Salutai le mie amiche dopo una lunga giornata di scuola e pochi secondi dopo vidi Valentin accanto alla sua auto che mi guardava. Scuotemmo una mano in aria nello stesso momento e ci scambiammo un sorriso, ma un secondo dopo avevo già voltato la testa dall'altra parte e le ginocchia cominciarono a vibrare per tutti i passi seguenti. Avrei giurato che fosse per colpa del saluto con Val, ma in fondo sapevo che si trattava di qualcos'altro.
In fondo al cortile trovai Carlos in piedi, di fronte alla sua macchina ben pulita. Accanto a lui c'era Camille, vestita interamente di nero come mi aspettavo e bellissima come me la ricordavo. Fu quando i nostri occhi scuri s'incontrarono che sentii una bomba esplodermi in petto e deglutii abbassando lo sguardo a terra.
- Ciao Gwen, come è andata oggi? - mi chiese Carlos riferendosi alla scuola.
- Bene, tutto tranquillo. Ho cominciato un nuovo progetto di pittura davvero interessante!
- Ah sì? Di che si tratta? - il mio amico era sempre più interessato mentre Camille rimase a guardarmi, anche lei incuriosita da ciò che stavo per dire.
- Un autoritratto che non mostri soltanto il mio lato esteriore, ma anche interiore. È difficile da spiegare in altre parole, ma sappi che ho intenzione di utilizzare solo la scala di grigi.
- Bell'idea, adoro il chiaroscuro - la ragazza in nero disse la sua ed io rimasi lusingata di fronte alla sua approvazione, ma soprattutto di fronte al suo accennato sorriso.
- Grazie - sorrisi anche io.
Entrammo tutti e tre in macchina, io ai posti posteriori, ma prima di partire Carlos mi porse un panino avvolto nell'alluminio.
- Ecco la tua merenda - esclamò lui.
- E' davvero grande - osservò Camille. - Come fai a mangiarlo tutto? - aggiunse poi, il tono un po' inasprito.
- Tranquilla, a quest'ora ha sempre fame - scherzò il fotografo mentre io diedi il primo morso al panino.
Mi stranì per un istante l'intervento di quella ragazza, ma subito dopo smisi di pensarci concentrandomi sul cibo. Qualche morso dopo, mi cadde l'occhio sulle mani di Camille, entrambe impegnate a digitare qualcosa sul cellulare. Non riuscivo a leggere bene cosa stesse scrivendo, ma intuii che si trattasse di un messaggio e per correttezza non insistetti a fissare quello schermo, così portai la mia attenzione fuori dal finestrino mentre angoli di Londra mi passavano davanti con velocità.
La strada fu più lunga di quel che mi aspettavo e quando vidi in fondo alla strada l'inizio di un bosco tirai un sospiro di sollievo. Ci fermammo tra i primi alberi e Carlos e Camille scesero subito mentre io rimasi dentro per cambiarmi i vestiti che avevo portato nello zaino. Per quel servizio fotografico pensai di indossare un abito lungo e nero, dato che Carlos mi consigliò di scegliere qualcosa che potesse essere adatto ad uno scenario gotico. Il trucco non era esageratamente marcato, ma secondo il mio parere poteva andar bene.
Quando scesi dall'auto trovai già gli occhi di Camille squadrarmi da capo a piedi e mi chiesi se per caso non mi stesse guardando da molto più tempo, ma poi scossi la testa per scacciare via quel pensiero assurdo.
- Stai davvero bene con questo vestito, Gwen - Carlos era impressionato.
- Grazie, è un regalo di mio papà - gli rivelai e in un attimo mi passò per la testa il ricordo di quando aprii la scatola e vi trovai dentro l'abito che avrei dovuto indossare per andare a teatro con la mia famiglia. Alla fine non ebbi più il modo di metterlo perché mio papà ricevette una chiamata importante di lavoro e dovette partire prima del previsto facendo saltare la serata che avevamo organizzato.
Un velo di tristezza si posò sul mio volto, ma non volevo rovinare quel pomeriggio per colpa di un brutto ricordo, perciò mi impegnai a non rimuginare ancora sul passato.
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Sfiorata dal destino
RomanceChiunque conosca Gwen Berry sa che non le manca niente nella vita seppur non abbia una dolce metà da tempo immemore e tutte le ragazze della William Blake Art School vorrebbero essere in lei: bella, benestante, popolare e gentile. Ma nel bel mezzo d...