Leggere seguendo la canzone: When I grown up - Confetti
(in sottofondo, la voce del protagonista sarebbe quelle del cantante)
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Avevo una volta un amico, si chiamava Alfred. Lui era quel tipico amico che conosci da bambino, che nel tempo cresce insieme a te. Fa dispetti insieme a te. Piange insieme a te. Sorride inseme a te.
Da bambini dicevamo che volevamo conquistare il mondo, ma che avremmo cambiato le ingiustizie come degli eroi, senza poteri ma solo con amicizia e il voler bene al prossimo.
Da ragazzi delle medie avevo capito che non tutti potevano diventare eroi, senza mantello, aiutando il prossimo. Avevo perso quel sogno e avevo capito che dovevo puntare al cielo, ad un obbiettivo. Diventare una persona con molti soldi che avrebbe vissuto la sua vita in modo agiato.
Lui continuava a sognare di diventare un eroe, senza mantello, che avrebbe aiutato il prossimo e io la vicino che gli parlavo di come non ci sarebbe mai riuscito, che questo mondo non esistono eroi e che non potevano mai essercene.
Da ragazzi delle superiori veniamo divisi in 2 classi, ma anche così riuscivano a parlare. Anche divisi continuavano ad essere amici. Dopo un pò capì che il mio obbiettivo, non era possibile. Sempre un sogno lontano, solo una manciata di persone potevano avere una vita adagia. Iniziai a non andare più a scuola. Persi un anno, poi ne persi un altro. Riusci a diplomarmi solo per non stare in quel posto d'inferno.
Lui continuava, il suo sogno non era cambiato in così tanti anni, sempre a voler diventare un eroe, senza mantello, che avrebbe aiutato il prossimo. Lui continuò gli studi, mi superò passando all'anno successivo, mentre io continuavo ad andare sempre più indietro. Successe di nuovo e se ne andò prima di me.
Da allora per alcuni anni non lo vidi più. Io continuavo a sprofondare, nel buio, come risucchiato da un buco nero. Feci delle cose che mi portarono via una piccola parte della mia anima. Feci del male al prossimo. Mi disgustai di me stesso. Poi un giorno per colpa delle mie stesse colpe, mi inimicai una persona potente. Mi misi al suo servizio, per ripagarlo e ritornare ad una vita libera, senza guardarmi alle spalle per paura di essere tradito da quelle persone che avanzò fatto di tutto.
Stavo in mezzo ad assassini, sicari, ladri. Io ero diventato uno spazzino. Coprivo le loro malefatte. Ogni morto, ogni oggetto rubato, io facevo in modo che ogni cosa scompariva per far in modo che non fossero mai scoperti. La mia vita stava diventando peggio dell'Inferno.
Ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo tutte le cose cattive che avevo fatto. Tutto ciò che avevo visto. Cose che per una persona sensibile avrebbero già fatto impazzire. Anche se ero certo che primo o poi sarebbero scomparse, loro continuavano a venire nei miei sogni e continuavano incessantemente a tormentarmi.
Mi sveglio nel pieno della notte, sudato e senza fiato, come se avessi corso una maratona di 10km. Una volta sveglio non riesco ad addormentarmi e vedo la città, silenziosa, con alcune luce accese, la strada illuminata, dove si vedono rarissimamente macchine. Rimango sveglio finché non arriva l'alba. Appena è salito il Sole, mi preparo di nuovo, ogni giorno, per ritornare in quell'inferno , circondato da assassini e ladri.
Penso, che in tutto questo il mio vecchio amico adesso stia facendo una vita tranquilla, libera da ogni problema, avendo una famiglia, con un cane, e io che continuavo il mio lavoro di spazzino.
Un'altra cosa che facevo come spazzino era coprire le tracce anche per i piromani. Lui doveva essere l'ultimo cliente e quindi dopo di lui io sarei stato libero, senza in soldo, una casa, degli amici ma libero. Prima di iniziare il lavoro dovevo preparare la scena, far sembrare che fosse stato un incidente. La casa, stava in periferia, con pochissime persone la vicino. La casa era di un politico.
Combatteva per riuscire a sconfiggere il nostro boss, metterlo in carcere. Purtroppo non aveva mai qualcuno che potesse fare una testimonianza contro di lui. O erano morti oppure erano così tanto fedeli da farsi rinchiudere a vita in prigione.
Durante il mio lavoro entrai nella casa e iniziai a preparare la scena. Purtroppo il piromane era troppo esuberante. Chiuse subito le porte e le finestre di tutta la casa. Iniziò subito a spargere benzina e gasolio. E io in cucina a cercare di manomettere la bombola del gas, per far si che tutti credessero che fosse stato una fuga di gas a far si che la casa venga distrutta.
Mentre finito arrivò il piromane. Mi disse che il boss mi aveva dato una sentenza di morte. Sapevo troppo. Conoscevo troppo.
Fece scoppiare la bombola del gas e io sentendo quelle parole, ancora stordito per quella cosa, non riuscì a spostarmi in tempo.
L'esplosione mi fece volare, e svenni per il colpo ricevuto alla testa quando venni mandato all'aria contro il muro di legno.
Mi risveglia più tardi, circondato dal fuoco, con il fumo che ricopriva la maggior parte della casa. Cercai una via d'uscita ma non la trovai. Poi all'improvviso delle colonne mi caddero addosso. Non venni schiacciato, ma fui intrappolato.
Capì che quel giorno non c'è l'avrei fatta a salvarmi e mentre pensavo a questo da lontano senti delle sirene dei pompieri, molto vicini. Non li avevo sentito, per il fatto che ero in cerca di un'uscita.
Sentì l'acqua che sbatteva sui vetri. Stavano spegnendo l'incendio. Appena riuscirono a domare le fiamme, entrarono. Io ancora intrappolato, senza molta voce per colpa del fumo. Stavo anche al secondo piano. Allora con uno sforzo iniziai a gridare aiuto.
Riuscirono a sentirmi. Iniziai a sentirli che correvano in mio aiuto. Mi trovarono intrappolato.
Uno dei pompieri si avvicinò e disse se non avevo nulla di rotto. Continuava a farmi domande, io capivo che lo faceva per riuscire a termine sveglio. Gli rispondevo. Ma quella voce mi sembrava familiare. Appena si avvicinò di più iniziai a vedere il suo volto.
Era il mio vecchio amico. Lo chiamai e lui allora mi riconobbe. Però quell'attimo di esitazione, solo perché io lo avevo chiamato per nome, non si accorse e neanche io della trave che stava quasi per schiacciarmi. Allora allungò la mano, mi prese con forza, mi tirò, mi liberai, e andò a mio posto per riuscire a salvarmi.
Venne schiacciato dalla trave. Un'altra anima era entrata in quella mia anima nera.
Questa era diversa, non mi incolpava, non chiedeva vendetta. Era un'anima buona, che mi diceva di fare la cosa giusta.
Diversi giorni dopo chiesi ad un detective che vedesse se le mie informazioni erano utili per trovare e fermare il boss.
Riuscì a far in modo che moltissimi criminali fossero arrestati, riuscirono a trovarlo. Mi chiesero se potevo fare da testimone. Io accettai.
Dissi tutto alla giuria. Chi erano, cosa facevano. Che ruolo avevo io.
Alla fine l'imputato venne messo all'ergastolo. Mi misero in protezione. Infatti durante la testimonianza il boss iniziò a dire di guardarmi le spalle, che sarei morto prima che lui potesse morire.
Andai anche al funerale del mio vecchio amico.
Lui era diventato un eroe, senza mantello. Aiutava il prossimo. Era morto per il prossimo, per un amico.
Ed io ora voglio scrivere questo piccolo scritto per parlare di come non sempre si deve essere per forza qualcuno di importante per fare qualcosa da eroi. Ogni giorno ci sono eroi, persone che senza poteri, senza maschera e mantello, sono eroi.
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Raccolta di Piccole storie
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