Capitolo 1

159 5 0
                                    

Mi risveglio dal sogno che mi tortura da anni e con una smorfia stampata sul viso mi rigiro nel mio letto scorgendo la sveglia che suonerà fra qualche minuto e alzandomi sento dei rumori provenienti dal piano di sotto.
Con l'agilità di un bradipo cerco di far meno rumore mentre mi affaccio dalla porta della cucina e guardo sconvolta come mia madre, frenetica e con un nido di capelli che dovrebbe essere una coda, si muove tra i fornelli.
Felice come una pasqua mi ricorda ancora una volta che fra qualche ora dovrò prendere un aereo che mi segregherà a Londra per sei mesi, in un istituto che i docenti del mio college sostengono dovrebbe aiutarmi a gestire la rabbia.

FLASHBACK
"Non è la prima volta che accade, Isabelle" mi ricorda ancora una volta la preside, nel suo bel completo, e noto che oggi non ha la solita acconciatura da vecchia ma i riccioli dorati le ricadono sulle spalle, mi scruta con sguardo severo, aspettandosi una scusa decente che di certo non cercherò di darle. Con disinvoltura mi affretto verso la porta ma la preside mi sorprende richiudendola, provocando un grande tonfo che rimbomba sulle pareti della stanza.
"Dove credi di andare, signorina?" mi chiede "adesso mi spieghi per filo e per segno quello che é successo con Stacy"
Per chi non lo sapesse, Stacy è l'odiosa reginetta della scuola, la solita snob con chili di trucco sulla faccia, non so neanche a che cosa serva spalmarsi una quantità enorme di cosmetici sul viso se il risultato è anche peggiore. "Scusi signora preside ma non credo che serva una spiegazione per quello che ho fatto, come sempre quella boccaccia larga di Stacy spara solo cazzate sul mio conto e io non essendo di certo una povera ragazza che subisce tutto, l'ho sbattuta contro il banco. Il professore, essendo il solito guasta feste, ha dato puntualmente la colpa alla sottoscritta che ha solo difeso i propri diritti".
La donna di fronte a me è totalmente scioccata e ora dovrò subirmi la solita ramanzina da quasi tutto il consiglio dei professori.
"Isabelle, hai superato il limite, questa volta sei nei guai fino al collo. Dovremo prendere dei seri provvedimenti e tu cerca di non badare troppo a quello che dice la gente, cerca di non prenderla troppo sul serio..." Il resto del discorso non lo ascolto nemmeno, sono troppo impegnata ad osservare come il vento fa ondeggiare le foglie degli alberi fuori dalla finestra che si affaccia sul giardino della scuola, finché una parte del monologo della preside attira la mia attenzione.
"Cosa!?!" dico quasi urlando, scattando in piedi. "non andrò in un istituto per pazzi!Capisco di aver oltrepassato i limiti ma non sono una psicopatica!" Ormai sto praticamente urlando.
"Non è un manicomio, è un istituto dove imparai a gestire la tua rabbia e ormai la decisione è presa. Tu ci andrai con o senza il tuo consenso. Almeno riuscirai a non picchiare la gente e adesso calmati. Siediti, prima che ti faccia veramente mandare in un manicomio" risponde con nonchalance. Il sangue nelle vene mi ribolle e la voglia di spaccare tutto in questo ufficio di merda è tanta, ma così peggiorerei solo la situazione. "Almeno mi dirai dove si trova questo inutile istituto dove si presuppone io potrò imparare a gestire la mia rabbia?" dico più lentamente facendo le virgolette sulle ultime parole e con uno sbuffo mi risiedo sulla sedia. "Londra." Dice facendomi sbattere rudemente i pugni sulla scrivania di legno di ciliegio, sobbalza per lo stupore sulla sedia "non andrò dall'altra parte del globo. Solo per stare in un merdoso istituto. Devo aiutare mia madre a pagare le bollette o ci butteranno fuori di casa e lei lo sa meglio di me" Prendo un bel respiro. "Quindi non faccia la stronza persona che è e non mi mandi a Londra " con questo prima che possa aggiungere qualcos'altro mi precipito fuori dall'ufficio facendo rumorosamente sbattere la porta dietro di me.
Sono talmente arrabbiata e nervosa che inizio a prendere a calci il distributore delle merendine, finché non mi volto sentendo qualcosa cadere.
Noto che è il segretario, fermo sulla soglia del suo ufficio, con un'espressione stupita sul volto. Mi accorgo della tazza sbeccata ai suoi piedi e mi fermo dal mio piccolo assalto alla macchinetta, la raccolgo e gliela porgo, con uno sguardo perso mi accenna un grazie e con questo giro i tacchi e mi avvio verso l'uscita con passo svelto, temendo che la giornata possa peggiorare.
FINE FLASHBACK

Arrivo in cucina e trascinando l'imballo di coperte che mi sono creata assomigliando vagamente ad un beduino. Prendo un paio di pancakes e li mangio mettendomeli tutti in bocca, sentendo mia madre emettere un verso di disgusto, continuando ad assillarmi sul come "una bella ragazza come me (credo che sia cieca, io sono molto lontana dall'essere anche solo accettabile) mangia come una sotto specie di cammello".
La ignoro guadagnandomi una sgridata, mentre sgattaiolo fino alla camera e mi butto sul letto facendolo leggermente scricchiolare, con l'intento di prolungare la mia dormita.

Puntualmente mia madre entra in camera dicendomi di andare a prepararmi, così sabotando i miei piani.
Con un profondo sospiro mi dirigo in bagno per fare una doccia. Prendo il bagnoschiuma al fiordaliso, mi insapono per bene e mi risciacquo. Finita la doccia mi guardo allo specchio analizzando il mio viso, delle profonde occhiaie mi cerchiano gli occhi azzurri, le guance un po' più incavate del solito e i capelli un groviglio difficile da domare. Ancora una volta mia madre bussa alla porta del bagno facendomi sbuffare piuttosto rumorosamente, esco e la trovo a picchiettare il piede nervosamente sul pavimento creando un suono abbastanza fastidioso.
"Potresti smetterla?" Dico digerendomi all'armadio. "Isabelle muoviti se no perdi l'aereo!" dice.
"Sai che grande affare se non ci vado, a Londra" rispondo troppo seccamente mentre lei esce dalla camera per dirigersi alla macchina. Prendo una maglietta bianca e un paio di jeans neri strappati sul ginocchio a causa delle tante volte che li ho indossati. Prendo la valigia e controllo di aver messo nella borsa la mia copia di Jane Eyre, ormai logoro.

Scendo velocemente le scale, sentendo suonare il clacson della piccola auto di mia madre. Metto la minuscola valigia in auto e mi accomodo sul sedile del passeggero. "Pronta?" Esclama felice mia madre.
"No. E se continui così me ne torno in casa..." dico pensandolo veramente e chiudendo la portiera.
Il viaggio fino all'aeroporto dura all'incirca due ore. Dopo aver passato il check-in e aver subito mezz'ora di coda, mi siedo sulle scomode seggiole di fronte all'entrata del gate 13 aspettando la chiamata del mio volo.
Quando finalmente l'altoparlante annuncia l'imminente partenza dell'aereo per Londra mi alzo sbuffando e, dopo aver salutato svogliatamente mia madre, mi dirigo verso l'entrata.
Già mi sta antipatica l'hostess che puntualmente, con un sorriso stampato in faccia, mi domanda ripetutamente se va tutto bene. L'idea di saltare giù dall'aereo è più allettante di stare sei mesi rinchiusa in una sottospecie di manicomio.
Resisti Isabelle, hai passato cose peggiori mi ripeto nella mente e cado in un sonno profondo.

ANGOLO AUTRICE
Ciao ragazze! Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, questa è la mia prima fanfiction.
Aggiornerò ogni domenica e se il flusso dei lettori è maggiore, due volte alla settimana. Grazie💕

Stuck in my head h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora