Capitolo 5.

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Si sentì sollevata di sapere di non essere un disturbo per quel ragazzo che pur non volendolo ammettere le mancava.
La mancanza è davvero una brutta cosa... la sensazione di incompletezza che ti porti dentro quando ti manca qualcuno è incolmabile. Si puo' provare qualsiasi rimedio e si il tempo sana alcune ferite ma altre le lascia esattamente così come sono ... forse le chiude in qualche remoto cassetto nell'archivio della mente ... ma basta uno sguardo , una parola , un messaggio ... ed ecco che tutto torna fuori.


"Quando tornerai a Riverdale?" Chiese preoccupato il ragazzo,
"Non lo so Archie... spero presto" Disse un po' sconfortata.
"Cosa ci fai lì?" La voce di Archie era così dolce "Mio padre ha ricevuto una telefonata urgente da parte di un vecchio amico ,e siamo dovuti venire qui .... Purtroppo credo dovrò restarci per molto dato che domani inizio la scuola qui."
"Inizi la scuola??Ma lascerai le cheerleaders le Vixens ... lascerai tutto qui a Riverdale.." Il ragazzo pian piano stava ricordato quante parole non le aveva detto , quante cose non aveva fatto con lei , e pian piano il rimpianto di queste cose mancante gli rese l'aria pesante da respirare e non sapeva che per la ragazza era lo stesso.
"Lo so Archie e non sai quanto vorrei tornare a casa da Jughead ,Betty ,Veronica ... da te"
Quella frase fece tremare il cuore ad entrambi e Archie Andrews non potè fare a meno di sorridere a quell'affermazione .
"Vorrei tanto averti qui con me" Confessò il ragazzo.
Ma il discorso stava diventando troppo serio e la ragazza dagli occhi verdi non aveva voglia di riaprire ferite e soffrire ancora ,soprattutto in quel momento in cui non sapeva quando avrebbe rivisto quel ragazzo che tanto la fece stare bene e altrettanto male.
"Archie..devo andare" Preferì chiudere lì la chiamata , anche perché ormai era quasi arrivata
"Non sparire ... per qualunque cose chiamami ,ci sarò sempre." Quella frase finale quante volte l'aveva sentita
"Si me lo hai già detto tante volte. Grazie." Questa volta il tono della ragazza fu di una freddezza glaciale.
La conversazione finì e Jo si concentrò principalmente sull'espressione del padre e dei losers... erano spaventati.
" E' successo qualcosa?" Chiese guardando il padre ... aveva una faccia molto scossa come quasi ogni membro presente in quell'hotel , in mano aveva una barchetta di carta con su scritto un nome ... 'Georgie'.
"Papà ... chi è Georgie?" Quella domanda fu una tortura per Bill Denbrough.
Ricordò di quella sera in cui il piccolo fratellino uscito fuori per giocare con la sua barchetta non fece ritorno.
Fu trovato una parte del suo piccolo impermeabile giallo e una caloscia di gomma. Se solo fosse stato con lui ora sarebbe vivo.
Georgie morì quella sera fredda e piovosa e non tutti sapevano il vero motivo.... Era stato brutalmente divorato da ... da cosa?
Come si fa a definire qualcosa che non si conosce perfettamente?
Come si definisce una parte del peggior male presente sulla terra?
Un mostro?
Un essere cattivo ?
Spesso forse la gente dimentica che in fondo ... siamo tutti cattivi nella storia di qualcuno.
"Papà?" Bill si mosse scattando come se si fosse appena risvegliato da un sogno.
Aveva addosso gli occhi di tutti gli altri che forse erano stupiti del fatto che Jo non sapesse di quello che accadde allo zio.
Quante cose quella ragazza riccia non sapeva.
Quante cose avrebbe scoperto , quante cose avrebbe vissuto in quella città che al momento tanto odiava.
"Andiamo si sta facendo tardi."
Bill Denbrough si girò e iniziò a camminare con la sua corporatura robusta , lo sguardo serio e gli occhi lucidi.
La ragazza si avvicinò a Beverly chiedendo "Ne sai qualcosa?" e purtroppo ricevendo un "Sarà lui a parlartene".
Il pranzo fu silenzioso ,troppo silenzioso. A differenza della cena della sera prima tutti erano scossi dalla mattinata che avevano vissuto di cui ovviamente la ragazza non sapeva nulla.
Ogni singola persona seduta a quel tavolo aveva un caos nella mente così forte da non riuscire a pensare a nient'altro.
La mente di Jo pensava solamente al fatto di essere così esclusa dalla vita di chi le era più vicino ... pensava solo a quante cose non sapeva e forse era meglio non sapere.
Perché se non sai non soffri , ma dal momento in cui sai inizia l'agonia che porta ad una rapida decadenza... ad un rapido crollo.
Un nuovo messaggio le fece vibrare il telefono in tasca , sott'occhio lo guardò ed era sempre suo ...di quel ragazzo che non era consapevole di quanto l' avesse distrutta.
"In questi giorni ho ripensato un po' a come ti ho trattata e a come ti ho lasciata.."
La ragazza non ebbe la forza di continuare a leggere.
Si alzò "Non ho fame" E andò via da quella sala.
Tutti erano visibilmente preoccupati e lei stava per avere una crisi emotiva anche se voleva nasconderlo.
mise le cuffiette nelle orecchie iniziò a camminare.
Andò nell'unico posto che fino a quel momento le ispirava... la cava.
Si sedette con i piedi appesi giù a quell'alto scoglio e iniziò a guardare l'acqua.
Stare da sola ormai era di routine , in ogni caso si sentiva sola anche in mezzo alla gente quindi...
Avrebbe tanto voluto avere un'altra vita ... avrebbe tanto voluto sentirsi importante almeno per la sua famiglia.
Invece sentiva che non importava a nessuno.
Non piangeva ormai da tanto , non voleva sprecare neanche una lacrima per chi non lo meritava , ma aveva così tanta rabbia dentro.
"Capita di sentirsi così " Si girò di scatto togliendo le cuffie ,verso quella voce e fu quasi sorpresa quando vide che apparteneva al ragazzo con cui poche ore prima si era scontrata.
Si sedette accanto a lei "Qual è il problema?" Le chiese
"Credi che io parli con uno sconosciuto che mi ha dato della stupida dei miei problemi?"
Il ragazzo sorrise , porse la mano alla ragazza "sono Bill" la ragazza lo guardò negli occhi , poi gli strinse la mano più grande della sua ,entrambi avevano delle lunghe dita sottili e unghie curate. "Sono Jo"

Sentiva che in quel ragazzo c'era qualcosa di strano , di particolare.
"Allora Jo che ci fai qui tutta sola?" Chiese in modo scherzoso il ragazzo "Nulla , volevo stare un po' da sola" Rispose. Era vero.
Aveva bisogno di prendersi un po' di tempo per sé.
"sei nuova qui a Derry , non ti ho mai vista " in fondo sapeva già la risposta
"Si sono nuova qui"
"Resterai per molto?" chiese il ragazzo di nome Bill
"Non lo so esattamente ma suppongo di si "Gli occhi iniziarono a diventare lucidi , tutti crollano dopo un po'.
E questo quel misterioso ragazzo comparso dal nulla lo sapeva.
"Che succede?" Chiese guardando la ragazza che guardava in alto le nuvole provando a tirare indietro le lacrime.
"Nulla ... un po' tutto in generale.." Era così , spesso ci vuole un attimo per dimenticare una vita ... ma a volte non basta una vita per dimenticare un attimo.
Non pianse , riuscì anche quella volta a tirare indietro quelle lacrime amare ...
"E' quella sensazione che è difficile da mandar via e a volte è impossibile" Disse il ragazzo quasi come se le leggesse nella mente
"E allora io che dovrei fare..." La voce le tremava
"Lascia andare... tutto quello che ti sta frullando in quella testa lascialo andare , ogni sensazione che avverti sulla tua pelle lasciala andare"
Forse quel ragazzo aveva ragione .. forse avrebbe davvero solo dovuto lasciar andare,
"Come faccio a lasciar andare cose legate a me?" Chiese la ragazza sorridendo per non piangere
"Spesso per sciogliere un nodo basta solamente tirare dalla parte giusta"
"E qual è la parte giusta?" Chiese la ragazza
"Quella che ti fa star bene , non importa quante persone possono pensare il contrario ...se ti fa stare bene è la cosa giusta sappilo." La ragazza guardò l'acqua di quel lago sottostante e sorrise .

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