« Capitolo VI : Samara bionda »

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Elizabeth uscì di fretta dal dormitorio,  cercando di fare meno rumore possibile.

Se l'avessero scoperta a gironzolare per la scuola oltre il coprifuoco, avrebbe sicuramente preso un'altra nota e considerando che il suo comportamento non era del migliore in classe, decise che era meglio evitare di farsi vedere.

Quell'ultimo periodo, era particolarmente calmo per lei, non si era scontrata con nessuno (strano ma vero), benché i suoi pensieri fossero occupati da un ragazzo, stava bene.

Principalmente, una sola cosa la preoccupava.

Arya.

Aveva notato il bagliore che si formava nei suoi occhioni verdi ogni volta che parlava di Love, non la solita brillantezza dei suoi smeraldi, era qualcosa di nuovo.

A lei Byron non era mai stato simpatico.

In effetti, era già difficile che trovasse piacevole la compagnia di qualcuno.

Era un po' un lupo solitario, ma le andava bene così.

Le poche persone che erano riuscite ad entrare nel suo cuore, erano le uniche a cui si era mostrata realmente, buffona, premurosa ed addirittura sensibile.

Con la mora, non aveva mai sentito il bisogno di costruire una barriera del genere.

Se le avessero chiesto di descriverla con una sola parola, avrebbe detto angelo.

In tutta la sua vita, mai le aveva sentito dire una parola di disprezzo, cercava sempre il meglio in tutto.

Era veramente incredibile, a detta sua.

Non si stancava di venir trattata come uno straccio, se avesse potuto fare qualcosa per aiutare, l'avrebbe fatto.

Proprio per questo, era allarmata.

Riusciva a sentire che quella era stata la volta, in cui Arya si sarebbe fatta davvero troppo male.

Teneva davvero a quel ragazzino, il problema era che quel ragazzino evidentemente non teneva a lei.

Sospirò, mettendo le mani, oramai gelate a causa della fresca brezza, fra la calda tasca della sua felpa.

Sentì come un fruscio alle sue spalle, si girò.

I corridoi dell'edificio erano vuoti, parzialmente illuminati dalla luce lunare.

Corrucciò le sopracciglia confusa, era sicura di aver udito un rumore.

Di nuovo un altro fruscio, questa volta accompagnato da alcuni passi.

Un brivido le percorse la schiena, il suo sguardo attento squadrò tutto il perimetro.

Elizabeth non era una ragazza superstiziosa, anzi, trovava divertenti gli "eventi paranormali".

Ma in quel momento, dire che non avesse paura, era una bugia.

Nella scuola girava la leggenda dell'anima di una studentessa, morta d'arresto cardiaco durante i suoi esami finali, che perseguitava gli alunni la notte, per rivendicare i suoi studi mai finiti.

Per un attimo il suo pensiero balenò a questa storia, frettolosamente si mosse verso l'entrata, sentendo il bisogno di tornare al sicuro, fra le coperte del suo letto.

Lanciò un'ultima occhiata al cortile, visibile dalle finestre, allontanandosi subito alla vista di una figura.

Iniziò a correre per l'interminabile andito, col cuore che le batteva fin in gola, il corpo tremante.

Eccola.

La figura vista prima si staglia difronte a lei, lunghi capelli argentei a coprirle il viso.

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