Seokjin - Epiphany

81 27 82
                                    

Epiphany (o meglio, theophany)

( ⚠️ Blasfemia di fondo. Non mi scuso con chi sia religioso: amo mischiare sacro e profano per creare una cacofonica amalgama di immaginifiche empietà. ⚠️)


Assolutamente dedicato ad E., che per i simbolismi va pazz*

Lontano il tuon rimbomba.
Rosseggia l'orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece a monte
(Pascoli, Archivio di casa Pascoli, cp 191 Myricae)

L'alluminio che avvolgeva le pastiglie di Adderall scintillava nel palmo della mano di Seokjin. Si chiese quando quella roba avrebbe finito il suo effetto, se fosse diventata solo un placebo, o se lo avrebbe ammazzato di lì a poche ore.
Era sicuro di aver esagerato con le dosi.
Erano quarantotto ore che non dormiva. Trentacinque che faceva la spola tra la sala prove, lo studio di registrazione e la palestra.

Era come stare in un incubo ad occhi aperti. Un girone dell'inferno non sarebbe stato poi tanto diverso. Eterno, immutabile.
Ma al posto di un demone peloso e armato di forca, lui stesso.
Lui e la sua ambizione.
A condannarlo allinfinito.
Perché non stava al passo.
Perché non era mai abbastanza.

Le corde vocali ormai logore e sfilacciate, l'ugola infiammata, i polmoni disidratati.
I polpacci di cemento, i tendini come tizzoni ardenti, le ginocchia di cristallo.
La stanza era vuota, impregnata solo dei suoi ansimi. Gemiti di sconforto.
Le ore scorrevano lente, affaticate, stremate da quel ritmo logorante.
Un malato e psicotico eterno ritorno dell'identico a inglobarlo nel suo vortice fino ad annientarlo, a spersonalizzarlo.
A farlo sparire.

Ora Seokjin non era sicuro di essere sveglio. Il giorno e la notte avevano lo stesso sapore amaro.
Sapevano di insoddisfazione, di sconfitta.

Primo giorno.
E fu sera.
E fu mattina.
Seokjin non aveva talento.
Non era abbastanza.
Non era nessuno. Non era niente.

Ora camminava in una distesa verde su una polverosa strada di sabbia pallida.
In lontananza un piccolo villaggio di poche case disposte a semicerchio.

Alle sue spalle il tramonto incendiava la brughiera.
Il sole si abbassava lentamente sull'orizzonte; ma in modo doloroso, come calandosi lentamente sulla lama di quel gladio che già, in passato, aveva conosciuto il sapore ferreo del sangue della regina cartaginese.
La stessa spada che macchiata della morte di così tanti uomini, eppure ricordata per il destino di una sola donna.
La spada dell'ambizione dardana.

Secondo giorno.
E fu sera.
E fu mattina.
Seokjin non aveva talento.
Non era abbastanza.
Non era nessuno. Non era niente.

Le punte dei fili d'erba si tingevano di gocce d'oro, capelli di una ninfa avvolta nella seta all'alba.
Il caldo era stranamente soffocante anche a quell'ora del giorno, quando l'aridità del pomeriggio avrebbe dovuto cedere il passo all'umidità della sera.
Il canto delle cicale creava un piacevole ronzio di sottofondo all'arsura.

Si alzò il vento. Un vento immotivato, senza direzione, senza vigore.
Il polline danzava nell'aria, come se fosse polvere, come se fosse brace.
I tizzoni ardenti lo investivano, bruciavano la sua pelle e si incastonavano nella carne viva, ancora pulsante. Brillavano incandescenti e imporporati come vetro rubino.
Tanto belli quanto dolorosi.
Una serie di cicatrici di guerra. Medaglie al valore.
Diamanti.

Terzo giorno.
E fu sera.
E fu mattina.
Seokjin non aveva talento.
Non era abbastanza.
Non era nessuno. Non era niente.

Intorno a lui un'anomala quiete, solo in lontananza lo scalpiccio di qualche animale irrequieto chiuso in una stalla del villaggio.
Il calore che aumentava, il vento che ora sibilava fra le fronde degli alberi.
Il polline ardente continuava la sua danza.

Aʀᴇ ʏᴏᴜ ʙᴜʟʟᴇᴛᴘʀᴏᴏғ ʙᴇʜɪɴᴅ ᴛʜᴇ sᴛᴀɢᴇ? || ᵇᵗˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora