Strani Incontri

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«Signore, abbiamo un segnale nel quadrante 3, esattamente davanti al cancello principale!»

«Chi cazzo è?»

«Sembra un uomo Signore, è automunito; agisce con fare circospetto.»

L’uomo si avvicinò alla finestra, scostò le tende e scrutò il cancello con un potente binocolo notturno di costruzione russa. Poi afferrò la ricetrasmettente: «Mike, codice rosso nel quadrante 3, voglio un lavoro pulito, niente cazzate.»

«Ricevuto Signore, cecchino in posizione. Il bersaglio è all’interno della macchina, maschio, caucasico. Acquisisco il bersaglio. Fuoco in 3 secondi. 2. 1.

...

Merda! Signore, l’uomo è addestrato. Penso che la mia ottica abbia riflesso la luce lunare. Ha scansato la pallottola. Bersaglio ancora vivo nella vettura»

«Fanculo! Per che cazzo vi pago a fare? Attivate le mine, voglio quel bastardo morto in meno di un minuto.»

Il mercenario che era ormai vicino alla macchina era il mio capo-corso, l’istruttore McGuire, l’unico uomo che era riuscito a ricoprirmi di insulti e non finire all’ospedale. Non che io fossi un uomo dall’indole particolarmente rissosa; solo una volta mi era capitato di fare a botte non in servizio: due ragazzi avevano voglia di sperimentare qualche mossa di karate su di me, ed entrambi erano finiti direttamente al pronto soccorso più vicino.

Avevo combattuto agli ordini del capitano di fregata McGuire due volte, in Iraq e in Afghanistan, in due missioni top-secret per lo smantellamento di alcune cellule terroristiche e campi d’addestramento di Al-Qaeda. Non aveva mai avuto la mia simpatia, né il mio apprezzamento, per il tono scontroso, spavaldo, e i modi troppo rudi, anche per un uomo di estrazione contadina dal Tennessee come me. Nonostante questo, il capitano mi doveva un enorme favore dato che gli avevo salvato la vita proprio nell’assalto a una postazione in difesa del campo più a nord della Valle dello Swat, uno dei luoghi più inospitali della terra per un americano. Eravamo nei pressi di un piccolo villaggio e il capitano si era gettato in mezzo alla strada gridando “FATEVI SOTTO BRUTTI BASTARDI”, non accorgendosi di un cecchino appostato poco più avanti; grazie alla mia prontezza di riflessi, riuscii a levare il capitano dalla strada poco prima che la sibilante pallottola sfrecciasse attraverso la strada, andando a colpire il serbatoio di un auto, che esplose, invece di far saltare in aria le cervella di McGuire.

Lo osservavo mentre si avvicinava alla mia macchina. Ora stava girando intorno alla vettura, pur non riuscendosi ad avvicinare troppo per via della temperatura; il fuoco ormai si era impossessato completamente del veicolo. Nonostante questo, potevo notare la sua perplessità mentre si aggirava intorno alla carcassa nel non trovare nessun corpo bruciato, carbonizzato o agonizzante.

Dalla mia posizione potei osservare con precisione le fattezze e la movenze del mio primo nemico della serata, oltre che confermare ciò che avevo sospettato. Più di una volta si era avvicinato al limitare del bosco, tanto da farmi temere che mi avrebbe individuato, ma a quanto pare l’agiatezza della vita da mercenario gli avevano fatto perdere completamente l’istinto da cacciatore di un SEAL.

Passarono una decina di minuti buoni, nel mentre quello stronzo traditore del mio capo-corso cercava di ispezionare con la massima cautela il veicolo, prima che prendesse in mano la ricetrasmittente per avvisare, probabilmente, della mia inspiegabile scomparsa.

Si voltò verso il cancello come per cercare il segnale del walkie-talkie. Grave errore. Sgusciai fuori dal nascondiglio come una tigre pronta a balzare sulla preda. Poco prima che lui premesse il pulsante per attivare la trasmissione, le mie braccia ancora muscolose gli circondarono il collo, soffocando il suo grido di sorpresa. Gli assestai un manrovescio dritto ad altezza della mascella, rompendogli il labbro e qualche dente. Quando si voltò per guardare l’assalitore che ormai l’aveva in pugno, lo sguardo di sorpresa che vidi nei suoi occhi fu in un certo senso divertente.

«Brutto figlio di puttana, vedo che ti piacciono ancora le maniere pesanti eh. Che cazzo ci fai qui?»

«Signore, potrei fare la stessa domanda a lei – dissi con il mio innato contegno e rispetto per i superiori, che mi aveva permesso di scalare i gradini dello SPECWARCOM – ora, gentilmente, se mi facesse la cortesia di comunicare ai suoi superiori della mia morte, le sarei molto grato».

«Vai al diavolo, io non dico un cazzo, dovrai passare sul mio cadavere».

«Era proprio quello che speravo di evitare; non devo illustrarti i modi con cui trattiamo i prigionieri che non collaborano, vero James?! Dovresti ricordarteli molto bene».

Con un ghigno estrassi il coltello da combattimento dalla fondina sul petto del mercenario. Feci scintillare la lama alla luce della luna, ammirando quel preciso strumento dell’ingegneria svizzera, per poi riportare lo sguardo su un McGuire decisamente impaurito. Gli serrai la mascella con la mano sinistra, affondando con un colpo deciso e preciso il coltello nella coscia destra. Potei capire il dolore provato dall’uomo solo guardando gli occhi che roteavano vorticosamente per trattenere un pianto.

Lasciai la presa.

 «Ti rammento che tu hai ancora un conto in sospeso con me, o forse ti sei scordato il bordello che hai combinato in quelle fottutissime montagne?»

 «Va bene cazzo – disse ansimando – passami quella fottuta ricetrasmittente, veloce finocchio».

Premette il pulsante centrale: «Capo, soggetto eliminato, la minaccia è passata all’altro mondo».

«Molto bene». Gracchiò una voce quasi metallica.

 Furono le ultime parole che sentì quel povero uomo. Il coltello penetrò facilmente la parte inferiore del collo, arrivando in breve tempo al cervello. McGuire se ne era andato e ora avevo un problema in meno.

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Finalmente si comincia ad entrare nel vivo dell'azione. Spero che il racconto vi stia piacendo e che vi coinvolga abbastanza. Fatemi pure sapere qualsiasi cosa nei commenti e non esistate a correggermi. :) a breve usciranno i prossimi capitoli.

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