𝗻𝗮𝘂𝘀𝗲𝗮 𝗲 𝘂𝘁𝗼𝗽𝗶𝗲

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𝐋a nausea mi attanaglia lo stomaco, affonda le unghie velate nei miei organi, schiacciandoli, bloccando l'aria che fa fatica ad arrivare ai polmoni causandomi quella sensazione di leggerezza alla testa. Ma il collo è rigido, trema alla contrazione dei muscoli, che poi, muscoli, quel gruppo di fibre che appena regge il peso della mia testa, distrutto da anni di posizioni irripetibili.
Domani ho un'interrogazione, filosofia se non sbaglio, ma ormai chi distingue più una materia da un'altra, e invece di studiare sono qui, piegata in una posizione che non giova sicuramente al mio collo né alla mia schiena, anch'essa provata da anni di disinteresse personale. Non ho la concentrazione adatta oer studiare, appena tengo le palpebre aperte, allora le chiudo “dieci minuti, stacco un attimo la spina e poi lo faccio”; certo, come no. Mi arrendo, chiudo finalmente le palpebre con la consapevolezza che no, non saranno dieci minuti, ma appena le iridi vengono nascoste alla vista altrui, ricompaiono tremolanti, gli occhi non si chiudono. Nuovamente quella fastidiosa sensazione di sonno che sonno non è, perché è solo stanchezza; stanchezza causata dallo studio?, non penso, ormai siamo chiusi in casa davanti ad uno schermo che nemmeno ci degnamo di guardare da più di un anno; forse causata dallo stare chiusi in casa?, effettivamente salire e scendere sempre quie diciotto scalini gelidi è estenuante.
Mi sono accorta di star trascinando nient'altro che un sacco vuoto, gonfiato da sangue e pensieri che non fanno altro che diminuire lo spazio per le informazioni importanti, tipo il totalitarismo. Ovvio, domani ho un'interrogazione, pensavate non avessi studiato?, infatti non l'ho fatto, questi sono i frammenti lasciati dagli appunti copiati spudoratamente da una mia compagna di classe, a cui ho detto che non andava bene la connessione. Oh, andiamo, non ci ha creduto neppure lei. Sono belli i miei appunti, molto più ordinati dei suoi, se vogliamo dirla tutta; infatti sono colorati e ben scritti, ogni argomento ha un suo titolo, non freccette incasinate che s'intrecciano e frasi lasciate a metà. Ho persino dovuto interpretare quello che scriveva, alcune cose erano ripetute e altre non avevano senso, ma non posso biasimarla, il nostro professore di storia ci mette del suo. Se dovessi descriverlo non saprei da dove iniziare: si veste tutto sommato bene, il suo stile può essere definito quello della Dark Academia, ben abbinato al suo complesso; capelli sempre raccolti in un codino indecente e barba troppo lunga con cui gli piace giocare mentre spiega ─ ora che ha la mascherina è esilarante vedere come la tiri fuori in ogni modo pur di donare soglievo a quel tic.
Che stavo dicendo? Ah, sì.
Come biasimarla?, quell'uomo parla così velocemente che nemmeno una macchina potrebbe seguirlo senza commettere errori. Oh, macchine, distopia... altra nozione presa da quelle foto troppo scure delle pagine del suo quaderno.
Ah, sono già le otto e venti e gli occhi mi si chiudono, tremo ancora e non so perché, mi viene da sbadigliare ma quando sto per farlo uno spasmo mi percorre la spina dorsale, facendomi smettere. Odio questa sensazione... magari sono malata, chessò, un tumore o una qualche malattia... ma in fondo che cambia se lo è o meno, sono stanca di trascinare avanti un corpo vuoto, anche se vuoto non è esattamente la definizione che gli darei... gonfio di pensieri grigi e pesanti e paranoie scacciate con un movimento troppo veloce della testa.
Ah! È tardi, dovrei studiare e ancora non ho iniziato.

𝗻𝗮𝘂𝘀𝗲𝗮 𝗲 𝘂𝘁𝗼𝗽𝗶𝗲 - ventDove le storie prendono vita. Scoprilo ora