Capitolo 2: Noah

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Noah sussurrò all'orecchio della sua ragazza una frase semplice ma che tralasciava quella parte sdolcinata e si diresse a tutta velocità all'uscita di scuola. Noah aveva un rapporto particolare con la scuola, la ha sempre odiata, la ha sempre vista come una prigione in cui l'unica cosa bella che esisteva era ritrovarsi con gli amici all'intervallo per parlare dei successi su qualche nuovo videogame strano. Lui non vedeva l'ora di finire la scuola e di trovarsi qualche lavoretto da fare. Compiendo 16 anni era deciso a lasciar la scuola, ma poi ricevette la notifica della sua bocciatura e fu costretto a rifare almeno quell'anno.
Adesso aveva trovato qualcosa di bello a scuola, qualcosa che gli desse la forza di alzarsi alla mattina, qualcosa che lo spingesse a non veder l'ora di varcare ogni mattina l'ingresso della scuola.
Quella ragione era Callie.

Con un breve movimento del piede sollevò lo skateboard per prenderlo in mano, uscì dal cancello della scuola, e tramite lo skate arrivò a casa in un tempo record.
A lui non era mai sembrata così corta la distanza tra casa sua e la scuola come in quel giorno.
Era immerso nei pensieri, in realtà non riusciva a pensare a qualcos'altro che non fosse Callie, o il loro futuro incontro.
Stava programmando tutto nel più minuscolo e preciso dettaglio: come si sarebbe vestito, se avrebbe dovuto usare le Jordan o le air max, come avrebbe salutato Callie all'ingresso di casa sua, cosa avrebbero fatto, no in realtà lui sapeva già cosa avrebbero fatto.
Era totalmente immerso nei suoi pensieri che diede poco spazio ai suoi sensi. -BEEEEEEEP- quel rumore infranse i suoi pensieri.
Per poco non andò addosso alla macchina.
Tirò un sollievo e cercò di scusarsi con il guidatore che stava inveendo contro di lui, niente da fare.
Riuscì a sgattaiolare via, e continuò verso casa sua.
Appoggiò lo skate in veranda e tirò fuori le chiavi con qui aprì la porta.
Varcò la soglia di casa sua e si diresse in soggiorno quando vide la madre sdraiata sul divano a dormire alle due di pomeriggio con accanto qualche bottiglia di rum o chissà cosa sia.
-Mamma, mamma, dai su svegliati- la percosse sulla spalla destra.
-Si eccomi, ci sono- rispose la madre cercando invano di alzarsi dal divano. Noah aveva stampato in viso un'espressione di tristezza. -sei ancora ubriaca?- chiese alla madre e prima che lei potessi rispondergli continuò dicendole - vabbè lascia stare- confluendo in camera sua.
Sbattè la porta arrabbiato, si era quasi dimenticato di Calli finché il pensiero non riaffiorò nella sua mente. Fece un sorriso di menefreghismo e cominciò ad analizzare il suo armadio in cerca del miglior dress code per l'incontro con Callie.
Callie proveniva da una famiglia molto ricca al contrario di Noah per questo lui cercò di trovare gli indumenti più adatti per l'incontro con lei senza sembrare ridicolo.
Alla fine optò per un paio di jeans neri, segnati da due buchi molto evidenti sulle ginocchia, poi mise una maglietta  bianca semplice ma attillata ed infine indossò una giacca nera di pelle.
Per concludere il rito di preparazione andò a lavarsi i denti e decise di mettere le air max.
Cercò di correre più veloce possibile fuori la porta per evitare la madre.
Corse in salotto e poi nel corridoio fino alla porta, uscì, la richiuse dietro di sé e sospirò. Fece un lungo sospiro di sollievo perché tra poco avrebbe incontrato la ragazza che amava.
Prese nuovamente lo skate e cominciò ad avviarsi verso casa di lei.
Si impose di non pensare a niente che non fosse Callie.
La casa di Noah si trovava ad Elmer street mentre quella di Callie in un quartiere molto più ricco, che guardandolo in confronto a dove abitava lui si stupirebbe a dire che faceva parte dello stesso stato, quello della Virginia.
Lui raggiunse la casa della sua fidanzata in poco tempo, non si accorse neanche di aver già percorso quei 5 chilometri di distanza.
Forse per il desiderio di vederla o soltanto perché cercava di scappare più velocemente possibile dalla sua vita, da casa sua e da sua madre.
Immensi pioppi  costellavano il viale, ci mise un po' prima di ritrovare la sua casa.
La vide e si diresse subito, attraversò il vialetto di casa sua, vide la porta ed inquadró la scritta "Cadogan", le sue perplessità divennero subito certezze, chiuse il pugno e cominciò bussare alla sua porta e subito un ricordo gli pervase la mente.

Aveva quattordici anni ed era entusiasta per il primo giorno di scuola, il primo giorno in cui cominciava una nuova vita.
Era appena tornato da scuola, un sorriso stampato in faccia, era felice, non poteva immaginare una giornata migliore di quella.
Strinse la mano a pugno e la battè sulla porta di casa sua attirando l'attenzione della madre.
Bussò, bussò ancora, ci riprovò un'ultima volta, ma niente. Non ottenne risposta.
Si diresse verso il portaombrelli e raccolse la chiave di scorta nascosta dentro di esso, la usò per aprire la porta.
Entrò e vide tutto buio, le tapparelle non erano state aperte e l'unica luce presente nella stanza penetrava fra le fessure di esse.
Non c'era nessuno o almeno questo è quello che credeva finché non vide la madre sdraiata inerme sul pavimento del salotto.
-Mamma-, non ottenne nessuna risposta. Continuò ad urlare imperterrito quella parola poi si avvicinò a lei e cominciò a scuoterla sempre urlando il suo nome.
Ma niente.
La stanza si fece tutta buia, - Mamma, mamma- continuò ad urlare.
-Mamma- cominciò a percuoterla anche sull'addome finché ad un certo punto lei si girò e cominciò a vomitare chissà cosa sia, sul tappeto del salotto.
-Mamma stai bene- Chiese lui. Ottene un segno con la testa e poi lei gli disse di andare in camera sua e lui lo fece senza altre domande.

Una lacrima corse sul suo viso finché la porta non si aprì e vide la cosa più bella che esisteva al mondo per lui, Callie.
La lacrima scomparve e lui fu accolto da quella visione.

AnacondaWhere stories live. Discover now