'Quante volte devo dirti di non far tardi la sera!'
Lo scricchiolio della porta che si chiude fu subito succeduto delle urla di mia madre, che seduta al tavolo con mio padre, intenta a mangiare la solita zuppa di patate che anche quella sera passava la casa, si alzò di scatto appena mi vide.
'Anna sta calma, non serve ...' la voce di mio padre, che per arrestare la furia di mia madre gli mise una mano sopra la sua, fu troncata da quest'ultima.
'No! Ora ha superato il limite ...' e nel frattempo mi accecò con uno dei suoi soliti sguardi fulminanti che nel tempo avevo imparato a fronteggiare abbassando il mio di sguardo e osservando le punte delle scarpe consunte '... Giuro il Dio che stavolta non la passerai liscia ...'
'Anna basta, ora basta!'
La voce di mia madre si bloccò e anche se echeggiò per le quattro mura della cucina per qualche secondo, la sentii pian piano assottigliarsi, lontano dai miei timpani.
'Va' sopra, senza cena!' disse infine mia madre, mentre io mi ero già girata, intenta a salire la scala che portava al piano di sopra 'E ringrazia tuo padre.'
Allora mi voltai nuovamente, la guardai dritta negli occhi - giuro di ricordare che fu allora che le sue iridi divennero dei minuscoli puntini neri senza luce - poi gettai uno sguardo a mio padre, il cui volto annoiato e calmo come sempre voleva starmi a significare un 'non preoccuparti' o 'sai com'è fatta tua madre, le passerà', e infine dissi: 'Tanto non avrei mangiato nulla comunque, buona notte.'
Arrivata in stanza mi gettai sul letto, un peso morto che precipita su un mattone di piume. Dapprima mi guardai attorno: erano sempre lì i miei vecchi e pochi libri, regali di compleanni e feste passate; così come il mio baule che il babbo mi costruì con le sue stesse mani affinché vi riponessi tutti i miei averi più cari; e c'erano persino le fotografie della mia famiglia al completo, che avevo sottratto di nascosto ad un album fotografico di mia nonna senza che lei se ne accorgesse e che ora vivevano la loro squallida vita appese ad una parete scrostata, che per poco non portava via pure loro.
Poi presi ad osservarmi allo specchio appeso al muro di fronte e chiusi gli occhi per non pensare a ciò che sarebbe successo.
Ma più restavo ferma, immobile, più quei pensieri tornavano a tormentarmi, come una brezza ghiacciata che ti sfiora la pelle ogni qualvolta trova il giusto sentiero per raggiungerti.
Andrea è stato arruolato nell'esercito.
Me lo ripetei più volte, in modo secco, incolore e tremendamente vero. Sentii queste parole rotolarmi un po' in giro per tutto il corpo per diversi minuti fino ad arrivarmi alla mente, che ciononostante non volle capire ragione e le rifiutò.
Iniziai a piangere, e con le lacrime arrivarono i brividi di freddo che come aghi di ghiaccio mi trafiggevano il corpo ad ogni mio singolo respiro.
Allora alzai le coperte e mi ci rintanai. Fu come entrare in un nuovo mondo, il mio mondo, dove gli unici abitanti eravamo appunto io ... e le mie lacrime.
Mi portai le mani agli occhi e restai così, ferma, fin quando il sonno non prese il sopravvento e con lui anche tutti i dolori vennero momentaneamente spazzati via.Quando mi risvegliai, il buio sotto le coperte rese meno indolore il ritorno alla realtà. Per un paio di minuti non capii nulla.
Mi alzai semplicemente dal letto, vestita com'ero poche ore fa, o minuti - avevo perso la percezione di quanto tempo fosse realmente trascorso - e scesa al piano di sotto guardai l'orologio.
Le tre e mezza, segnava.
Allora bevvi un sorso d'acqua e tornai a letto.
E fu non appena poggiai nuovamente la testa sul cuscino che tutto sembrò magicamente ritornare a galla: Andrea arruolato; la sua iniziativa di fuggire via pur di continuare a vivere; quello che avrei dovuto fare io per bloccarlo o semplicemente per appoggiare la sua decisione e fuggire con lui; il pomeriggio trascorso al Grande lago, col profumo delle camelie tutto intorno, in netto contrasto con il terrore che si leggeva negli occhi del mio amico.
Andrea era un mio amico. Questa era l'unica verità di cui era al corrente. Era un vero amico e lo era stato da sempre.
Per il resto cercavo, invano, punti di aggancio per non scivolare sull'immensa parete di specchi che mi ritrovavo davanti.
Improvvisamente qualcosa mi distolse dai miei pensieri. Mi voltai verso la finestra e notai una lieve luce che sembrava attraversare la mia stanza a intervalli irregolari.
Mi riprecipitai fuori dal letto e mi diressi verso le imposte della finestra.
'Ehi ... Cosa stai facendo?'
Mi voltai di scatto, impaurita. Ma potei ben presto tirare un respiro di sollievo.
'Dormi Michele, non sono affari che ti riguardano!' dissi azzittendo la curiosità di mio fratello, di cui, per tutto quel tempo, non mi accorsi, e che riabbassò subito la testa sul cuscino e riprese a 'dormire' o almeno così voleva farmi credere.
Aprii la finestra, il vento freddo notturno, scuro come la pece, mi scompigliò i capelli. Gettai lo sguardo verso il basso e prima di toccare terra mi bloccai, sulla figura alta e mingherlina come uno stecchino di Andrea che sembrava giocherellare con uno strano arnese di metallo da cui usciva uno squarcio di luce in grado di illuminare una buona parte della strada.
'Cos'è quello?' gli domandai prima d'ogni altra cosa, curiosa.
'Niente, un'arnese che ho rubato nello studio di papà prima di venire, non ricordo il nome preciso.'
Scossi la testa, e neanch'io seppi il perché. Era un'azione che mi accingevo a fare decine di volte durante la giornata e per cui da piccola ero stata spesso rimproverata.
'Cosa ci fai qui?' gli chiesi cercando di non svegliare i miei genitori che dormivano nella stanza accanto 'A quest'ora poi!'
'Dai scendi, devo parlarti.''Cosa c'è?' gli chiesi pochi minuti più tardi.
Nel frattempo ero uscita di soppiatto dalla stanza, avevo sceso le scale senza far il minimo rumore e mi ero precipitata verso la porta d'ingresso, dove impaziente mi aspettava Andrea.
Ora, sul gradino d'ingresso e con il giaccone di lana schiacciato contro il viso per ripararmi da freddo, aspettavo una risposta del mio amico, che nel frattempo sembrava fregarsene di tutto quel freddo che mi aveva intorpidito persino le mani.
Forse, molto probabilmente, erano tutte quelle dannate preoccupazioni a non fargli rendere conto di nulla.
'Ho preso una decisione' mi disse in quattro e quattr'otto senza starci troppo sù a pensare. Era suo solito dopotutto, il voler arrivar prima possibile al nocciolo della questione. E quella volta gliene fui enormemente grato. 'Parto domani, dopo pranzo ...'
'Co-cosa?' lo bloccai terrorizzata 'Andrea, c'hai pensato bene? Dopotutto non è poi così grave, dicono che la guerra sta per finire, o giù di lì ... Non ti sembra sciocco mollare ...'
'Non domandarmelo più! Non dirlo più!' mi urlò contro, anima e corpo insieme.
'Zitto!' gli tappai la bocca con una mano, per paura che ci potessero sentire.
Se la strappò via dal viso per continuare a parlare.
'Sai bene quanto me che non è vero! Sono scuse che portano avanti ormai da tempo, non capisci? Il fatto che l'Italia si sia alleata con la Germania non costituisce la fine di tutto questo ... è solo l'inizio!'
Restavo zitta ad ascoltare Andrea, la sua rabbia, il suo terrore stampato negli occhi che sembrava appiattirlo facendolo diventare più basso di me.
Non avrei potuto fare niente per fermarlo, lo capivo bene. Non ero mai riuscita a sovrastare il suo ego e il suo carattere.
Potevo solo sperare per il meglio ... sperare e cercare di assecondarlo.
'Quindi?' gli domandai in tono secco.
'Parto domani, subito dopo pranzo. Nell'orario preciso in cui saliamo su al lago, ogni pomeriggio, anche tu uscirai di casa e così farai finta di avermi incontrato. Nel frattempo io sarò già andato via e ...'
'... Questa è la tua soluzione? E dopo? Chi spiegherà ai tuoi che sei andato via, che hai preferito fuggire invece che rimanere e affrontare la realtà?'
Notai una lacrima rigare il viso del mio amico, del mio unico vero amico, del mio vero fratello di sangue. Quel viso una volta morbido, ora ruvido e ispido come lama d'acciaio.
'Dopo accadrà quello che dovrà accadere. I miei capiranno e lo accetteranno, ne sono certo ... E vedrai un giorno saranno persino felici che abbia fatto questa scelta. Si, perché un giorno tornerò senz'altro, e anche noi ci rincontreremo.'
Ricordo quel preciso istante ancora bene, così vividamente che mi sembra di averlo vissuto pochi istanti fa.
Subito dopo quelle parole, mi precipitai al collo del mio amico è lo strinsi a me, annusando il suo odore e impastando le sue lacrime con le mie.
'Su dai, ora sali sopra e va a letto' mi disse infine Andrea, prima di andar via 'Ci vediamo domattina.'
E dopo esser riuscito a staccarmi da lui, prese la strada di casa, senza girarsi, e in breve venne inghiottito nell'oscurità della notte.
Solo allora respirai, mi asciugai le lacrime e tornai al piano di sopra.
Allora mi infialai nel letto, sperando che addormentandomi l'alba sarebbe giunta prima, e sentii la voce di mio fratello.
'Sapevo che era lui!' mi disse mezzo addormentato ma con filo scherzoso nella voce.
'Si ... beh' gli risposi 'dopotutto lo sapevo anch'io. '
E da allora, fino al mattino seguente, non mi mossi più.#spazio dell'autore
Nuovo capitolo aggiornato! Spero vi piaccia ... Lasciate tanti commenti e consigli.
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La ragazza che diventò ombra
Ficción histórica'Ora tutto stava per cambiare, e sarebbe cambiato nonostante i nostri sforzi. Perché non potevamo sfuggire al cambiamento ...eravamo come costretti a prendere una decisione. Ci guardammo a lungo, occhi negli occhi, la mia anima conficcata nella sua...