Epilogo

379 48 12
                                    


Un uomo correva a perdifiato per la strada trafficata.
Scostava i passanti sulla sua strada senza preoccuparsi di tirare gomitate a destra e manca.
Senza preoccuparsi di niente.

Fanculo il piano, fanculo le previsioni, fanculo la copertura

Non gli importava nulla di tutto quello che aveva programmato per mesi.
Non in quel momento.

Ti prego, ti prego, fa che non sia lui

Pregava un Dio che non conosceva con il terrore, il terrore vero, negli occhi.
I polmoni gli bruciavano, la milza urlava di dolore, guance e occhi venivano sferzati dolorosamente dal vento, le gambe chiedevano pietà.
Ma lui di pietà non ne aveva mai avuta, perciò continuò a correre.

Corse anche quando prese una storta alla caviglia, anche quando rischiò di farsi investire, perfino quando cadde a terra in ginocchio si rialzò tremante e continuò a barcollare verso la sua meta.

Una ringhiera.
Una maledetta ringhiera di ferro.

Quando ci arrivò il suo cuore perse più di un battito.
Nessuno.
Non c'era nessuno.

Si mise le mani nei capelli, ancora con il fiatone e si accasciò a terra. Le unghie si conficcarono dolorosamente nella cute mentre appoggiava la fronte sul cemento con gli occhi sgranati.

No, no, no, non può essere, le mie previsioni non hanno mai sbagliato, non possono farlo con qualcosa di così importante!

Alzò la testa di scatto, aggrappandosi ad una flebile speranza.

Magari è ad ubriacarsi, certo, sarebbe da lui, come ho fatto a non pensarci

Cercò di rialzarsi in fretta, inciampando e sbattendo i gomiti a terra.
Socchiudendo gli occhi per il dolore mise a fuoco un oggetto.
Un telefono.
Il suo cuore, quello che non aveva, che non aveva mai avuto, sprofondò.
Il suo telefono.

No, non è quello che penso, niente conclusioni affrettate.. non deve andare in quel modo...

Con mani tremanti lo aprì, leggendone il contenuto.

[...]

Si appoggiò alla ringhiera.
Quella odiosa, maledetta ringhiera.
La sua mano sfiorò qualcosa sulla superficie.
Una lacrima, una vera lacrima, cadde accanto alla frase incisa sul metallo.

Rise, una risata carica di preoccupazione.
"Divertente, davvero uno scherzo divertente,ora salta fuori cagnolino, non va bene disobbedire al tuo padrone."
Ma ovviamente non comparve nessuno.
Chinò la testa fissando la scritta.

Cosa mi è saltato in mente? Fingermi morto per poter agire indisturbato contro la Port Mafia. Bel piano, bel piano davvero, complimenti a me. Ha funzionato a meraviglia. Anche fin troppo bene. Cazzo.

Un uomo, che avrebbe dovuto essere morto, che in vita sua non aveva mai sperimentato la paura, che non si era mai sentito perso e solo, senza sapere cosa fare, pianse.
Pianse stringendo il metallo fra le mani, sino a farle sbiancare e sanguinare.
Pianse lasciando cadere un telefono non suo sull'asfalto.
Pianse incidendo una parola affianco alla frase già scritta.
Pianse per una persona.
Pianse per tutte le volte in cui non gli aveva dato la giusta importanza.
Pianse per tutte le volte in cui lo aveva dato per scontato.
Per tutte le volte che lo aveva fatto soffrire, che lo aveva deriso, umiliato, ed infine amato alla follia.
Pianse per tutte le volte in cui non era riuscito a dirgli "ti amo".
Pianse per la prima ed ultima volta nella sua vita.
Pianse maledicendo sé stesso ed il suo cazzo di piano errato.
Come aveva potuto sbagliare?
Come aveva potuto fargli tutto ciò?

Quel giorno, aggrappato ad una ringhiera, con il sole che tramontava, un uomo con un cappotto beige e ricoperto di bende, pianse, gridando al vento le sue scuse.
Quel giorno, Dazai Osamu, il genio che si affidava a calcoli e previsioni, errò una conclusione per la prima volta in vita sua.

Mi dispiace Chuu, ho sbagliato i calcoli.
Non sono riuscito a capire quanto mi amassi.
Più del previsto.
Perdonami.

Con un gesto fluido scavalcò la balaustra in metallo, accarezzando con il pollice le parole incise sopra di essa.
Alzò la testa al cielo e, con gli occhi rossi e gonfi, pieni di lacrime, mormorando poche parole.

"Per fare un suicidio di coppia Chuu, ci vogliono due persone, dovresti saperlo."

Sorrise e si lasciò andare nel vuoto.

"Ti amo anche io."



Di loro due rimasero solo delle parole incise su una ringhiera fredda.
Tutte le anziane che le scorgevano scuotevano la testa e mormoravano a bassa voce parole colme di disprezzo, come "vandali" o "maleducati", gli adulti le ingorarono, come facevano sempre con qualcosa non di loro gradimento.

Invece per bambini e ragazzini, quelle parole avevano un fascino misterioso e, non riuscendo a tenere a freno la fantasia, iniziarono ad inventare storie e leggende, poi sussurrate nei vicoli e tra i banchi, anno dopo anno, su due persone, talmente tanto innamorate l'una dell'altra, da non riuscire a rimanere separate neppure nella morte.

Ogni giorno, i bambini del quartiere, passavano davanti alla ringhiera portando fiorellini raccolti nei campi o ai bordi della strada, sfiorando con le ditina le parole incise ed immaginando le voci dei due amanti.
Desiderando anche loro un amore tanto forte.

Ti amo, vengo con te.

Arrivo.

Undo || soukoku ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora