che potesse rispondere con ancora più irritazione, Flynn, che stava tra loro, strattonò l'estremità sfilacciata della maglia di Joel.
«Sei una guardia del corpo?», chiese il bambino.
«Si».
«No, non lo è», sbuffò Cayley.
«È un poliziotto?», Flynn la guardò e lei scosse la testa con vigore.
«Assolutamente no».
«Allora chi è?».
«Lui è un mio...lui è Joel».
«No, Flynn! Ragazzi e ragazze possono essere solo amici. Non che lo siamo, ma è importante che tu lo sappia», lo disse con convinzione, stringendo la sua manina un po' più forte. Camminarono senza dire nulla per i restanti isolati, ad eccezione dei commenti di Flynn sul gioco e su come avrebbe dovuto migliorare la sua tecnica.
Quando raggiunsero casa Perry, Joel indietreggiò, appoggiandosi alla recinzione della casa di Flynn. Cayley si affrettò a salire i gradini, facendo entrare il bambino e dando un rapido saluto a sua madre e alle sue sorelle. Quando tornò fuori non fu sorpresa di trovare Joel ancora lì, in attesa.
«Quindi non siamo amici, eh?».
«Non è quello che intendevo».
«Il messaggio mi sembrava abbastanza chiaro».
«Beh, non lo siamo! Non mi hai mai rivolto la parola prima di stamattina».
«Non ne avevo motivo».
«E quale sarebbe la tua motivazione adesso?».
I suoi occhi si fusero in quelli di lei e Cayley si ritrovò a fare un passo indietro a causa di quella intensità.
«Non lo so», disse inumidendosi le labbra e voltando lo sguardo verso la strada e solo allora Cayley si accorse di aver trattenuto il respiro.
«Ci vediamo», mormorò mentre sfilava il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni.
«Joel!», lo chiamò. «Prendo l'autobus vicino al Pine, ogni mattina alle sette e un quarto».
Gli angoli della sua bocca si sollevarono mentre annuiva in sua direzione.
Cayley rientrò subito in casa e premette la bocca tra le mani, soffocando un sorriso imbarazzato. Si sentiva contemporaneamente pesante e leggera, pensieri confusi le volteggiavano in testa come un ciclone ad alta velocità e non riuscì ad aggrapparsi ad uno solo abbastanza a lungo per dare un senso a ciò che aveva appena fatto.

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