Capitolo quattro: Libertà - parte 2

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Era arrivato, dopo una corsa estenuante, e aveva raggiunto finalmente il parco. La trovò lì, dopo aver girato in lungo e in largo, prima di provare sotto il ciliegio più antico, quello che lei aveva amato da sempre, col viso arrossato per il pianto, e le lacrime a bagnarle ancora gli occhi azzurri. Quegli occhi che lo avevano fatto innamorare...

Si passò una mano tra le ciocche, strattonandole appena per la frustrazione, mentre si avvicinava a lei, che a sua volta si era alzata per raggiungerlo. "Lizzy..." sussurrò quel nomignolo che le aveva affibbiato da piccoli non appena lo coinvolse in un abbraccio, senza preoccuparsi di nascondere l'angoscia, quella che lo aveva accompagnato durante tutto il tragitto, che gli riempiva la voce. Forse avrebbe dovuto, ma le sue forze erano canalizzate a porgerle tutto il sostegno di cui aveva bisogno, proprio come avrebbe fatto un vero amico.
E lui lo era.... giusto?

Non lo era invece, non lo era mai stato!

Perché la verità era che Bixlow Justine non era un vero amico, non per Lisanna almeno. Erano cresciuti insieme, e con loro anche i sentimenti del ragazzo, che ben presto oltrepassarono l'amicizia. E si trovò così, senza che potesse rendersene conto e tantomeno impedirlo, ad essere innamorato della sua migliore amica. Si diede dello stupido nello scoprirsi a bearsi di quell'abbraccio, quasi come non fosse di fronte ad una donna fidanzata, prossima alle nozze, e che per una ragione a lui ancora sconosciuta piangeva da chissà quanto tempo.
Il messaggio parlava chiaro "Sono al parco di Magnolia, quello dei ciliegi. Mi vieni a prendere?" era abbastanza ovvio che fosse successo qualcosa con Natsu, avrebbe chiamato lui altrimenti. Era o non era il suo ragazzo? Quello stesso ragazzo al quale, grazie alla propria codardia, aveva permesso di portare via da lui l'amore della sua vita. Perché, quando fai il dongiovanni, e ti risvegli nel letto con donne bellissime e sempre diverse, dopo notti di fuoco tra le lenzuola, ma il tuo primo pensiero ti riporta sempre a quella ragazza dai capelli albini e gli occhi più azzurri del cielo stesso, quello è l'amore. Quello che hai cercato di seppellire sotto mille e più avventure, ricordandoti che ha già donato il cuore ad un altro, e sperando di riuscire a soffrire di meno. Ma è quello che alla fine ritorna a farsi sentire più di prima e, con una ferocia devastante, anche il fatto che non potrai mai viverlo. Era questo per lui Lisanna, quell'amore da non poter mai vivere, ma senza il quale non sarebbe riuscito a sopravvivere. Aveva anche preso in considerazione l'idea di andarsene, ma vano fu il suo unico tentativo di fuga, che lo aveva portato a pensare a lei anche quell'anno e mezzo in cui era stato nella capitale, approfittando della scusa dei corsi di barman. Aveva il sogno di aprire un locale tutto suo, e anche in questo si era ritrovato l'appoggio incontrastato dell'albina.
La strinse forte mentre con lente carezze le saggiava la pelle della schiena, lasciata scoperta dal vestito. Si era vestita così per Natsu certamente, lei non era il tipo da andare in giro scollata per farsi guardare, a meno che non avesse voluto che un certo qualcuno lo facesse, e beh, è normale voler farsi guardare dalla persona che ami.
Quest'ultimo pensiero fece male, e lo scacciò con la stessa violenza con cui era arrivato, ma ciò non toglieva il fatto che Lisanna fosse già impegnata, e che lo fosse perché provava dei sentimenti e si, faceva male. Carezzò la schiena, sconquassata dagli spasmi del pianto, lentamente, imponendosi di non andare oltre, non poteva permetterselo, non era suo diritto.
"Vieni dai." riuscì solo a sussurrarle, per poi condurla verso la sua moto. Aveva bisogno di piangere ancora, e quella casa che lei stessa aveva aiutato a trovare e poi arredare -se qualcuno doveva mettere mano all'arredamento di casa sua, preferiva fosse lei, soltanto lei. Aveva anche avuto brevi relazioni, che finivano però nel momento in cui si parlava di convivenza. Avrebbe dovuto togliere quelle chincaglierie con cui l'albina si era sbizzarrita a riempirgli casa, e questo era assolutamente fuori discussione- e dove, prima che si impegnasse con Natsu, passavano il Sabato sera a guardare film horror sul divano. Incredibilmente era sempre lui, nonostante la sua passione per quel genere, come per l'occulto in generale -aveva anche una discreta collezione di strane bamboline, piccole riproduzioni di totem a cui, secondo internet, erano legati strani sortilegi- ad essere spaventato dalle scene più cruente, ed era lei a mettere costantemente in pausa per aiutarlo a calmarsi, proponendo spesso di vedere altro, salvo poi tornare a guardare il film, tranquillizzata dall'atteggiamento da vero uomo, come diceva suo fratello, che il ragazzo sfoggiava. Non era capace di guardare un film di paura, figurarsi se poteva essere adatto a lei.
Era questo che pensava mentre, dopo essersi assicurato che indossasse anche lei il casco e che era salita in sella reggendosi a lui, dava gas alla Yamaha, diretto ad un unico indirizzo. Chissà che, una volta che fosse stata più calma, gli avrebbe raccontato cosa era successo, così che lui potesse andare a spaccare la faccia a quel vigliacco dai capelli rosa. Sarebbe corso a farlo già quando l'aveva vista piangere, ma la sua priorità era farla sentire meglio. In fondo, si era affidata a lui per questo, e questo era ciò che doveva fare un vero amico. Giusto? Mise finalmente in moto, allontanandola dalla fonte del suo turbamento, che invece si stava avvicinando dal lato opposto della strada, all'altra entrata del parco, vagando con gli occhi verdi in lungo e in largo per trovare la zazzera albina che conosceva bene...

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