Ciao cipolle, sono tornata a rileggere la canzone di Achille. Quando rileggo uno dei miei romanzi preferiti significa che voglio tornare a scrivere. In realtà questo non è un annuncio per per presentare una nuova storia, non voglio illudere nessuno. Me stessa intendo, perché non riuscirei ad essere tanto fiduciosa -o arrogante- nel credere ci sia ancora qualcuno che spera in una mia storiella. Sicuramente non io.
Però volevo condividere dei pensieri che mi attanagliano da tanto.
Inizio a stare meglio, meglio nel modo in cui non soffro tanto da sperare ogni sera di non svegliarmi più il giorno dopo. È strano. Dovrei dire che è bello ma ho capito che non basta non odiare vivere per stare bene, perché non ho mai imparato a farlo e adesso devo costruire da zero tutto. È da un po' che sto meglio ormai, mesi, e comunque non sono riuscita a fare nulla, riprendersi, riprendersi la vita, è più difficile di quanto ci facciano credere. E in tutto questo non ho più creato nulla, assolutamente nulla, credevo che i demoni fossero stati tutti sedati e ho iniziato a temere che fosse davvero il dolore a farmi scrivere. Solo e unicamente il dolore. La mia sofferenza come unica musa, addirittura l'unica che mi spingesse a creare e a vivere per creare.
Ancora non so se è davvero così, se gli artisti sono tali solo se soffrono, o meglio, se io ho qualcosa da dare al mondo solo nella sofferenza. Non lo so, spero non sia così.
Ma negli ultimi due giorni mi ha colto un lampo, ho realizzato che voglio scrivere qualcosa, e sono stata disgustosame felice nello scoprire che ancora soffro, come se ci fosse una calda familiarità in questo.
È qualcosa di molto personale, non voglio avere l'obiettivo di finire questa nuova storia, la continuerò a scrivere finché non sarò in grado di parlarne in terapia forse.
Comunque voglio scrivere, e spero che aiuti qualcuno, almeno spero che aiuti me.