- Capitolo 1 - Una melodia (quasi) dimenticata

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Frugare nel cassettone in camera dei miei genitori era stato un gesto fatto per noia nel voler trascorrere i circa venti minuti in cui mia madre era uscita a fare la spesa. Non mi sarei mai aspettata che quel semplice gesto, ripetuto con contesti e intenzioni diversi ogni volta, durante quella parte della mia vita, in particolare quella volta, si sarebbe rivelato tanto interessante.

Il cassettone della camera matrimoniale era un mobile in legno d'ebano, imponente, mediamente alto, largo, con cinque scompartimenti corredati da manopole laccate in oro ed una piccola nappina legata ad una delle manopole del penultimo scompartimento. Mi scappò una risatina soffocata nell'aprire la porta e ritrovarlo già di fronte a me ad occuparmi la visuale della finestra dall'altra parte della camera. Richiusi silenziosamente la porta alle mie spalle e mi accovacciai sul pavimento. Scrutai dal basso verso l'alto il cassettone, divertita nel ricordarmi di aver riso, perché da piccola per via del suo aspetto cupo e minaccioso, nella mia infantile creatività avevo immaginato che "lui" (come lo indicavo a mia mamma da bambina, dicendo che mi faceva paura) fosse lì apposta per spaventarmi. E perciò fino a quando non sono cresciuta abbastanza da cambiare idea, avevo un leggero timore ad entrare da sola in quella stanza. Non so ancora chiarire né a me stessa né ai miei genitori che cosa mi spaventasse di quell'innocuo mobile. Sarà stato il colore scuro del suo legno o il fatto che fosse esageratamente alto e largo in confronto alla me di allora...

Proprio in quel momento, era particolarmente evidente che quella "paura" fosse ormai superata, visto che ero da sola in quella stanza con l'intenzione di trovare qualcosa di mio interesse per non annoiarmi ancora. Fu il penultimo cassetto, quello con la nappina, ad attirare la mia attenzione. Presi tra le mani quella piccola nappina di cotone rosa fatta da mia madre un po' di tempo fa e la sfiorai con un pizzico di nostalgia che sollecitava la noia a lasciarmi andare. Afferrai le due manopole e tirai verso di me lo scompartimento. Ciò che vidi mi lasciò leggermente stupita poiché non avevo mai avuto l'idea di vedere cosa c'era in quel mobile, erano tutti oggetti della mia infanzia; che mia madre aveva dovuto spostare in un cassetto perché ero cresciuta e bisognava far spazio nella mia camera. C'erano peluches di ogni tipo colore e taglia, dagli orsetti alle bamboline di stoffa, dei libri di fiabe che a volte mia madre mi leggeva, un album pieno dei miei disegni e dei pastelli e ... un carillon. Vedendo quell'oggetto riposi il piccolo orsetto rosa che avevo in mano e lo presi.

Rimasi sorpresa quando spostandolo emise un debolissimo suono. Era un angelo di ceramica, dipinto a mano con dei lineamenti teneri le guance paffute ed una tunica bianca. Mi colpì che rispetto agli altri oggetti fosse appartenente a quando ero davvero molto piccola. Lo rigirai tra le mani osservandolo e mi accorsi che dietro aveva un foro abbastanza grande. Questo era occupato e nascosto da una decorazione a forma di piccole ali. Facendo molta attenzione girai un paio di volte quel meccanismo tramite le ali dell'angioletto e udii una melodia. Era la classica melodia che aiutava a far addormentare i neonati.

Ciò che mi lasciò esterrefatta non furono le note della melodia ma ciò che mi suscitò dal momento in cui essa si interruppe in poi. Avevo la certezza di aver già sentito quel suono nonostante mi sembrava di non averlo mai sentito prima d'ora, poiché l'unica volta, a parte quel giorno, in cui l'avevo sentito era da neonata, un periodo della mia vita in cui non potevo di certo ricordarmi della melodia di un carillon. Era come se il mio cervello avesse quasi del tutto dimenticato l'esistenza del carillon e se ne fosse ricordato solo allora.

Da piccina quella melodia mi "proteggeva" dal restare sveglia tutta la notte; molti anni dopo quel giorno, avrei desiderato che un paio d'ali mi proteggesse ancora una volta.

Così non fu, perché la vita a volte è fatta anche di dolore e di cadere.

Cadere senza aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora