E' notte.
Sono le due di notte.
E lo saranno anche quando spunterà il sole.
Scrivo a un dolore sconosciuto, che ultimamente è diventato un po' ingombrante.
Non c'è un nome o un diario da chiamare. Non c'è nessuno qui. Ci sono solo io, con la consapevolezza che qualcosa non va e continuerà a non andare finché avrò respiro.
Oggi la commessa mi ha sorriso mentre mi passava il pane, e ho avvertito una vivace sensazione di malessere. Mi sono sentita sola davanti a quella serenità così distante dalla voragine che mi avvolge. Nessuno deve averci fatto caso. Eppure il mio corpo ha cominciato a desiderare l'asfissia e a pizzicarmi gli occhi in una patetica richiesta d'aiuto.
Al telegiornale, sui social e attorno a me, i ragazzi della mia età sono cresciuti. Ridono, concludono gli studi, lavorano, danno ripetizioni, si muovono, guidano, vanno in vacanza da soli, con gli amici o con la persona che amano. Hanno una persona, delle persone che li amano. Loro stessi si amano.
Sono cresciuti.
Sono grandi.
Splendono come le stelle la notte di San Lorenzo, come quando le guardi e desideri il futuro. La felicità, così lontana, cade come una lacrima che puoi quasi toccare e allora ti avvicini, scruti e desideri cose che non sei e cose che non avrai. Desideri l'amore e brami il successo, immagini una famiglia accogliente e dei figli da allevare con dolcezza, quella dolcezza che a te non è mai stata concessa. Non potevi permettertela.
Dovevi restare forte, in piedi, a trattenere le lacrime, le stelle cadenti della tua anima in pezzi.
Ti ricordi ancora le urla, il silenzio, quel che ti dicevano.
Avevi dieci anni ed eri già grande, troppo grande e tutti ti preferivano morta.
Dicevano "smettila di piangere, sei grande" oppure "chiudi i rubinetti, il prossimo anno vai alle medie" oppure "con te non vuole starci nessuno, sei imbarazzante" oppure "scommetto che diventerai una persona orribile".
Smettila.
La notte non è ancora finita.
Smettila.
Smettila.
Piango in preda ai pensieri.
I pensieri sono tanti, troppi e terrificanti. Non riesco più a scomporli o dargli un nome. Analizzarmi, o almeno provarci, alla lunga diventa stancante. Meglio procrastinare, guardare anime di merda o video dell'algoritmo di youtube, quello che ti conosce più di quanto non ti conosca tua madre. E non ho più tempo da perdere con queste cazzate.