Capitolo 4

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 La sveglia suonò ed ebbi voglia di prenderla e sbatterla alla finestra. Controvoglia mi alzai e andai a prepararmi per la scuola.

Avevo passato tutto il giorno precedente a letto con un tremendo mal di testa.

Ricordavo ben poco della festa, da Jason e lo schiaffo che si era subito mi svegliai a letto con i vestiti.

Quando arrivai a scuola e parlai con Sarah scoprì il perché.

-Dovresti ringraziare Mike per tutto- mi disse quando ci incontrammo al parcheggio.

-Di tutto? E di che?- risposi scioccata.

-Ha dovuto farti da balia per tutta la serata e ne ha guadagnato solamente una maglietta piena di vomito-

Mi tornarono in mente molte immagini della festa, di me con la bottiglia di vodka e di lui che mi portava in braccio su per le scale di casa mia.

-Cazzo, ho davvero fatto una pessima figura?- dissi passandomi le mani sul viso.

-Si, l'hai fatta- rispose Sarah ridendo.

Quando arrivai nell'aula di matematica vidi che Mike era seduto nel mio solito banco, a quanto pare aveva la mia età.

Si accorse che mi stavo dirigendo verso di lui -Oh scusa, non sapevo che fosse il tuo- fece per alzarsi ma io gli dissi di restare.

-È il minimo che posso fare per ringraziarti- così mi diressi in fondo l'aula e occupai un banco libero. Nell'ora seguente mi spostai alla lezione di arte e lo ritrovai pure lì, così anche nelle lezioni seguenti. A quanto pare avevamo molto in comune.

Finite le lezioni andai verso la jeep di Sarah e lui si affiancò a me.

-Oggi Sarah lascia sia me che Elia a casa-

Ci accomodammo nel sedile posteriore e stare così vicini fu davvero imbarazzante.

Eppure provai un fremito, come una scossa, quando per sbaglio ci ritrovammo spalla a spalla dopo una curva. Cercai di non farci caso, pensando fosse accaduta perché non me lo aspettavo.

Il giorno dopo me lo ritrovai nel banco davanti al mio, e così giorno dopo giorno. Scambiavamo qualche parola, ci sedevamo allo stesso tavolo a pranzare con gli altri ragazzi e iniziai ad abituarmi a lui.

-Oggi pomeriggio che hai da fare?- mi chiese un giorno, prima di entrare a scrittura creativa.

-Penso niente, perché?- risposi sospettosa, non avevamo avuto molti contatti all'infuori della scuola o della macchina di Sarah.

-Allora alle 16 ti passo a prendere-

-Cosa? Per andare dove?-

-Devo portarti in un posto-

Mi meravigliai di quell'invito.

-Non è un appuntamento, vero?-

Vidi che ci pensò un po’ su -No, non lo è-

Fu puntuale, alle 16:05 fummo sulla sua moto. Uscimmo dalla cittadina e si diresse verso le campagne. avrei voluto ucciderlo, non ero mai salita in moto e l'idea di starci sopra non mi appassionava molto. Mi strinsi a lui e capendo che avevo paura mi disse di stare tranquilla. 

Dopo che mi fui abituata notai il panorama, era deserto e mi piaceva. La solitudine mi attraeva da sempre.

Dopo circa venti minuti uscì dalla strada trafficata e imboccò una stradina di campagna. Quando si fermò vidi una casetta malandata, non abbandonata, semplicemente trascurata.

Mi aiutò a scendere dalla sella e gli porsi il casco dopo che me lo fui tolta. 

-Era di mio nonno, adesso l'ho ereditata io- disse con sguardo orgoglioso e perso, rivolto verso le colline che si intravedevano oltre la casa.

-Era anche il nonno di Elia?- cercai di ricordare se avesse subito perdite recentemente.

-Oh no, era il padre di mio padre. Niente a che vedere con Elia. Mi sono trasferito solo per la sua mancanza. Sono stato io a convincere i miei a tornare qui. Avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse lui, e questo è ciò che cercavo-

Ci spostammo all'interno della costruzione e mi accorsi che non era una casa, bensì una stalla. All'interno c'era un bellissimo cavallo, magari non lo era davvero ma per me che avevo visto soltanto un pony a quattro anni era bellissimo.

Era nero, con una folta e lucida chioma, anch'essa nera.

Mike notò che posai il mio sguardo sul cavallo e mi disse -Si chiama Tyra-

Ero meravigliata da quella creatura possente e magnifica, emanava splendore da ogni poro. Fui tentata ad avvicinare la mano e accarezzarla ma subito si scostò e si innervosì. Feci un piccolo balzo indietro per lo spavento.

-È così con tutti, non si fa avvicinare da nessuno. Solo mio nonno riusciva a cavalcarla. Ma io vengo ugualmente ogni giorno a portarle da mangiare, così almeno da me si fa accarezzare-

Prese la spazzola, la pulì, le diede da mangiare e restammo per un po’ a guardarla in silenzio, come  se le parole potessero rovinare l'atmosfera creatasi.

Guardai l'orologio e mi accorsi che era troppo tardi -Scusa Mike, ma ho gli allenamenti di pallavolo-

Salimmo in moto, mi accompagnò a scuola e restò a guardarmi finché non entrai nella palestra.

Mi girai e gli sorrisi. Il ricordo della nostra giornata sparì quando entrai nello spoiatoio e l’allenatore radunò tutte le ragazze a cui spiegò lo schema per la prossima partita e annunciò che ci sarebbero stati degli osservatori di alcuni college, quindi dovevamo dare il meglio di noi stesse. Fortunatamente giocavo da titolare quindi avrei avuto molte possibilità di mettermi in mostra. La pallavolo e la scuola erano la mia unica chance di fuga dalla mia famiglia e dalla mia vita.

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