2. Too much

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Mi risvegliai nel letto che era stato mio tanto tempo prima. Le prime luci del giorno entravano leggere dalla finestra. Socchiusi gli occhi perché l'improvviso scambio da buio a luce li fece bruciare. Mi guardai intorno curiosa di vedere se qualcosa fosse effettivamente cambiato, poi mi resi conto di una figura al mio fianco addormentata. Era Isaac. Avevamo dormito insieme quasi tutte le notti. Riusciva a calmarmi dopo i miei incubi ricorrenti. E io lo aiutavo con i suoi. Vivevo e rivivevo quella notte, l'ultimo scontro con il Nogitsune. Lui invece era ancora succube degli incubi sul padre: la maggior parte delle volte si ritrovava rinchiuso in uno spazio limitato senza alcuna via di uscita. Diceva che se svegliandosi mi avesse trovata al suo fianco sarebbe riuscito a tornare più velocemente e con più facilità alla realtà. Provavo le stesse cose. Eravamo stati l'uno l'ancora dell'altra per tutti quegli anni, non avevamo nessun'altro oltre a noi. Avevo già raccontato come i rapporti con i miei genitori non fossero mai stati dei migliori, devo dire che con gli anni le cose un po' erano cambiate, ma con questo segreto enorme, più grande di me, di noi, del mondo, avevo cercato il più possibile di star loro lontana. Per proteggerli. Prima di partire per Beacon Hills, però, pregai Isaac di accompagnarmi da loro per un paio di giorni: avevamo già sperimentato la morte, non volevo rischiare di andarmene senza aver loro dato un ultimo abbraccio, un ultimo bacio. Senza aver ricevuto un'ultima carezza da mia madre, un ultimo sorriso da mio padre. Senza aver loro detto per l'ultima volta il bene che li volevo. Così andammo a trovarli. Isaac era entusiasta all'idea di conoscerli. Farneticava tutto il tempo su quanto «onorato, contento e ammaliato fosse di aver incontrato coloro che avevano avuto una figlia che gli aveva salvato la vita», i miei ingenuamente credettero che quell'espressione fosse un'esagerazione, ma in realtà non comprendevano quanto niente di più vero esistesse. Ci eravamo salvati la vita a vicenda. Dover dire a mia madre e a mio padre che la loro bambina non fosse più una bambina, ma un mostro con zanne e artigli, fu traumatico per tutti. Ma almeno, non avrei più dovuto nascondermi ed evitarli, se avessimo avuto un'altra possibilità di rincontrarci e passare insieme quei pranzi della domenica che mi mancavano da impazzire.
Feci per alzarmi dal letto e andare al bagno per farmi una doccia fredda, così da togliermi la pesantezza del giorno passato, però Isaac, svegliatosi d'improvviso dopo non aver più percepito la mia presenza al suo fianco, mi bloccò per un polso. «Te l'avevo detto che non sarebbe stata una buona idea venire qua.» lo guardai comprensiva. Sapevo che se diceva così era solo perché entrambi avevamo perso una parte importante di noi in quella città. Una parte che avevamo cercato con molta fatica di sotterrare e che non avremmo mai voluto portare di nuovo alla luce. Adesso però sarebbe stato inevitabile. Mi allungai verso il suo viso e gli lasciai un bacio dolce sulla guancia. «Torna a dormire.»
«Sai che non ci riesco senza di te.»
Gli regalai un sorriso dolce «Mi vado a fare una doccia.» e così entrai nel bagno, chiudendomi la porta alle spalle. Aprii l'acqua e la lasciai scorrere mentre mi toglievo di dosso i vestiti del giorno prima, con i quali poi avevo dormito. Me li lasciai scivolare lungo il corpo. Poi entrai in doccia e l'acqua tiepida iniziò a cadere sul mio corpo, e i nervi a fior di pelle si rilassarono. Fu una doccia breve ma rigenerativa. Mi sentii rinata quando uscita dalla doccia mi avvolsi in un asciugamano bianco e mi guardai allo specchio appannato. Ci passai una mano sopra per vedermi meglio. I solchi neri sotto gli occhi erano un segno del sonno disturbato della notte precedente e delle notti prima ancora. Tornai in camera mia, scoprendo che Isaac aveva cambiato stanza. Aprii la valigia con i vestiti e mi misi addosso un paio di pantaloni della tuta grigi e una maglietta bianca larga. Scesi le scale e trovai il biondo preso a fare il caffè con la moka. Il profumo della bevanda riempiva la stanza.
«Pronto ad una giornata estenuante?» gli chiesi, seduta su uno sgabello della penisola. Lui mi guadò, già stanco all'idea. Tolse dal fuoco il caffè e lo versò in due tazzine. Notai che nel tempo che io avevo passato con Stiles la sera precedente, Isaac aveva iniziato a disfare gli scatoloni del trasloco. «Vedo che ti sei già dato da fare.» gli dico allora.
«Non sapevo cosa fare ieri sera, mentre ti aspettavo.» alzò le spalle. «Siete stati fuori almeno un'ora.»
Spalancai gli occhi. Non mi ero resa conto di aver passato tutto quel tempo con Stiles, credevo di esserci stata massimo mezz'ora. D'altronde il tempo passa più velocemente quando si sta bene, è risaputo. Avevo già avuto conferma che, con il moro, il tempo non voleva sentire scuse, fuggiva da noi celere. Ricordo di aver pensato, in quegli anni lontana dalla cittadina di Beacon Hills, come tutto fosse avvenuto in un attimo. Un battito di ciglia e la vita non era più stata la stessa. Finii ciò che era nella tazzina e guardai l'ora. Eravamo rimasti d'accordo, con il branco, di incontrarci davanti a scuola prima dell'inizio delle lezioni e Liam, Mason e Corey sarebbero andati a scuola normalmente e noi altri saremmo restati nei paraggi nel caso notassero qualcosa di sospetto. Tutti, in realtà, speravamo che per una volta i comuni cittadini sarebbero stati lasciati in pace, ma visto i precedenti nessuno riusciva davvero a crederci.
Posai la tazzina nel lavandino, Isaac fece lo stesso e insieme uscimmo di casa chiudendo la porta di casa a chiave perché in quella città non si può mai essere al sicuro che nessuno ti entri in casa per ucciderti. Salimmo in macchina e andammo al liceo di Beacon Hills. Trovammo la maggior parte del branco ad aspettarci seduta ad un tavolino del cortile. Aspettammo con loro Liam, Theo, Mason e Corey. «Dove sono gli altri?» chiesi.
«Non lo sappiamo, di solito sono sempre puntuali.» rispose Scott, scrollando le spalle.
Posai gli occhi su ognuno di loro. Malia stava guardando Scott, che la guardava a sua volta. Si capiva lontano un miglio che tra loro c'era qualcosa. I loro sguardi erano carichi d'amore. Lydia era concentrata sulla sua tazza di caffè. Stava passando il dito indice sul bordo, persa nei suoi pensieri. Non aveva alzato gli occhi dalla tazza nemmeno quando Isaac ed io eravamo arrivati, dicendo un "ciao" generale. Stiles mi guardava, tutto quello che leggevo sul suo viso urlava paura. Isaac aveva il solito sguardo disinteressato, ma sapevo che sotto quell'aria da menefreghista c'era un'enorme preoccupazione per quello che sarebbe potuto succedere. Ed io, be' io non sapevo più cosa pensare, o come sentirmi. Sembrava di stare in un loop infinito.
Dopo poco arrivarono i quattro ragazzi mancanti all'appello. Scott si raccomandò di stare attenti e di tenersi alla larga da eventuali problemi. Poi ci dividemmo in due gruppi. Scott, Malia, Stiles ed Isaac avrebbero fatto un giro per i boschi, in vicinanza del Nemeton e avrebbero cercato eventuali prove dell'arrivo dei vampiri in città. Mentre Theo, Lydia ed io ci saremmo concentrati nel capire il perché. Ci spettava una mattinata con Deaton e ricerche. Poi al termine delle lezioni ci saremmo ritrovati alla clinica.
«Andiamo.» disse la rossa e la seguimmo in macchina.
Arrivati alla clinica, Deaton ci raccontò di avere parlato con il capo dei Vampiri, Athos. Egli li aveva detto che stava inviando una squadra a cercarli e che sarebbero dovuti arrivare entro la fine della giornata. Ci avrebbe chiamati al loro arrivo, nel frattempo noi dovevamo capire il perché tutto ciò stesse succedendo. Ci postammo ed andammo a casa di Lydia.
Dopo un pomeriggio intero passato a ricerche senza frutto tornammo alla clinica.
Là trovammo il resto del gruppo e due persone a noi sconosciute. Stavano già parlando.
«Piacere, io sono Elizabeth.» disse la ragazza bionda. «Lui, invece, è William. Stavamo giusto spiegando a Deaton che i due vampiri mancanti all'appello sono due neonati. Sono vampiri da appena pochi anni.»
«Abbiamo dei nomi?» chiese Stiles.
«Sì. Jason Peterson e Alice Hale.»

I still dream about you | Stiles StilinskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora