Capitolo 3: Simon

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Erano già passate cinque settimane da quando si era trasferito nel bunker. Anche se qualche volta usciva, gli mancava molto vivere all'esterno: la brina sull'erba alla mattina, il raggio di luce che attraversava la fessura della tapparella e lo svegliava, il lieve brivido  di freddo che avevi quando ti alzavi dal letto, la sensazione del freddo e del caldo, della luce e della notte.
Tutte queste sensazioni erano ormai sparite, anche con le luci circadiani non era come prima.
La vita era noiosa in quelle settimane, non c'era niente da fare, ed il tempo perse il suo valore.
Simon era molto fortunato in confronto agli altri, essendo figlio dei due amministratori della struttura poteva godere di certi vantaggi, come il mega appartamento più piccolo solo a quello dei Cadogan.
Lì nel bunker c'erano molti confort ma poche cose da fare, ormai l'unica cosa che restava era osservare le lancette dell'orologio tintinnare ad ogni nuovo minuto passato, sperando che tutto cambiasse.

Erano le cinque e Simon si comiciò a prepararsi per l'arrivo di Nessa, la sua bellissima migliore amica.
La casa rispecchiava come una vera reggia, l'ordine dominava su qualsiasi cosa, l'atmosfera era intrisa di limone con un sottofondo melodico di qualche canzone classica sconosciuta a lui.
L'armadio si aprì e sfoggiò tutti gli abiti presenti. Simon non riusciva proprio a scegliere, voleva essere perfetto per una volta, malgrado la sua grossa stazza, i suoi capelli neri corvino ed la sua altezza, desiderava comunque brillare nell'abbigliamento.
In men che non si dica il letto si riempì di molti  capi d'abbigliamento, dai più lussuosi ed eleganti, ai più comuni e giornalieri.
Alla fine optò per il classico: jeans neri con qualche strappo, senza esagerare, ed una grossa felpa bianca di almeno due taglie più grandi di lui che lo facevano sembrare una mongolfiera pronta al volo.
Finì con gli ultimi passaggi del rito, si intrise di profumo e si posizionò davanti allo specchio.
Stesse lì, fermo, immobile a fissarsi, cercò di trovare la miglior posizione  per i suoi capelli, la miglior espressione facciale ed il miglior sorriso da sfoggiare alla sua migliore amica.
Con solo lo specchio come pubblico non capii se andasse tutto bene.
Stava finendo di addobbarsi quando il suo viso si appoggiò sullo specchio, fissando se stesso. Si soffermò sul collo, tastandosi sotto il mento, alla vista di quello che possiamo definire un doppio mento.
E da li cominciò la caduta, cominciò a notare tutti i suoi difetti, cominciò a provare un ribrezzo fisico per il suo stesso corpo.
Come faceva ad essere così si chiedeva continuamente, perché tutti erano perfetti, con un fisco ammirevole, capelli biondi ed occhi azzurri e lui no.
Scese una lacrima che fu interrotta dal suono del campanello della porta.
Simon si precipitò alla porta, diede una leggera sistemata ai capelli e la aprii.
Nessa si mostrò davanti a lui con il suo fisico perfetto ed i suoi capelli invidiabili.
Entrò in casa, diffondendo il suo profumo di rose, che si attanagliò all'olfatto di Simon.
Nessa era vestita con abiti molto quotidiani, un paio di jeans ed un top rosa, tutto decorato dai suoi splenditi capelli castani lisci, e dai suoi occhi azzurri che ti faceva perdere nel suo volto.
«Hey»  disse facendosi spazio fra di lui e posizionandosi sul divano.
Un leggero «hey.» fu la risposta di lui, cercando di essere il più normale possibile. «Allora» disse stravaccata sul divano,«come va Simon?»
Simon non rispose subito,  si appollaiò sul bordo del divano, e disse: «bene credo, è solo che sono stanco di stare qui giù, non conosco nessuno ma comunque tutti mi criticano»
Simon decise di cominciare subito coi le sue lamentele.
Sulla faccia di Nessa si compose un'espressione di compassione, abbassò gli occhi e gli prese la mano. Simon arrossì al tocco di lei, le tirò uno sguardo fugace e poi si rimise a guardare all'aria.
«Non ti odiano Simon, solo che invidiano quello che tu hai»  rispose Nessa, mostrando un viso mellifluo «Tu dici?» le rispose. « eh si con questa storia che il clima sta mutando e che è meglio vivere sottoterra tutti sono già preoccupati, poi devono anche lasciare i loro confort per stare in un piccolo appartamentino, sai»
Simon notò che lo aveva detto in un tono assai triste e non seppè cosa rispondere. I suoi pensieri si concentrarono altrove.

«Simon» lo chiamò sua madre,«Vieni».
Lui era già sdraiato sul suo letto ma fu attirato dal richiamo di lei.
La madre aveva un'espressione complicata in viso, cercava sempre di sembrare dura ed impassibile, di sembrare circondata da una corazza, ma in quel momento fece trafelare i suoi sentimenti.
Simon notò il mascara rovinato, ed un piccolo alone nero sotto gli occhi. Aveva pianto intuì.
«Ti devo dire una cosa» Gli disse, facendo così terminare le sue analisi. «Senti, non so bene come dirtelo, avrei voluto farlo con tuo padre ma adesso non c'è.»
Si mise a raccontargli tutto, avevano fatto molte analisi e avevano constatato che in breve tempo la terra non sarebbe stata più vivibile. I giornali parlavano del raggiungimento di 15 miliardi di persone al mondo, e la terra non riusciva più a sopportare questa situazione  quindi in breve tempo si sarebbe scatenato l'inferno.
Loro avevano diagnosticato alla terra ancora una decina di anni di vita e dopo sarebbero scattati processi naturali che avrebbero estinto la razza umana.
Simon si sentì impotente ed in lui si scatenò un sentimento di angoscia.
Lei essendo capo amministrativo del bunker sapeva cose che gli altri non potevano sapere ma in quel momento impose un atto di fiducia in suo figlio. Gli disse che dovevano rifugiarsi nel bunker dove lavorava. Esso era stato costruito da una setta di fanatici che si facevano chiamare la 'seconda alba' con a capo un uomo presuntuoso  che si credeva Dio, Bill Cadogan era il suo nome. Impose quasi una religione. Dodici livelli erano presenti, si poteva scalare tramite prove o successi, e solo chi arrivava all'ultimo poteva salvarsi. Simon quando lo sentii per la prima volta si mise a ridere freneticamente, un altro di quei balordi pazzi che si credono dio ricordò di aver pensato. Ed adesso il suo pensiero non era mutato.
«Sono tutte sciocchezze madre, anche se il clima si sta alzando ci sono ancora decenni di vita sulla terra»
Alla madre scappò una lacrima, non riuscii a dire niente, il suo sguardo si posizionò sul pavimento ed il mascara ricominciò a disegnarle aloni neri sotto gli occhi.
L'unica cosa che riuscii a dire fu «domani ci trasferiamo, preparati»
Simon non rispose nulla, era troppo scioccato dall'accaduto.

«Simon, ehi Simon, ci sei?» l'amica cominciò a bistrattarlo sulla spalla. Si era di nuovo perso nei suoi pensieri. L'unica cosa che riuscì a pensare è che voleva assolutamente dirlo a qualcuno, non ce la faceva più a tenersi quel segreto. Lo stava distruggendo da dentro. «Nes» le disse rivolgendosi verso di lei,« ti devo dire una cosa molto importante.» Il suo sguardo si abbassò ancora, sapeva di non doverlo fare però non ce la faceva più. «Allora» gli disse l'amica, spronandolo a continuare il discorso.
La loro conversazione fu interrotta dall'apertura della porta.
Sua madre entrò dalla porta, spargendo il suo Chanel 5 in tutta la stanza. «Ciao Katherine» disse l'amica facendole un gesto.
La madre contraccambiò il gesto e si diresse in camera sua.
«Allora che c'è» gli disse l'amica facendoli cenno di disapprovazione con la testa.
«Niente lascia stare» rispose Simon rassegnandosi.
Tutto era incominciato come un incontro che avrebbe dovuto essere romantico ma dopo l'atmosfera si deteriorò fino a quando  fu completamente spezzata dall'arrivo della madre.
«Comunque ora devo andare» gli disse. Si rivolse a lui salutandolo e donandogli un bacio sulla guancia e poi uscii dalla porta.
Simon si sdraiò completamente sul divano ed i suoi pensieri cominciarono a lottare contro di lui.
Si sentiva perso.  Un'espressione triste gli segnò il volto e le ombre del suo passato cominciarono a raffiorare.

AnacondaWhere stories live. Discover now