- Capitolo 2 - (Me) -

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Ho sempre amato le ore più fresche e tranquille del mattino e la notte buia e silenziosamente rasserenante. Sono sempre stati i miei momenti preferiti della giornata per il loro essere così "intermedi" tra luce ed ombra e la serenità di un giorno festivo e il caos di uno feriale. Mi permettevano di pensare nella maniera più profonda e vera nella mia sola stessa compagnia.

Da ciò era facilmente intuibile per chi mi conoscesse che la mia routine giornaliera era leggermente diversa da quella comune; sembrerà un controsenso, ma sono una persona straordinariamente mattiniera ma capace di sentirsi a proprio agio in quel silenzio che pare eterno delle ultime ore della notte, che aspettano l'alba per decidersi a lasciare il posto ai primi raggi di sole, quelli che non senti nemmeno per via del leggero freddo che aleggia nell'aria.

Queste ore preziose, a mio parere, che hanno in comune di essere perse nel sonno normalmente, erano occupate da riflessioni, momenti a scrivere qualunque frase mi passasse per la testa nel tentativo di esplicare la parte di me più nascosta nelle lettere un po' deformate della mia calligrafia, leggere o più semplicemente revisionare gli appunti per le lezioni che qualche ora dopo mi attendevano. Com'è naturale c'erano delle differenze tra il primo mattino e la tarda notte.

Al mattino mi svegliavo spontaneamente, sempre intorno alla stessa ora ma non con eccessiva precisione, a patto di non attardarmi ad indugiare nel calore delle coperte, per non perdere quelle ore a me tanto care. Dopo aver varcato la soglia della mia camera mi dirigevo in cucina per prepararmi la colazione. Quando avevo terminato, ritornavo in camera per scegliere i vestiti per il giorno e avviarmi a fare la doccia per scrollarmi di dosso gli ultimi brandelli di sonnolenza mischiata al lieve torpore tipicamente mattutino. Vestita e pronta in largo anticipo per iniziare la giornata, nel tempo rimanente (solitamente molto) avrei potuto fare ciò che più mi andava al momento. Alla mia famiglia le mie insolite abitudini non davano alcun fastidio e mi ritrovo spesso a pensare e ringraziare il loro essere così comprensivi nonostante il mio carattere a tratti un po' difficile e la mia inerzia nel non voler cambiare queste abitudini.

La mia casa aveva molte stanze, considerando il normale numero di stanze in altre case, ma non somigliava ad una sfarzosa villa che ogni tanto spunta in determinate aree di tutte le città. Nonostante amassi la mia cameretta e ci trascorressi gran parte del mio tempo, non era il luogo prediletto in cui trascorrevo queste ore insolite. Il mio "rifugio" era in realtà la piccola stanza dei giochi della mia infanzia, in cui un tempo si trovavano i giochi i peluches i libri di fiabe e tanti altri oggetti dei miei primi anni e che era una sorta di mio piccolo "regno".

Col tempo i miei genitori iniziarono ad avere l'impressione che fosse troppo piccola, così quando io fui cresciuta abbastanza venne svuotata e da allora è rimasta una stanzetta in cui l'unica cosa che lasciasse trasparire il suo vecchio ruolo erano le pareti rosa pastello decorate con piccoli orsetti in rilievo attaccati alla parete, realizzati anch'essi da mia madre dipinti in delicati colori pastello. Il tempo aveva cambiato anche ciò che ne restava della mia stanza dei giochi: il rosa delle pareti si era spento sempre più e la colla alla parete, ormai seccatasi aveva ceduto poco alla volta e molti di quei bellissimi orsetti erano caduti e andati distrutti ed ora ne rimanevano i frammenti più o meno polverizzati sul pavimento. Ne rimaneva solo uno di cui ogni mattina mi assicuravo la presenza e nell'osservarlo mi perdevo a pensare alla cura con cui mia madre aveva realizzato lui e i suoi simili. Fortunatamente c'era luce sufficiente perché la lampadina veniva periodicamente sostituita. La stanza era stata inoltre resa confortevole da una sedia a dondolo in vimini. Per il resto quel piccolo spazio non era tanto occupato ad eccezione di un mobile basso con una mensola e un cassetto; su di esso posavo libri, quaderni di appunti e matite/penne o qualunque altro oggetto che decidessi di portare con me per trascorrere i miei momenti preferiti, nel piccolo cassetto riponevo il cellulare e sulla mensola le chiavi di casa per quando sarei uscita.

Quando poi il resto della mia famiglia si svegliava abbandonavo il mio "rifugio" un po' a malincuore. Avevo scelto proprio quella stanza perché mi teneva nostalgicamente ancorata alla mia passata infanzia e perché non contenendo nessun oggetto di particolare utilità, nessuno a parte me ci entrava da quando ero piccola.

Dopo che la giornata era quasi del tutto trascorsa terminavo gli ultimi compiti rimanenti, si cenava e poi andavo a dormire sapendo che poche ore dopo sarei stata già sveglia per dedicarmi a ciò che preferivo al momento nelle mie (altre) ore preferite della giornata. Molto spesso le ore mattutine e quelle notturne trascorrevano insieme poiché naturalmente ravvicinate nell'arco orario notte-mattino.


Questa sono io, ma non sono solo queste abitudini un po' stravaganti a definirmi; sarebbe come osservare un singolo dettaglio di un'opera d'arte e voler conoscere solo da esso l'essenza dell'opera stessa, praticamente impossibile. Una qualsiasi persona contiene tanti aspetti, quanti i vari punti di vista attraverso cui puoi osservare un qualunque oggetto, moltissimi, forse infiniti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 20 ⏰

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