II

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Cold Spring, Putnam
22 settembre, 10:34 AM

LA CONTEA di Putnam è ciò che di più adorabile Harry potesse trovare durante il suo soggiorno in America.
Il tragitto da New York a Cold Spring è stimato essere di un'ora, ma in realtà neanche la guida rapida e strategica di Adam - Harry non glielo dice, ma assomiglia ad un gangster con gli occhiali scuri calati sul naso, la barba di qualche giorno e lo sguardo fisso sulla strada; quindi forse è per questo che, più volte, vengono lasciati passare - riesce ad ovviare al traffico infernale di quella mattina.

Il più giovane prova a non tradirsi, e se quello di fianco a lui non fosse Mitch, che ha condiviso con lui gli anni dell'accademia e quelli fuori nel mondo reale, probabilmente non sarebbe difficile celargli il leggero tremore che scuote i suoi polpastrelli.
Mitch è magnanimo, comunque, perché si limita a ghignare attorno alla sua Chesterfield per poi distogliere lo sguardo - Harry lo odia un po', sia per l'innata capacità che ha di leggerlo sia per gli sbuffi regolari di fumo con cui appesta l'aria nel cubicolo.

Si trovano davanti a una porta di ferro quando scuote improvvisamente i ricci, imponendosi estrema concentrazione; non batte neanche le palpebre quando sente Adam e Mitch caricare le pistole dietro di lui. Muove a scatto il collo per richiamarli all'ordine e, infine, assesta un unico colpo secco di fronte a sé per bussare.

Ad accogliere Harry c'è la canna di una pistola, impugnata dal corpicino tonico di una brunetta con lo sguardo all'erta - come volevasi dimostrare.
Adam e Mitch alzano le braccia, mostrandole le loro armi, mentre Harry si limita a fissarla negli occhi con un sopracciglio arcuato - non si è completamente rincoglionito, okay? Ha un coltellino a serramanico a portata di mano, semplicemente vorrebbe venire a patti con le parole. Non crede che il suo obiettivo sarebbe contento se si ritrovasse un compagno di squadra con uno squarcio sulla spalla - Harry ha una buona mira, già.

La moretta riconosce lo stemma sul suo maglione verde militare, ma non ammorbidisce lo sguardo. "Nome, provenienza, gioco" intima.
Harry continua a tenere i palmi aperti. "Agente a4d67, da Londra a New York, Simon Cowell" espone, ma la donna non dà segni di cedimento.

Improvvisamente, una voce familiare da dietro li interrompe, una venatura di entusiasmo ben riconoscibile nel tono autoritario.
"Danielle, piano. Lui è famiglia" sorride Stanley.

Harry ricambia, cauto, senza muovere lo sguardo di nessun millimetro finché la ragazza non abbassa la pistola, il cipiglio ancora diffidente. Quindi questa è Danielle, interessante; sembra un po' diversa da Eleanor, ma, oh, be', questione di gusti.

Non appena le armi non si frappongono più tra loro, Stan si precipita tra le braccia di Harry.
"Dio, cazzo, pensavo che stavolta non ti avrei rivisto" ride il riccio, il tono mezzo strozzato per la forza con cui si stanno stringendo.
La risposta di Stan rimane soffocata dal tessuto dei vestiti, anche mentre lo trascina lungo l'ingresso e poi attraverso una seconda porta di metallo.

La saletta in cui sbucano è circolare, dipinta sui toni del blu e, soprattutto, piena di gente. Harry mentirebbe se dicesse che gli fa piacere dover sottostare ad un interrogatorio quando tutto ciò che desidera è fiondarsi oltre questa stanza. Letteralmente.
Il primo ad alzarsi, di scatto, è Zayn. Deve avere un sesto senso o qualcosa del genere, perché non è possibile che l'abbia visto entrare, data la sua posizione. È seduto con le gambe allargate e le spalle ricurve, una mano stretta al collo di Liam e Niall poggiato alle loro spalle.

"Harry, cazzo" Uhm. Delicato.
Lui fa del suo meglio per sorridere, una fossetta a scavargli piano la guancia sinistra, mentre anche Liam e Niall gli corrono incontro.
Puzzano un po' tutti di bruciato, lì con i capelli sudati e le t-shirt di cotone macchiate in diversi punti, ma Harry li stringe a sé come se ne dipendesse la propria vita.

È stata dura, questa volta, stare separati per più di quattro mesi. Harry era convinto di essersi abituato, ma quando invece, ad aprile, si era ritrovato l'appartamento vuoto, si era guardato intorno e il suo primo istinto era stato chiamare i loro nomi a voce alta. Era stato strano raggiungere la base ogni giorno e non inciampare ogni due passi nel cibo take-away di Niall, non ripassare gli appunti di Liam e non dover nascondere a Zayn i suoi stessi bozzetti in modo che non li buttasse.
Quando poi, ad agosto, dei ragazzi non si era saputo più niente e Nick aveva liquidato le sue proteste con uno scocciato "Harry, torna alla tua scrivania, non posso gestire anche le cazzate di un'altra squadra", lui era stato rapido a comporre il numero di Ben e obbligarlo a tenerlo informato per qualsiasi sviluppo.

Harry sente le delicate carezze di Liam sulla cute, la presa ferma di Niall sui suoi fianchi e i tocchi fantasma di Zayn sulle sue spalle. Prima di crollare a terra, si stampa in volto un sorriso enorme e si ritrae dall'abbraccio.

"Allora, il povero coglione?" chiede, una nota di divertimento a insinuarsi tra le parole.
Mentre Stan è pronto a condurlo via, Danielle appare ancora contrariata. "Scusate, ma questi non hanno neanche un permesso. Li fate entrare a caso?" Si lamenta.

Prima che Zayn le stacchi la testa a morsi, come sembra sul punto di fare, Harry le rivolge un sorriso conciliante - che però, probabilmente, stona con il suo commento immediatamente successivo. "Non preoccuparti, zuccherino, non ho bisogno di permessi" assicura.

Un barlume di consapevolezza incendia gli occhi della ragazza, che, a giudicare da come lo sta guardando, preferirebbe di gran lunga battergli la testa contro il muro piuttosto che lasciarlo entrare nella stanza.
Cristo, sempre sentimentali se li sceglie. Harry non ha tempo per questi drammi.

Dopo un'ultima occhiata a Mitch e Adam - è ridicolo da pensare, ma è come se fossero due Angeli Rivendicatori, lì immobili sulla soglia con i loro sguardi duri (o impassibili, se si parla di Mitch) e i loro abiti del tutto neri; oh Dio, Harry ha bisogno di nuovi amici - segue Stan per un lungo corridoio luminoso, fino a trovarsi dietro una porta.

Harry prende un respiro profondo, esita giusto un po' - il regolare effetto di apnea che lo tormenta ogni volta che stanno per rivedersi. Poi gira la maniglia.

 Poi gira la maniglia

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Quindi, mh. Buon lunedì?
È chiaro che non riesco ad attenermi ad un programma di pubblicazione, oh be'.
Semplicemente, stavo morendo dalla voglia di far leggere il capitolo ad Addie, e siccome Non mi hai avvisato, Mì, ho iniziato a leggere quelli che pubblichi e continueremo così ho pensato di rallegrare questo lunedì sera.

Mi si prospetta davanti una dura nottata di studio, con tre consegne entro domattina e un intero programma di letteratura greca da ripetere ma, ehi, posso farcela. Chi necessita di sonno, comunque? (Spoiler: io. Almeno un paio d'ore, grazie tante)

Non credo ci sia molto da commentare riguardo al capitolo, in realtà, è più qualcosa di passaggio che vuole far sbirciare all'interno dell'immenso casino che è la vita lavorativa di Harry e i ragazzi. A quel proposito, non sono carini? Quattro piccoli cuccioli di panda.

Ma, ovviamente, manca qualcuno. Ta-daa! Svelato il mistero del povero infortunato, che ha legami a destra e a manca e che Harry sembra così sulle spine per vedere.

Comunque sia, come state?

Ci vediamo presto, vi mando tutto il mio amore,

| Mir <3

Goodnight New York, Goodnight | L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora