1. Quando ancora avevamo voglia di ballare

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"1. Quando ancora avevamo voglia di ballare"


Tre anni prima

L'intera stanza sembrava un campo di combattimento in cui era stata appena conclusa l'ennesima battaglia, ma dentro le valigie tutti i vestiti erano stati piegati con ordine maniacale e non mancava lo spazio per la fotocamera, altra robaccia, e gli oggetti da infilare all'ultimo minuto.

«Sid? Sid!»
«Che c'è?!»
Le mani tremolanti di Mitsuki reggevano un libro.
Lui ne riconobbe subito la copertina e, di botto, mollò la felpa ben piegata sul letto ancora disfatto e le si avvicinò.
Bastò uno scambio di sguardi perché si capissero.
«Vuoi che gli regali la mia copia?» sussurrò incerto.
Mitsuki scosse la testa e gli sorrise.
«Ieri sono passata dalla libreria. Sono entrata, l'ho preso al volo e... e adesso è dentro il mio zaino. Sapevo saresti stato d'accordo. Non volevo perdere altro tempo.»
Sid strinse le labbra fra i denti. Annuì debolmente, poi si voltò a osservare la propria valigia spalancata.
«Mancano pochi giorni...»
«Già...» gli fece eco Mitsuki poggiando il libro sul piano della scrivania. «Ma... Sid...»
«Sì?»
«Pensi che gli piacerà?»

Il dito sottile di Mitsuki si librò all'aria in cerca della ciocca ribelle da sistemare dietro l'orecchio. Ogni suo movimento elegante si perdeva in una lentezza senza meta, quasi il corpo non udisse bene i messaggi inviati dalla mente e si muovesse un po' a casaccio, riproponendo automatismi appresi nel tempo.

Le venne da sorridere e se ne imbarazzò, glielo si leggeva sul viso pulito.
«Sì» brontolò Sid senza mezzi termini.
Non avrebbe ammesso che ciò che rendeva trasognante Mistuki faceva sentir lui terribilmente nervoso. Aveva consumato le labbra a furia di mordicchiarle; le unghie delle mani sembravano corti pizzi smerigliati tanto aveva dato loro il tormento. Ma bastava che i due incrociassero l'una lo sguardo dell'altro per ritrovare lo stesso sorriso impresso sul volto, quasi fossero diventati dei riflessi speculari.

«Ella ci aspetta...»
«Dovremmo andare...»
Le valigie furono chiuse al volo e il resto della camera dimenticato nella penombra. Scesero le scale di corsa e, una volta arrivati in macchina, cercarono una bella canzone alla radio che potesse accompagnarli durante il tragitto. Ella sarebbe arrivata di lì a poco, e avevano parecchie cose da raccontarsi, dopotutto.

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Non ne avevano mai parlato con nessuno, prima di quel momento. Era strano dover raccontare quella storia e rendersi conto che fosse la propria. Nei suoi innumerevoli tentativi di dar vita ai personaggi della propria mente, Sid aveva perfino ficcato dentro tutti e tre, dapprima senza rendersene conto, poi, una volta spaventato dalla consapevolezza delle sue azioni, si era ritrovato a sentire quanto quella sensazione gli piacesse: nelle sue storie, perlomeno, ogni azione era più semplice da gestire e il futuro più limpido da prevedere. Viveva, però, in lui, una forte incertezza quando si ritrovava fra le mani sentimenti che non appartenevano ai suoi trastulli fantastici, quanto alla sua realtà, una realtà che sembrava starsi concretizzando giorno dopo giorno.

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