L’albergo che ci aveva prenotato Marina era il RSH Piazza Navona Apartments. Al centro di Roma e vicino alla famosa piazza barocca.
Ricordavo vagamente i posti di Roma, ricordavo i nomi dei monumenti ma non sarei riuscita ad orientarmi ne tantomeno a dire dove si trovavano i suddetti luoghi.
L’albergo offriva degli appartamenti più che delle sole camere, con mobili moderni, aria condizionata manuale, connessione gratuita e possibilità di scegliere tra ristorazione indipendente e il ristorante al primo piano. Quindi avevamo anche una cucina che potevamo sfruttare e una penisola su cui potevamo mangiare o lavorare a seconda dei nostri bisogni.
Secondo Sean era meglio un appartamento che una stanza d’albergo così avevamo più manualità nel nostro lavoro e non potevo dargli torto, il problema però era un altro.
- Marina cosa… non ha calcolato? – chiesi incrociando le braccia al petto e lanciando un’occhiataccia prima alla camera e poi al mio capo.
Anche lui aveva un’espressione accigliata.
- Giuro che io non ne sapevo nulla – borbottò.
E me lo auguravo vivamente altrimenti la base della casa editrice di Todi avrebbe perso il direttore!
- Che si fa? – chiesi.
Sean scosse il capo. Poggiò la valigia a terra e sbuffò.
- Vado a chiedere alla reception – disse sparendo e uscendo dall’appartamento subito dopo.
Sospirai e lasciai la maniglia della mia valigia. Mi avvicinai al letto e mi ci buttai sopra a pancia in sotto.
Almeno il materasso era morbido e le lenzuola fresche e profumate.
Il viaggio in macchina non era stato male ma era stancante fare tutta una tirata e stare seduta in macchina per tutto quel tempo. Quando eravamo arrivati in albergo avevo lasciato che Sean facesse il check-in e io ero dovuta andare di corsa in bagno. Se poi ci mettevo che mi ero alzata presto e avevo passato quasi tutta la notte in bianco…le mie ossa e i miei muscoli erano completamente intorpiditi. Tutta colpa delle mie amiche e della paura che mi beccassero e scoprissero la mia bugia.
Quelle cretine erano già convinte che avevo fatto colpo su un vecchietto, forse non l’avevano fatto di proposito ma era chiaro che pensavano esattamente quello che volevo evitare: avevo ottenuto il posto perché c’era lo zampino di mio zio e avevo leccato il culo al mio nuovo capo. Questo era quello che pensavano quelle due, non me lo avevano detto ma le loro allusioni parlavano chiaro.
Ma non era così. Avevo messo in chiaro che non volevo il posto perché lo aveva chiesto mio zio ma per quello che sapevo fare. E lo avevo dimostrato in quelle settimane però…però.
Sean rientrò poco dopo sbuffando ma si fermò, forse percependo che qualcosa non andava in me.
Mi misi a sedere e lo guardai. Probabilmente la mia faccia parlava per me.
Non avevo mai dubitato delle mie capacità in quell’ambito ma non ci voleva poi molto a farmi buttare giù la mia autostima.
E se le mie amiche avessero visto com’era in realtà Sean…evviva le teorie sul fatto che gli avevo leccato il culo.
Lo sguardo del mio capo si incupì. L’attimo dopo mi si avvicinò e si mise in ginocchio tra le mie gambe.
- Che succede ora? – mi chiese preoccupato – Pensi che sia così tragico condividere la stanza con me? –
So che l’aveva detto scherzando e che lo stava facendo per tirarmi su di morale ma adesso mi sentivo uno schifo.
- Non è quello – mormorai – E poi non mi frega…posso dormire con te…a tuo rischio e pericolo però –
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Quello stronzo del mio capo
RomanceMartina Rossetti ha sempre desiderato lavorare in una casa editrice ma per ovvi motivi non ne ha mai avuto l'occasione. Quando poi lo zio si presenta alla sua porta e gli dice di averle trovato il lavoro dei sogni non riesce a contenere l'entusiasmo...