Capitolo V

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Poggiai l’ennesimo racconto e mi portai le dita alla radice del naso. Avevo un mal di testa che avrebbe fatto piangere anche un dopo sbornia.

Era finalmente venerdì e la settimana di prova si era conclusa. Durante i miei giorni di lavoro lì mi ero occupata di leggere, correggere e scartare le bozze per il concorso. Negli ultimi due giorni ne erano arrivati via mail un'altra decina e Laura, la donna che si occupava dei rapporti con gli autori me li aveva mandati seduta stante. Li avevo stampati e adesso erano da un lato della mia scrivania, erano gli ultimi che avrei guardato.

Avevo ancora un sacco di testi da leggere, correggere e classificare. Avevo constatato che da sola quel lavoro non si poteva fare.

Guardai l’ora. Erano le sette ed ero già fuori orario. I turni finivano alle sei ma mi ero trattenuta. Guardai ancora quei testi e presi la borsa, ne presi una decina e li misi in ordine nella mia cartella. Ad occhio e croce ne mancavano cinquanta da leggere ancora e potevano arrivarne altri entro la settimana prossima visto che la scadenza era venerdì prossimo. Mi sarebbe toccato lavorare anche nel weekend.

Certo, avevo due settimane prima della conclusione del concorso ma in effetti ero ancora da capo a dodici, avevo eliminato i testi pessimi e che non rientravano nella categoria del regolamento ma la classifica chiedeva tre classificati quindi, delle quaranta bozze che avevano passato la prima fase ne sarebbero passati tre e non avevo ancora visto tutti i testi.

Spensi il computer, presi la giacca e uscii dal mio ufficio. Andai verso Marina, mortificata.

- Scusa di averti trattenuta fino ad ora – dissi poggiandomi al bancone – Anche se ti avevo detto che avrei chiuso io –

- Non preoccuparti non ci sei solo tu qui per questo sono rimasta – mi disse indicando l’ufficio del capo con un cenno della testa.

- Anche Sean è ancora qui? – chiesi.

- Non è una novità – mi spiegò – Resta spesso, a volte penso che dorma qui dopo avermi convinto ad andare via –

Guardai verso il suo ufficio. Il ragionamento di Marina non faceva una piega se pensavo a tutte le mattine, quella settimana, che mi aveva “convinta” a fare colazione assieme a lui.

Marina premette sul telefono.

- Capo io e Martina andiamo via, esci con noi? – chiese.

- No sto ancora un po' – rispose nel telefono – Ci vediamo lunedì. Di a Martina che quando arriva, la settimana prossima, viene nel mio ufficio per il contratto –

- D’accordo. A lunedì – disse lei.

Mi guardò e mi fece l’occhiolino.

- Benvenuta nella banda, che ne dici di festeggiare? –

Non riuscii a dire di no davanti al suo sorriso.

                                                              ***

Sean

- Fai almeno finta di divertirti – mi disse Luca, il mio migliore amico.

- Evviva! – esclamai sarcastico.

Lui mi fulminò e io alzai gli occhi al cielo.

Se non fosse stato per lui, che aveva deciso di venire a rompermi le scatole a Todi, in quel momento me ne sarei stato nel mio ufficio a sistemare le carte.

C’era un da fare assurdo alla casa editrice. Mi ero fatto passare le ultime cose da Laura e avevo visto tutte le richieste di pubblicazione che la mia addetta alle comunicazioni aveva accettato senza consultarmi.

Quello stronzo del mio capoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora