7. Weakness

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Gli ultimi e deboli raggi solari illuminavano scarsamente la strada davanti a me, segnalando l'imminente fine dell'ennesima normalissima giornata. Erano passate due tranquille settimane dal mio attacco e ora mi trovavo a camminare verso casa con due straripanti buste della spesa, le quali, oscillando, mi colpivano ritmicamente le gambe.
Circa un'ora prima mi ero costretta ad uscire per fare scorta di cibo e, soprattutto, per cercare di scacciare la frustrazione di essere a un punto morto con le mie indagini. Tuttavia, se avessi saputo del caldo torrido di quel giorno, probabilmente me ne sarei stata comodamente sul divano con il ventilatore puntato in faccia e con un ghiacciolo tra le dita: nonostante il sole fosse già calato, la calura tipica delle giornate di fine luglio non sembrava volersene andare.

Dopo aver percorso un'infinita e faticosissima rampa di scale, decisi di appoggiare le borse a terra per riprendere fiato prima dell'ultimo tratto di strada. Mi trovavo sulla soglia di un piccolo spiazzo brullo, debolmente illuminato da un vecchio lampione. Sul suo perimetro, nascoste dall'ombra degli imponenti edifici circostanti, potevo intravedere alcune panchine e, su una di esse, la figura scura di un anziano signore tutto ricurvo su se stesso.
Quell'atmosfera metteva un po' i brividi perciò presi le mie cose e ricominciai velocemente a camminare. Sorpassai in fretta l'estraneo senza guardare nella sua direzione e, fortunatamente, non accadde nulla. Forse ero diventata un po' troppo paranoica.
Sollevata, continuai a muovermi con più tranquillità, ma una voce improvvisa mi fece trasalire:

"Finalmente sei arrivata, Suzuki Noriko!"

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Nello stesso momento alla Scuola Tecnica di Magia di Tokyo:

"Sei sicuro di queste informazioni Ijichi?"
"Purtroppo sì, Satoru"
"Merda, non mi sarei mai aspettato un risvolto del genere. Dobbiamo assolutamente trovare quella ragazza, altrimenti morirà".
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Una terribile puzza di zolfo stava inondando le mie narici e, improvvisamente, la temperatura dell'aria circostante era salita.
Mi girai.
L'insidiosa oscurità mi aveva fatto credere che quello sulla panchina fosse solo un anziano ingobbito, ma, ora che potevo osservarlo meglio, mi resi conto delle sue vere sembianze: si trattava di uno spirito maledetto dall'aspetto semi-umano, con la pelle azzurrognola, la testa a forma di vulcano e un occhio solo.

"Bene bene, quindi riesci a vedermi? Ti stavo proprio aspettando. Che ne dici di fare due chiacchiere in un posto più tranquillo?"

Non fui in grado né di replicare né di provare a scappare: la maledizione mi aveva già preso e trascinato in un edificio abbandonato adiacente a quello spiazzo.
Non riuscivo a vedere nulla, il buio nascondeva ogni cosa e né il lampione né gli ultimi raggi solari riuscivano a penetrare all'interno di quelle mura. Iniziai a muovermi a tentoni per cercare una via d'uscita, allungando un braccio davanti a me per evitare ostacoli e stringendo, con la mano libera, il piccolo coltellino che portavo sempre con me. Immersa nell'oscurità mi sentivo ancora più indifesa, mentre quella maledizione celava la sua posizione.

Poi, un bagliore improvviso: il buio fu sopraffatto da una luce accecante proveniente da una cintura di fiamme che circondava l'enorme area circostante.
Mi trovavo confinata all'interno di quell'immenso cerchio di fuoco insieme alla maledizione. Eravamo soli, uno di fronte all'altro e a qualche metro di distanza.
Soddisfatto dalla scenografia che aveva creato, lo spirito maledetto iniziò a parlare:

"È stata una seccatura dover aspettare tutto questo tempo per incontrarti, ma, ahimè, avevi sempre dei maledetti sciamani tra i piedi. Alla fine, però, la mia pazienza è stata ripagata: ora siamo finalmente soli."

Potevo soltanto cercare di farlo parlare il più a lungo possibile, in modo da guadagnare tempo prezioso. Forse qualcuno sarebbe arrivato a salvarmi.
Così, esitante, cominciai a parlare con falsa sicurezza:

"Ci tenevi davvero tanto a vedermi eh? Cosa vuoi?"
"Devo solo concludere un lavoro che ho iniziato un po' di tempo fa. Sai, odio lasciare le cose a metà".

Le sue parole e il suo sguardo compiaciuto non promettevano assolutamente nulla di buono. Strinsi il coltellino con più forza, intrecciai la mano libera intorno all'amuleto di giada e indietreggiai lentamente.

"Oh non riuscirai proprio a scappare da qui. Sei debole. Non sarà difficile giocare un po' con te e poi ucciderti."

Sbiancai, sbarrai gli occhi e inciampai nei miei stessi piedi, cadendo rovinosamente a terra, mentre la mia unica arma mi scivolava dalle dita.

"Ucc.. Uccidermi?"

Non di nuovo. Stava succedendo esattamente la stessa cosa di poco tempo prima. Ancora una volta mi trovavo inerme e spaventata di fronte a un essere crudele che voleva eliminarmi. Non sarei riuscita a cambiare niente, non avrei scoperto la verità, sarei banalmente morta.
Ero stata una povera illusa a pensare di potercela fare, tutta la mia determinazione era solo frutto di arroganza e disperazione.
La consapevolezza della mia debolezza mi colpì come uno schiaffo in pieno volto. Sapevo della potenza delle maledizioni, ma, ingenuamente avevo creduto che, in qualche modo, avrei avuto una possibilità di oppormi e vincere.
Povera, povera illusa.
Mi lasciai scivolare nello sconforto mentre le lacrime di frustrazione che mi stavano rigano il volto brillavano alla luce delle fiamme.

Angolo autrice

Heey, ci tenevo a ringraziarvi tantissimo per le mille letture, i quasi 100 voti e tutti i commenti! Grazie a voi sono davvero super felice e gasata! (Dovete sapere che sono quel genere di persona che si esalta o si deprime per la minima cosa, come Bokuto per intenderci!)
Spero possiate continuare a seguire la mia storia :3
Alla prossima!

-Vale🐯

Lost In Paradise (Jujutsu Kaisen xOc) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora