𝑺𝒊𝒙 𝒇𝒆𝒆𝒕 𝒖𝒏𝒅𝒆𝒓

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Sei mesi dopo





Mano nella mano, Hoseok e Jimin se ne stavano seduti sugli scogli ad osservare le onde che lambivano i loro piedi nudi. L'aria frizzante di metà ottobre s'insinuò nella felpa che Jimin stava indossando, facendo rabbrividire il suo corpo minuto. Hoseok parve accorgersene perché lo cinse con un braccio e posò il capo sul suo. Alle loro spalle, Namjoon stava sistemando la legna che di lì a poco avrebbe dato vita ad un fuoco, intorno al quale si sarebbero riuniti tutti per arrostire i marshmallow. Era in quel modo che Jimin aveva chiesto di festeggiare il proprio compleanno. Yoongi stava armeggiando con una vecchia radio, che dopo aver gracchiato un poco, mandò in onda malinconiche canzoni indie. Jin invece stava riponendo accuratamente a terra una coperta su cui avrebbe posato il cestino contenente la cena e una piccola torta al cioccolato. 

-Se continuiamo a tenere i piedi in acqua ci verrà un raffreddore.- Ridacchiò Hoseok.

Jimin alzò lo sguardo dalle onde e i suoi occhi incontrarono quelli allegri del ragazzo. Le ombre scure sotto gli occhi che lo avevano caratterizzato nei mesi addietro sembravano ormai soltanto un ricordo.

-Hai ragione. Sarà meglio raggiungere gli altri.- Rispose Jimin.

Eppure Hoseok sembrava non avere nessuna intenzione di muoversi, anzi strinse ancor di più Jimin tra le braccia e si avvicinò lentamente al suo viso, sfiorandogli con il naso la guancia vellutata. Poi le sue labbra si posarono su quelle dell'altro, con dolcezza. Hoseok lo baciava sempre come se fosse una bambola di porcellana che temesse di mandare in frantumi. Per tutta risposta Jimin si sporse verso di lui, circondandogli il collo con le braccia e approfondendo il contatto. Hoseok parve preso in contropiede, poiché inspirò sorpreso ma insinuò le dita tra le ciocche corvine del ragazzo. Alla fine gli accarezzò il fianco e interruppe il bacio con un sorriso stampato in volto. Poi si alzò da terra e aiutò Jimin a fare lo stesso, così i due si diressero verso il falò che stava prendendo vita sulla spiaggia.
Seokjin sorrise quando li vide e stappò una bottiglia di soju, versandone un po' nei bicchieri.

-Oggi è un giorno importante, bisogna festeggiare!- Esclamò.

Namjoon li raggiunse e si sedette sulla coperta accanto a Jin, stampandogli un tenero bacio tra i capelli, unendosi poi a lui nel brindisi, alzando in alto il bicchiere. Quel giorno oltre ad essere il suo compleanno, Jimin era stato contattato dal dottor Wang, il quale lo aveva informato che non sarebbe più stato necessario tornare nel centro riabilitativo, salvo alcune visite sporadiche e questo significava che poteva finalmente tornare a cercare di condurre una vita normale, se mai ne avesse avuta una. I quattro buttarono giù il soju e si godettero il piacevole bruciore che serpeggiò per le loro gole.
Yoongi rimase in disparte, lo sguardo perso tra le fiamme e una bottiglia di birra stretta tra le dita. Non aveva un bell'aspetto, gli occhi erano incavati e in quei mesi aveva perso peso. Aveva la sensazione di trovarsi due metri sotto terra, si sentiva mancare il fiato. La scelta che aveva dovuto affrontare era stata dura, non c'era giorno in cui Yoongi non si maledicesse per ciò che aveva fatto e per le conseguenze che ne erano seguite. Ma doveva andare avanti, o almeno tentare di farlo. Lo doveva a Jimin.  

 Namjoon gli lanciò un'occhiata e i suoi occhi si velarono di tristezza. 

-Hey Yoongs, unisciti a noi!- Disse.

Quest'ultimo si riscosse dai propri pensieri e si alzò lentamente da terra, raggiungendo i suoi amici e prendendo posto al fianco di Jimin, scoccandogli un debole sorriso che il ragazzo però non ricambiò. In effetti, erano mesi che Jimin non rivolgeva la parola a suo fratello.

Si comportava come se non esistesse.






-Jungkook! Non ti pago per startene lì a fissare il vuoto!- Jungkook sobbalzò alla voce tonante del suo capo e con il capo chino si affrettò a rimettersi a lavoro. Prese tra le mani il vassoio colmo di cibo e bevande e con delle falcate traballanti si precipitò al tavolo tre, occupato da alcuni suoi vecchi compagni di liceo che lo squadrarono da capo a piedi con un ghigno sul volto.

-Ma quello non è Jeon Jungkook?-

-Suo padre non era ricco sfondato?-

-Come ci sarà finito a lavorare in un locale da quattro soldi?-

Quelle voci sembravano proiettili letali che si conficcarono nel suo petto. Tentò di ignorarle, ma la stoccata finale arrivò dopo. -Alcuni dicono che abbia discusso con Min Yoongi e che ora non stiano più insieme... E pensare che avrebbero dovuto sposarsi.-

Jungkook posò in malo modo il vassoio sul tavolo e uno dei frullati rovinò a terra, sporcando il vestito di una delle ragazze che indignata, gli rivolse uno sguardo irritato. Più tardi si sarebbe beccato una ramanzina dal capo, ma in quel momento un piccolo sorriso si disegnò sul suo volto.

-Ops.- Commentò.

Si allontanò velocemente per tornare al bancone giusto il tempo di afferrare un altro vassoio e sfrecciare tra i tavoli affollati. I suoi occhi scandagliarono la stanza fino a trovare il vecchio orologio appeso alla parete che segnava ancora le cinque del pomeriggio. Qui il tempo sembra non passare mai, pensò Jungkook.

Khyun gli volteggiò accanto e gli fece l'occhiolino, che stava a significare che più tardi lo avrebbe trascinato in uno di quei tanti club per cercare di farlo sciogliere un po'. Jungkook scosse il capo e cercò di non pensare a ciò che gli sarebbe toccato quella sera, ossia un Khyun ubriaco marcio che danzava sulla pista da ballo e lui che se lo metteva in spalla e lo accompagnava a casa. No, non ne aveva alcuna voglia.

-Ho ordinato un frullato alla cannella, non al pistacchio.- La donna lo guardò, sprezzante, e allontanò il vassoio. Jungkook sospirò ma si inchinò a mo' di scuse e per poco non perse l'equilibrio. Dannati pattini, non riusciva ancora a destreggiarsi bene per il locale con quei cosi ai piedi. Al contrario, Khyun piroettava come un ballerino sul ghiaccio, posando con eleganza le ordinazioni ai tavoli sotto lo sguardo ammirato della clientela e Jungkook lo invidiava per quello. 

-Questo posto è un inferno.- Sbottò una volta arrivato al bancone. Eiko gli diede una pacca rassicurante sulla spalla. -Resisti un altro po', il nostro turno è quasi terminato.- Gli disse, regalandogli un sorriso dolce, che venne ricambiato da Jungkook. Pur essendo fratelli gemelli, lei e Khyun non avevano quasi nulla in comune, se non fosse stato per lo stesso barlume di vivacità che animava i loro occhi. Per quanto quel lavoro fosse odioso, almeno Jungkook non si sarebbe sentito solo. Accertandosi che il capo non lo stesse tenendo d'occhio, afferrò il telefono dalla tasca dei jeans e digitò il nome del suo migliore amico. Proprio quel giorno, Jimin avrebbe compiuto gli anni. Jungkook aveva perso il conto di quante volte aveva afferrato il cellulare con la tentazione di chiamarlo o mandargli un messaggio, per poi sospirare pesantemente e seppellire nuovamente il dispositivo in tasca. Gli mancava da morire, gli mancavano gli altri. 

Gli mancava lui.

-Jeon Jungkook!- Al grido infuriato del suo capo, il ragazzo gettò sul bancone il telefono e strappò dalle mani di Eiko il vassoio che doveva recapitare al tavolo dieci. Lei scosse il capo divertita nel guardare il suo amico sfrecciare con quei pattini per i tavoli, poi afferrò uno straccio da passare sul bancone, quando quel telefono cominciò a vibrare insistentemente. Eiko lo prese fra le mani, sul volto uno sguardo interrogativo. 

𝑳𝒐𝒗𝒆 𝑴𝒚𝒔𝒆𝒍𝒇  ─ 𝒗𝒎𝒊𝒏Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora