Capitolo 5

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Non che odi la mia vita, ma se potessi scegliere fra l’essere me stessa nel mio minuscolo paese di appena settemila abitanti o in qualsiasi altro luogo, sicuaramente sceglierei un altro luogo. Se poi mettiamo in conto la morte di mio padre a 9 anni, il matrimonio di mia madre con un perfetto stronzo e la mia passata bulimia non ho avuto quella che si suol dire una vita da favola. Fu per questo che mi buttai a capofitto sulla scuola e le attività extra-curriculari, sperando di poter avere un futuro lontana da tutto ciò.    

Sono in città, ti va di uscire?

Era Jason.

Sognatelo.

Cazzo se volevo dirgli di si!

Per favore. Devo parlarti.

Cederò solo per questa volta.

Va bene.

Mi disse dove raggiungerlo così presi la metropolitana e mi recai lì.
Era un bar, non molto grande ma servivano una cioccolata fantastica. Era il bar del nostro primo appuntamento. Lo odiai maledettamente per avermelo fatto ricordare. Quando mi vide si alzò e mi venne incontro.
-Ciao Kat-  Sfoggiò un sorriso a trentadue denti e mi sentii stringere lo stomaco.
-Jason- accennai un ciao con la mano.
-Ci sediamo? Vuoi qualcosa?-
Non avrei potuto restare un minuto in più in quel bar senza baciarlo.

Era stato un appuntamento fantastico.
Mi era passato a prendere con la bici, non avevamo ancora l'età per la patente. Ma a me sembrava una limousine. Mi aveva raccolto una margherita nel giardino accanto a mio e io me l'ero sistemata fra i capelli. Non sapeva dove portarmi così si mise a vagare per la città in cerca di un bar, ma mi negava che ci stavamo perdendo. Ad un certo punto trovammo quel bar che ci sembrò un'ancora di salvezza e ci sedemmo ad ordinare la cioccolata più buona della mia vita.

Mi riscossi dai ricordi -In realtà preferirei camminare-
Iniziammo a passeggiare e parlammo del più e del meno, dell'Italia e di come la vita era continuata per entrambi.
Dopo un po’ arrivò dritto al punto.
-Devo dirti una cosa- 
Pensavo che quella frase fosse sempre seguita da sguardi vacui e pianti finali, invece lui sorrideva e sembrava al settimo cielo. Aspettai in silenzio che continuasse a parlare.
-Ho finito le superiori in Italia e mio padre ha trovato un lavoro molto più conveniente qui- 
-Quindi?- non capivo a cosa volesse arrivare.
-Quindi ci siamo trasferiti di nuovo qui-
Fu un colpo allo stomaco, avrei dovuto vederlo di nuovo tutti i giorni. 
-Fantastico- lo dissi con freddezza.
-Pensavo, se qualche volta ti va, che potremmo uscire insieme, sai non come amici...- 
-E non hai lasciato nessuna ragazza ad aspettarti in Italia?-ero infuriata per quella richiesta assurda.
Jason restò per qualche secondo muto, capendo a cosa mi riferissi.
-Kat mi spiace non averti detto niente, ma cerchiamo di passare sopra i brutti ricordi-
-E tu pensi di poter tornare  qui dopo due anni e far finta di niente? Sai quanto ho sofferto prima di dimenticarmi di te? E adesso, dopo aver costruito con fatica la mia felicità, tu vieni qui e la distruggi!-

Abbasso la testa e si fissò la punta delle scarpe. Conoscevo bene quel suo gesto, era solito farlo quando non sapeva che dire, così io continuai a parlare sapendo che lui non avrebbe preso parola.

-Forse per te è difficile da credere, ma sono cambiata. Non sono più innocente come prima e non sono disposta a dimenticare ma ti perdono. Sappi che d’ora in avanti io e te non abbiamo più niente da dirci. Addio Jason- mi spuntò una lacrima e contro la mia volontà fermai un taxi e andai via.

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