Tokyo
Ad E. che conosce le parti più voluttuose del mio animo.
(⚠️ Erotismo, edonismo, blasfemia⚠️)Why do love and hate sound just the same to me?
(Kim Namjoon, Mono)
Le tapparelle erano abbassate.
Da sotto la porta filtrava lo spiraglio dorato e scintillante della luce accesa in corridoio. Sembrava un dito di fiamma che si insinuava scivoloso e bollente nella camera.
La piccola abatjour dalla copertura di tela a fiorellini rosa illuminava fioca l'angolo della stanza dove erano state calciate via un paio di scarpe di vernice e un paio di sandali con il tacco alto.
Un peccaminoso gioco di chiaroscuro si dipingeva sul mobilio che allungava le sue ombre a dismisura.
Le pennellate dense e le ricche campiture dei quadri espressionisti alle pareti ruggivano intrappolate nei loro movimenti lascivi. Fremevano per uscire dalle loro cornici ed unirsi al sabba gregoriano che si celebrava nella stanza.
Il largo tappeto persiano impreziosiva il legno caldo di ciliegio del parquet. Gli innesti di filigrana scintillavano nella penombra fra i sapienti giochi della trama del tessuto e le frange annodate a mano alle estremità si sovrapponevano accarezzandosi disordinate.
L'enorme letto matrimoniale regnava padrone indiscusso sulla stanza, ne dominava gli oggetti, si ergeva superbo e sprezzante di qualsiasi madrigale.
Quel legno dal tono intenso sembrava sapere cosa avrebbe portato in seno fino alla fine dei suoi giorni.
Le scure colonne tortili si avvitavano piroettando sensuali su sé stesse, reggevano il drappo di velluto color vinaccia del baldacchino.
Dal copriletto damascato tono su tono, ora ridotto ad una massa informe ai piedi del letto, penzolavano alcune piccole nappe di passamaneria dorata.
Le lenzuola candide, ora sfatte e stropicciate, erano scivolate a terra da un lato, trascinando con sé anche lo stretto tubino nero e quello che rimaneva di un papillon di raso sgualcito.
La camicia bianca gettata poco più in là. Un bottone più lasso, appeso solo da un filo, era quasi stato strappato via nella foga del momento. Era stata tolta da quel corpo tonico e definito così velocemente, che quasi si potevano ancora percepire le dita della donna sfregarne il tessuto costoso.
Allo stesso modo, dal fermaglio per capelli che giaceva vicino ad un piede del letto, era caduta una perlina che era rotolata più lontano.
Sul tavolino di vetro lucido, a metà strada tra l'area notte e la pesante scrivania di mogano che faceva concorrenza al letto per il predominio sulla stanza, vi erano una bottiglia di champagne mezza vuota infilata in un secchiello argentato colmo di ghiaccio, due bicchieri, caviale, fragole e dei rotoli di banconote tenute insieme da un elastico arancione.
Una ventiquattrore di pelle di struzzo tinta di nero era abbandonata poco lontano sulla scrivania, insieme ad una piccola pochette ricoperta di ricami arabeschi dal sottotraccia di filo argentato.
L'atmosfera era densa, palpabile, già pesante di ansimi.
Incenso e sudore nell'aria.
Odore di carni spossate, di reni scalpitanti.
Le lunghe dita di Namjoon seguivano il profilo del collo della donna distesa sotto di lui.
E non era chiaro se volesse spezzarlo o accarezzarlo.
I petti bollenti che si sfioravano.
Le labbra gonfie che si cercavano.
Per baciarsi.
Per mordersi.
Per amarsi.
Quando si abbassava su di lei, poteva sentirle il cuore pulsare violento contro il suo.
Con il suo.
Come se fosse stato scorticato, come se potesse afferrare fra le mani la sua gelatinosa linfa di sangue.
Sentiva le sue unghie laccate di rosso affondargli nella schiena, tracciarne dei solchi ardenti.
Oh, se ne voleva di più.
Si sarebbe lasciato scuoiare vivo da lei.
E gli sarebbe anche piaciuto.
Ansimò tra i denti stretti, affondando il viso fra i suoi capelli. Quei bellissimi capelli neri, setosi e lucenti che si sparpagliavano come inchiostro fra i cuscini bianchi.
Come un'aureola.
Se ne attorcigliò una ciocca su un dito e tirò leggermente, osservando il volto della donna che si lasciava andare a quel calore formicolante.
Lei gemette, dischiudendo le labbra bagnate e si sciolse nel piacere.
Spalancò gli occhi liquidi e brillanti, quando percepì le grandi mani inanellate di Namjoon agguantarle le cosce con spietata gentilezza.
Inarcò la schiena che scricchiolò come a pregare lui di venire spezzata.
I muscoli delle braccia della donna si tendevano a ritmo con le dita dell'uomo, per reggere il peso del suo corpo che ora raggiungeva quello del suo amante sopra di lei.
Namjoon agguantò fra i denti quel sottile strato di pizzo nero rimastole adagiato delicatamente sulle anche ossute e si abbassò sulle sue gambe, lentamente scese fino alle caviglie.
E lei strinse i pugni fino ad impiantarsi le unghie nei palmi, quando sentì le sue labbra umide e calde risalirle un polpaccio. Bruciavano come brace sulla sua pelle.
Oh, se ne voleva di più.
Si sarebbe lasciata bruciare viva da lui.
E le sarebbe anche piaciuto.
Gli afferrò i capelli e lo tirò a sé. Le mani che ne cercavano convulsamente il bacino per premerlo contro il suo.
Per avere lui.
Per avere lui solo.
Namjoon le afferrò il collo pallido e sottile con una mano, strinse leggermente mentre la baciava.
Quel gemito di piacere soffocato che le sfuggì dalle labbra carnose era come miele per le sue orecchie.
Era estasi.
Era ascesi. Ascesi ma verso il basso.
Verso l'impetuoso vortice che giù, nel Tartaro, trascinava per l'eternità i due amanti adulteri.
Ora i due corpi si fondevano violentemente l'uno nell'altro.
Lei sentì il ventre andare a fuoco.
Lui un brivido caldo spezzargli a metà la spina dorsale.
Piccole gocce di sudore gli imperlavano la fronte e scintillavano nella luce di fiamma come fossero diamanti.
I denti digrignati in un ghigno lascivo.
I gemiti di lei spezzati dall'armonico e deciso ritmo delle anche di lui.
La sollevò da sotto di sé come fosse finissima sabbia leggera, i corpi ancora premuti l'uno contro l'altro.
Subito si ritrovò a sgomberare la scrivania dalle carte che vi erano disposte sopra con una mano. La tazza vuota si frantumò a terra. Lei rise sulle sue labbra all'udirne il gemito di dolore che gli sfuggì mentre la appoggiava delicatamente sul piano ora libero e schiacciava sotto un piede nudo un coccio rotto.
Allacciò le caviglie intorno alla sua vita stretta, bloccando le gambe dietro ai suoi lombi.
Lo tirò a sé in un bacio disperato, mentre ne accompagnava il movimento spietato e dolce del bacino.
Tracciò il solco più profondo sul suo addome di sale con un dito, lui ansimò.
Per la fatica, per il piacere.
Le afferrò i capelli con una mano e la costrinse a piegare indietro il capo. I tendini del collo in tensione bruciavano come se si stessero per lacerare, schioccando come elastici.
Le morse la gola delicatamente.
Oh, se ne volevano di più.
Lui.
Lei.
Che differenza faceva? Erano un'unica cosa. Un'unica anima.
Era la donna della sua vita.
Non c'era niente, niente che avrebbe mai potuto rimpiazzarla.
-Ti amo. - Le ringhiò all'orecchio in un sussurro strozzato, con la voce rotta dallo sforzo.
Lei senza fiato, si limitò a baciarlo con violenza, con foga.
Con tutta sé stessa.
Si perse a guardarla con occhi sognanti in quel miscuglio di sensazioni che gli sconquassava le reni.
Era bella.
Era bellissima.
Era la cosa più bella su cui i suoi occhi si fossero mai posati.
Dal primo momento che l'aveva vista se ne era innamorato follemente.
Fino a perdere la testa. Fino a diventare completamente folle.
Viveva per lei.
No, non poteva esserci di meglio.
Non poteva esserci di meglio che amarla così, in modo vero, in modo primordiale. Posseduto dal tocco delle sue mani delicate, dalla sinfonia dei suoi gemiti.
E poteva averla.
Era sua.
Era completamente sua.
La strinse a sé ancora di più.
Un abbraccio disperato, quasi a volere che i corpi si fondessero l'uno nell'altro come fossero cera.
Come se stesse per perderla.
Come se fosse l'ultima notte con lei prima di una sentenza capitale.
E con lei ogni notte era l'ultima perché la vita, il mattino dopo, non era altro che una condanna a morte.
La sollevò di nuovo, camminando velocemente e sorreggendola dalle cosce magre.
I muscoli sviluppati delle braccia in tensione si tingevano dei colori fiammeggianti della luce fioca della lampada.
La adagiò a letto con una delicatezza estrema, come se stesse tenendo fra le mani un oggetto di fragilissimo e prezioso vetro veneziano.
La fece sua ancora.
E ancora e ancora.
Fino a sentire il sudore seccarsi lungo le tempie, il bacino ardere, i muscoli tendersi convulsamente negli spasmi dell'estasi.
I polmoni si laceravano, il respiro gli si mozzava in gola.
E lei urlava ad occhi chiusi, graffiandogli le spalle, accartocciandosi contro di lui, mentre la vita le esplodeva dentro.
Premendo una guancia contro la sua pelle scivolosa e liscia, Namjoon ricadde ansimante con il capo sul ventre della donna.
Della sua donna.
Le sue mani gli accarezzavano i capelli.
Le circondò la vita con le braccia e, ancora disteso su di lei, la abbracciò come se volesse spezzarla.
Come se volesse frapporsi fra lei e il mondo.
Farle da scudo.
Darle la sua vita.
E lo avrebbe fatto.
Oh, se lo avrebbe fatto.
Sarebbe morto per lei.
Senza il minimo ripensamento.
Era lei che lo faceva sopravvivere.
Era lei che gli aveva insegnato a vivere in principio.
Non c'era niente che Namjoon volesse, se non avere lei.
Lei che non lo avrebbe mai tradito, che non lo avrebbe mai lasciato.
Se avesse potuto chiedere una sola cosa, l'ultima, avrebbe chiesto lei.
Era perfetta.
Era stata creata per lui.
-Ti amo. - Le ripeté, mentre con due polpastrelli accarezzava le curve morbide del suo leggero corpo nudo.
Lei non rispose. Non ce n'era bisogno.
A modo suo glielo aveva detto così tante volte.
E lui lo sapeva.
Oh, se lo sapeva.
Alzò gli occhi.
Sopra al letto troneggiava bellicoso e sofferente un crocifisso.
Namjoon fissò il Cristo e rise.
Rise perché aveva appena posseduto Dio.
E lei, la musica, rise a sua volta.
Rise perché aveva appena posseduto il suo profeta.
A volte ho l'impressione che la vita abbia proprio voglia di cagarmi addosso.
Mi incazzo e mi chiedo "Ma perché io?".
Perché l'universo ha deciso di tediare me con questa tortura? A quanto pare si diverte a vedermi soffrire.
Mi ha fatta nascere con una passione folle per la scrittura e con un profondo odio per i miei scritti. È un supplizio senza fine. Un ridicolo scherzo della storte.
Mentre scrivo mi si dispiega il mondo davanti agli occhi.
Quando rileggo provo un profondo bisogno di vomitare.
I miei scritti non mi parlano come vorrei, non mi appagano. Non sono abbastanza.
E li amo e li odio da morire Cristo.
E sento sempre di non progredire, il livello che voglio raggiungere è sempre più lontano. Le mie abilità sempre troppo scarse (motivo per cui non ho avuto il coraggio di scrivere davvero su questa piattaforma negli ultimi quattro anni).
E dio, quando leggo le cose degli altri mi sento morire. Perché quelle mi parlano. Perché sono ad un livello a cui non accederó mai.
Vivo per scrivere, morirei se non potessi farlo, ma scrivere mi sta uccidendo.
La cosa che amo di più al mondo mi sta lentamente consumando.
Quindi per coloro che mi chiedono per quale motivo i miei testi siano così cupi, questo è il motivo.
Tutta questa invettiva per spiegare perché ho scelto di usare Tokyo come reference per questa os.A.
⚠️Avviso ⚠️:
DOMENICA FACCIO USCIRE L'INTRODUZIONE E IL PROLOGO DI ALI DI CATRAME!
IL PRIMO CAPITOLO RESTA IN COMING SOON PER IL 15 NOVEMBRE COME STABILITO!
NON STO NELLA PELLE...
(Tra l'altro ho cambiato la forma della trama che trovate qui sotto)
COMING SOON AL COMPLETAMENTO DI QUESTE OS IL 15 NOVEMBRE:Ali di catrame|Sope
Quando la sanguinaria politica di Hingje-pa cambia, Yoongi, un ribelle musicista che ha scommesso la sua vita per perseguire il suo sogno, si trova coinvolto in un violento gioco di potere di cui Hoseok, stella nascente della boxe clandestina, è solo l'innesco.
"Sopravvive solo chi ha ancora qualcosa da perdere, Hoseok. Ma tu hai già perso tutto."
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Aʀᴇ ʏᴏᴜ ʙᴜʟʟᴇᴛᴘʀᴏᴏғ ʙᴇʜɪɴᴅ ᴛʜᴇ sᴛᴀɢᴇ? || ᵇᵗˢ
FanfictionNon è oro tutto ciò che luccica e i BTS lo hanno provato sulla loro pelle. Un'immersione dietro le quinte, lontano dai riflettori, dove i sette colossi del kpop restano da soli coi loro pensieri, restano soli a fare i conti con il lato oscuro della...