Capitolo 2- Presa di coscienza.

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Perché Carlotta mi ha abbandonato durante il mio momento di gloria? Perché non è stata accanto a me a godersi la nostra festa? Perché mi ha baciato così intensamente.

Dovrei leggere la lettera, ma ho paura.

Ho paura che dentro ci sia scritto che vuole lasciarmi. Eppure io l’ho sempre trattata come una principessa.

Quando non ero a scuola o in palestra, ero sempre con lei. Le ho regalato giardini di rose e tonnellate di gioielli, le ho fatto provare tutte le migliori pietanze che servono nei ristoranti chic della città, l’ho portata a Parigi per il primo anniversario e a New York per il secondo.

Quando l’ho baciata davanti alla tour Eiffel lei aveva un sorriso bellissimo, uno di quei sorrisi che si sfoggiano solo davanti a un arcobaleno o a un tramonto mozzafiato. Io ero il suo arcobaleno, ero il suo tramonto mozzafiato. Per lei ero ciò che di più bello esisteva sulla terra. E lei lo era per me.

A New York ho realizzato di avere il desiderio di crescere dei bambini con lei. Era così appassionata e curiosa, come se fosse nel suo habitat naturale, senza averci mai vissuto.

Conversava fluentemente con tutti, rimanendo con gli occhi sgranati e con la bocca spalancata per ogni nuova informazione, ogni nuovo aneddoto e ogni piccola curiosità che le veniva raccontata.

Lì, sulla Fifth Avenue, mano nella mano, mi sentivo felice.

E adesso? Adesso non sono felice. Ho paura, e ho bisogno d’aiuto.

Chiamo mia sorella che è nella stanza adiacente alla mia e le dico di venire subito qui.

Lei arriva, più veloce del solito e, soprattutto, senza fare storie.

«Jenny, mi fido di te. Sono sull’orlo di una crisi, apro la lettera?» chiedo a mia sorella con uno sguardo degno di Jack Nicholson in “Shining.”

«Non lo so» dice con uno sguardo disorientato.

«Tu sai cosa c’è scritto?»

«Si, ma ti giuro che ero contraria a tutto.» replica lei con uno sguardo mortificato.

Vorrei leggere ogni singola riga di questa dannatissima lettera, ma ho paura. Ho davvero paura.

Guardo mia sorella negli occhi per cercare di sbirciare qualche emozione che la sua anima lascia trapelare, e la vedo piangere. Piangere per me. Piangere per pietà.

Immediatamente mi torna tutto in mente. Il viaggio a Londra  per il terzo anniversario, posticipato perché dovevo studiare per un esame. Il matrimonio di sua zia a cui non ho partecipato perché era il giorno di allenare bicipiti e tricipiti in palestra. Tutti i sorrisi che non mi ha mostrato e tutti i baci che non mi ha concesso.

Lei mi ha lasciato perché sono uno stronzo.

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