Aveva varcato la soglia di quell'aula con un'aria a dir poco seccata: la gola gli bruciava dal eccessivo fumo e gli occhi chiedevano di tornare a chiudersi, così come metà el suo corpo.
Filippo era al primo mese di insegnamento in un'università conosciutissima in Milano, ma era già incredibilmente stanco. Il carico di lavoro era sempre alto e la voglia di licenziarsi in tronco nelle ultime ventiquattro ore era diventata un pensiero assillante. Giovane, bello e intelligente, aveva intrapreso questa carriera grazie alla volontà dei suoi genutori, anche loro insegnanti universitari. Ma quel giovane, seppur bello, non era fatto per stare tutto il giorno con una cravatta al collo ed un gesso in mano.
C'era una ragazzina, di quel corso di filosofia che lui tanto amava spiegare, che lo incuriosiva.
Matricola del primo anno, guance rosse e labbra grandi. Occhi verdi e capelli scuri. Ascoltava con ammirazione, orgoglio. Si sedeva sempre nelle ultime file, non aveva amici, non apriva mai la bocca. Egli dal suo canto aveva immaginato la vita di quella ragazzina: era magari, una ragazza madre, forse orfana. Con mille sogni negli occhi e un ragazzo alle spalle. Con tanti tatuaggi ma poco amor proprio.
Ma quel giorno, no, sarebbe cambiato qualcosa. Lui voleva cambiare le carte in tavola, la voleva.
Voleva conoscerla.
Voleva parlarci,accarezzarle i capelli, baciarla piano.
Voleva averla.
Voleva passeggiare con lei per le strade gelide di una Monza innevata.
Voleva farle da mangiare, e se necessario, baciarla anche fra una forchettata e l'altra.
Lui voleva tutte queste cose che, già in un passato prossimo aveva vissuto con qualche ragazza.
Ma questa situazione era diversa: quel paio di occhi erano diventati un'ossessione.
Prendendo posto l'aveva notata entrare:gonna nera, parigine del medesimo colore e un cappottino in lana bianca. Come un fuoco che l'aveva travolto, si era passato la lingua sul labbro superiore,assaporando ancora il gusto del caffè amaro bevuto prima di uscire.
"Prendete posto, prego"
"Scusi? Posso andare a prendere un caffè?"
"Anche un croissant signorina?"
Tace, mentre io sorrido sornione. Mi piace portare via le parole, possederle. Amo possedere, qualsiasi oggetto. Amo possedere una cattedra così grande, amo possedere. Amo avere potere ma, come biasimarmi, ogni essere umano ama avere il controllo.
Io in particolar modo, amo averlo sulle donne. Non in senso negativo, solo nell'ambito sessuale... poi rispetto ogni diritto e ogni questione, lungi da me essere chiuso di mente e razzista.
Inizio a spiegare mentre, quel paio di occhi oggi, decidono incredibilmente di alzarsi dal foglio e seguire i miei movimenti, le mie labbra, il mio sguardo.
Non posso vedere chissà cosa data la distanza ma, non appena la lezione termina, dal momento che ho il coltello dalla parte del manico, la richiamo.
"Signorina?"
Lei alza lo sguardo, mi osserva mentre estrae dallo zainetto un lecca-lecca.
"Può rimanere un momento?"
Annuisce. Non appena tutti gli studenti si sono dileguati dalla enorme aula, torna a guardarmi.
"Ho notato che il suo comportamento negli ultimi giorni è cambiato...è successo qualcosa?"
Scuote la testa. Abbassa lo sguardo.
"Posso accompagnarla a casa?"
Annuisce. Usciamo dalla porta sul retro, non voglio che i miei colleghi ed in particolar modo i miei genitori mi vedano uscire un una alunna.
"Non parla lei signorina?"
Nega.
"A volte è un bene sa?"
Sorride.
"Timidezza o problematiche?"
"Timidezza"
Parla, flebile, debole.
"Salga pure"
Apro la portiera: arrogante sempre, gentiluomo con chi voglio.
"Via Marchesa 34"
Guido, mentre apre il dolciume ed inizia a leccarlo con innocenza. Costretto a fissare la strada, immagino scene poco consone. A momenti sbando quando per qualche istante, si volta verso di me, con quel dolcetto fra le labbra.
Miracolosamente arriviamo a destinazione.
Sono costretto a respirare perchè altrimenti mi farei volentieri un giro fra le sue gambe qua, sotto il sole di mezzogiorno.
Una mano, sfugge al mio controllo, sfiorandole il viso.
Si blocca: afferro lo stecchino di plastica e tiro fuori dalla sua bocca il dolciume.
Sorrido:infilo nella mia bocca quel dolce, profumato di fragola e al gusto di vaniglia.
Lei rimane sbalordita, mentre istintivamente si avvicina ed io, mentre lei apre la bocca, le rimetto fra le labbra il lecca-lecca.
"Ci rivediamo, vero signorina?"
"Sì..."
"Come si chiama signorina?"
"Anna...lei?"
"Filippo"
"Grazie...grazie per il passaggio"
"Non è l'ultimo...fa qualcosa domani prima di entrare in università?"
"Non penso..."
"Passo a prenderla alle otto. Arrivederci Anna"
"Ciao"
SPAZIO AUTRICE
SISISISISI CAZZO L'HO USCITA LA STORIA SFONDO DADDY PERCHE' CI VOLEVA. SPERO DI AGGIORNARE PRESTO, A VOI I COMMENTI. BACI ALLA MARMELLATA.
FRFUZZY

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SWEETHEART(IRAMA PLUME)
Short Story"Bisogna prendere la vita con filosofia, non crede?" "No, non credo signorina...amo prenderla per i fianchi, così da poterla baciare"