1. Ritorno a San Francisco

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-Quando parti per Los Angeles?- chiesi al ragazzo di fronte a me.
-Non appena torniamo a scuola- rispose Dylan. Mi veniva da piangere, perché quello significava che lo avrei visto solo per altri due giorni, fino alla fine del campeggio scolastico.
-Hey, è tutto okay- disse lui, vedendo la mia espressione e prendendomi il viso tra le mani.
-No Dylan, non è tutto okay- risposi io, e mi si incrinò la voce.
-Tornerò per le vacanze- disse per rassicurarmi.
-Ma non sarà lo stesso- ribattei io. Erano quasi le tre di notte, eravamo illuminati solo dalla sua torcia, e dalle stelle, che a causa dell'assenza delle luci della città si vedevano in maniera perfetta. Lui mi accarezzò una guancia, dolcemente, e poi mi abbracciò.
-So che non sarà lo stesso, ma sta' tranquilla che io non mi dimenticherò mai di te- disse, e capii subito che era sincero, e che sentiva davvero ciò che stava dicendo.
-Neanch'io- risposi, e lui mi strinse più forte. Quando ci staccammo, fu come se qualcuno avesse strappato un pezzo di me portandolo via. Faceva freddo, era fine novembre, e l'unica cosa a riscaldarmi era il calore del corpo di Dylan.
-Buonanotte, Mil- mi disse, e poi si avvicinò a me, e mi diede un bacio sulla fronte.
Dopodiché, si girò e si allontanò, in direzione delle tende dei ragazzi.
Io andai dalla parte opposta, con un nodo alla gola.
Ogni cellula del mio corpo mi stava gridando di girarmi e correre da lui, ma dovevo accettare il fatto che da lì a due giorni non avrebbe più fatto parte della mia vita.
"Cosa aspetti? Vai lì e bacialo, è la tua ultima occasione!"
Ecco cosa continuava a dirmi una vocina nella mia testa.
Continuai a camminare.
Sentii come un peso sopra al petto, che aumentava ogni passo che facevo.
Mi bloccai sul posto, respirando a fondo.
Volevo davvero che partisse senza che sapesse cosa provavo per lui?
Strinsi la mascella, e mi girai.
Ebbi appena il tempo di fare qualche passo, che vidi che anche lui stava tornando indietro a passo spedito.
Rimasi impietrita.
-Hai dimenticato qualcosa?- chiesi, stupidamente.
Avevo addosso la sua felpa, magari la voleva indietro.
Lui continuò ad avvicinarsi.
-Questo- disse.
Mi prese il viso tra le mani, e mi baciò.
Mi ci volle un secondo per realizzare ciò che stava succedendo.
Si allontanò appena, per un attimo.
Io non ci pensai due volte, e lo ribaciai.
Avevo fantasticato così tante volte su come sarebbe stato che mi sembrava impossibile stesse succedendo davvero.
Spostò le sue mani sulla mia vita, e io gli circondai il collo con le braccia.
Dopo qualche altro secondo ci staccammo, e rimanemmo con le fronti appoggiate l'uno all'altra.
-Non andartene- mormorai sottovoce.
-In questo momento non vado da nessuna parte- rispose.
Ci allontanammo insieme, e lui tenne un braccio intorno alla mia vita camminando.
Arrivammo alla mia tenda, ed entrammo.
Entrambi ci infilammo nel mio sacco a pelo, e lui mi fece sistemare tra le sue braccia, con la testa sul suo petto.
Non volevo pensare al fatto che sarebbe andato via.
In quel momento, tutto ciò che contava era che fosse lì con me.
Mi addormentai, cullata dal battito del suo cuore e dal suo respiro che mi solleticava leggermente una guancia.
Non mi ero mai sentita così bene in vita mia.

****

Ultimo giorno a New York.
Ogni mossa che facevo mi sembrava un dejà-vu di quattro mesi prima, quando avevo detto per sempre addio alla mia vecchia vita e mi ero trasferita a San Francisco.
Dovevo ammetterlo: un po' New York mi sarebbe mancata.
Avevo passato l'ultima settimana di vacanza abbastanza bene (mental breakdown notturni per Dylan a parte).
I miei, notando quanto stessi male, decisero di chiudere un occhio sulla puntinzione.
Quindi uscii ogni giorno con Simon o con Sky, legai parecchio con quest'ultima.
Infatti, non mi sorpresi quando suonò alla porta di casa.
-Miley?- mi chiamò.
Chiusi la valigia, e andai ad aprirle.
Era bellissima come al solito.
Era quasi completamente struccata, tranne che per il mascara, e indossava un maglione verde scuro e dei jeans a vita alta.
-Finito di fare le valige?- mi chiese entrando.
-Ho appena chiuso- risposi.
Lei guardò sopra il mobile del soggiorno.
-Dimentichi qualcosa- mi fece notare.
Seguii la direzione del suo sguardo.
Sopra il mobile, c'era il pacchetto di Dylan.
Mi si strinse il cuore.
Andai a prenderlo, e lo misi in valigia.
-Non vi siete più sentiti?- mi chiese Skyler notando la mia espressione.
Io scossi la testa.
-A parte gli auguri per il suo conpleanno, zero messaggi e zero chiamate- dissi.
Lei sospirò.
-Tipico di Dyan Cross- commentò.
-Già- risposi, forzando un sorriso.
Sky venne verso di me.
-Hey, vedrai che si risolverà tutto- mi rassicurò mettendomi una mano sulla spalla.
-Come può risolversi tutto? Non posso cambiare il passato-
-E sai cos'altro non puoi cambiare?- mi chiese.
Feci cenno di no.
-Quello che provi per lui, e quello che lui prova per te. Anche se sappiamo entrambe quanto Dylan sia orgoglioso dopo una rottura, lui ti ama. Magari si è preso questi giorni senza scriverti perché entrambi poteste avere spazio e tempo per pensare, ma sono sicura che quando tornerai farà di tutto per sistemare le cose-
Annuii, anche se poco convinta.
-Miley? Vieni fuori a salutare i nonni che andiamo- mi chiamò mia mamma aprendo la porta di ingresso.
-Arrivo- risposi.
Guardai Skyler, che mi sorrise.
Se non fosse stato per lei, quei dieci giorni dopo la rottura sarebbero stati ancora più difficili.
Presi la valigia e uscimmo fuori.
Percorsi il vialetto, e abbracciai i miei nonni.
-Mi raccomando, non combinare guai- mi disse mia nonna.
-E studia, invece di pensare ai maschi- aggiunse mio nonno.
Io risi.
-Va bene-
In quel momento vidi la punto grigia dei miei zii.
Da essa scesero loro e Simon.
Corsi subito ad abbracciare mio cugino.
-Ora dovrai tornare a farti fare i capelli da Faith. Mi dispiace per te- scherzò, facendomi ridere.
-Mi mancherai un sacco- dissi.
-Anche tu- rispose Simon.
Salutai anche i miei zii, dopodiché mia sorella fece lo stesso.
Mi avvicinai a Skyler, e ci abbracciammo.
-Appena arrivi a San Francisco scrivimi- mi disse.
Io annuii, sulla sua spalla.
Una volta sciolto l'abbraccio, caricai la valigia in macchina, e salii.
Mio padre mise in moto, e rivolsi a tutti un ultimo saluto con una mano.
Una volta che furono scomparsi dalla mia visuale, presi il telefono, e scrissi sul gruppo delle ragazze.
"Sono partita ora da casa per l'aeroporto"
Alice cominciò a scrivere.
"Mi raccomando, non ti addormentare che poi ti ritroviamo in Cina"
Le risposi con le emoji che ridevano, e collegai al telefono le cuffie.
Feci partire la musica in riproduzione casuale.
Già dai primi due secondi capii che canzone fosse.
Certo, mica poteva partire Thank you, next o Shout out to my ex.
Doveva partire la nostra canzone, All of the stars.
Mi ritrovai divisa in due:
La mia parte da autolesionista psicologica mi diceva di sentirla tutta e scoppiare a piangere, l'altra stava gridando "Hey, ti ha mentito per quattro mesi e tu hai il coraggio di ascoltare la vostra canzone durante il tragitto che ti riporta da lui? Scordatelo!"
Inutile dire quale delle due ebbe il sopravvento.
Nella mia mente si fece spazio il ricordo del nostro ultimo lento, l'ultima notte del semestre.
Ricordai il calore del suo corpo, il sapore delle sue labbra...
Okay Miley, basta, di ricordi in mente te ne sono tornati anche troppi negli ultimi giorni.
Mi chiesi come se la stesse passando lui, se sentisse la mia mancanza, se avesse passato notti in bianco in attesa di un messaggio che non sarebbe arrivato.
In ogni caso lo avrei scoperto presto.
Ogni attimo che passava, ogni metro che l'auto di mio padre percorreva, mi stava portando da lui.

Lost in my memory 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora