« Ultimo capitolo : Guerriero »

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Una palla.

Questo era l'unico strumento che poteva utilizzare per proteggere tutto ciò che aveva.

Quella sfera sarebbe stata uno scudo, contro qualunque cosa volesse portare via la sua amata.

Anche se significava lottare contro se stesso.

L'avrebbe fatto.

Non aveva importanza quanto patetico sarebbe sembrato, avrebbe lottato contro qualsiasi cosa pure di metterla in sicurezza.

Il gioco del calcio, che per tutta la sua vita era stato l'unica fonte di emozioni  positive da parte sua.

L'avrebbe usato a suo vantaggio.

Doveva usarlo a suo vantaggio.

L'avrebbe tradito, raggirato.

L'avrebbe sfruttato.

Quei sentimenti così puri che nutriva per quello sport, sembravano essere stati messi da parte.

Ma d'altronde doveva essere così.

Guardò i ragazzi che correvano nel campo, cercando di rubargli il pallone invano.

Una misera squadretta di provincia.

Per quanto misera potesse sembrare agli occhi di un Dio, quello era il nemico.

Loro erano i nemici.

E dovevano essere annientati.

Uno per uno.

Già stanchi, quasi tutti col fiatone, alcuni avevano persino preso numerose botte.

< Sparite >

Mormorò il biondo, alzando il braccio.

< Byron fermo! Hanno già perso, così qualcuno potrebbe infortunarsi >

Spostò lo sguardo su Hera, facendolo sobbalzare.

Il moro non riusciva a capire.

Quegli occhi rossi, penetranti, quasi impassibili, non li aveva mai visti.

Sembravano quasi inumani.

Aphrodi non ascoltò nemmeno le sue parole, schioccò le dita.

Un vento si innalzò, piume dorate scendevano aggraziate sul terreno.

Un attimo.

Un ciclone e gli avversari a terra.

Una volta.

Due volte.

Tre volte.

Si ritrovò solo, davanti alla porta.

Il portiere tremava dalla paura, non era riuscito a far altro che schivare ogni attacco della Zeus, facendo incassare alla sua squadra sette punti.

Si innalzò da terra, sei ali candide sbucarono dalla sua schiena.

Sembrava un Dio.

Per lui e per i nemici, lo era.

Un Dio da temere.

Tutti avrebbero dovuto temere la bellezza che portava alla forza, di Afrodite.

Incrociò le braccia al petto, la sfera davanti a lui si caricava sempre più di energia, formando uno strato di luce.

Tirò.

8 - 0.

Questo era tutto ciò che doveva fare per proteggere il suo angelo.

Vincere.

E per farlo era necessario distruggere tutto ciò che incontrava.

Quella palla appoggiata sull'erba era la sua spada.

E lui sarebbe stato un guerriero, una Divinità che avrebbe lottato fino alla distruzione.

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