Capitolo 2

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Quando Mikasa si alzò dal suo caldo letto e dovette rinunciare al calore delle coperte, non si aspettò assolutamente di ritrovarsi un messaggio da parte di un'amica ormai di vecchia data: Sasha, benché partita a causa delle condizioni di sua madre, le aveva informato che avrebbe fatto un salto a New York quel fine settimana. Non negava di essere molto contenta di rivederla dopo ormai un anno che non sapeva nulla di lei, se non qualche chiamata o messaggio ogni tanto, però non riuscì a non rattristarsi quando la bruna le confessò che si sarebbe trasferita a breve per continuare ad affiancare la sua famiglia in Europa. D'altronde, la famiglia veniva sempre prima di tutto, e lei stessa ne era molto consapevole.

Sospirando pesantemente, come se avesse appena scacciato dalla sua testa una grande consapevolezza, si recò in cucina. Guardandosi attorno, constatò che era da molto che non dava una ripulita fino in fondo, cosa che faceva di norma almeno due volte a settimana, volendo che tutto fosse perfetto e pulito. Chissà da dove possa aver preso questa mania della pulizia, dato che, avendo vissuto in un orfanotrofio, l'ambiente in cui si trovava non era assai ordinato; anzi, era davvero indecente, considerando il topo morto che aveva trovato sotto il letto una sera d'estate.
Ma pur volendo, quel giorno non aveva proprio tempo per dare una bella ripulita: doveva vedersi con Levi in centrale verso le 10:00, ed erano solo le 8:30. Non poteva negare di essere un po' in ansia, dato che quel giorno avrebbero parlato con Erwin di quanto ritrovato in quel vecchio fascicolo. Era, lo ammetteva apertamente, abbastanza sorpresa che nemmeno il capo-bureau fosse a conoscenza di questo strano caso, che era sembrata una sorta di copia e incolla dell'attuale serial-killer. Vallo a capire quell'uomo... Erwin Smith sapeva essere più misterioso di Levi a volte: arrivi convinto alla conclusione che abbia una determinata idea o abbia preso una certa decisione, e poi lo vedi fare tutto il contrario.

Diede una rapida ripulita alla cucina, senza necessità di sforzarsi troppo o tirare fuori altri prodotti oltre lo sgrassatore; ma nella foga dello strofinare, fece cadere a terra una tazza da caffé, che si ruppe in mille pezzi. La ragazza sbuffò pesantemente, scocciata della sua distrazione: si accasciò a terra per raccogliere i pezzi più grandi. Ultimamente era stanca sia fisicamente che emotivamente, e l'idea di dover dire ad Erwin tutta la verità... beh, era assai ansioso e preoccupante. Nel mentre che aveva sentito il coccio della tazza rompersi, aveva percepito un'angoscia dentro di lei, come una piccola paura improvvisa e che mai, e dico mai, lei aveva percepito: il fallimento del suo caso. E se non sarebbero riusciti a catturare Rouge Titan? E se lei non ce l'avesse fatta? Questa insolita sensazione, provocata da un dolore dentro di lei sconosciuto, la portò a non avere il controllo delle sue azioni, e in un impeto di rabbia si tagliò per sbaglio con uno dei cocci caduti a terra: sospirò di dolore, mentre si portava la parte ferita alla bocca. Era un brutto taglio all'indice, certo non così profondo da mettere dei punti, ma usciva molto sangue e non riusciva a fermarlo solo tamponandolo con un fazzoletto. Si alzò di scatto mentre portò il dito sotto il getto dell'acqua fredda del lavandino. Con l'altra mano si massaggiò il viso stanco: perché era arrivata a pensare una cosa del genere? Perché mai aveva paura, dopo quattro anni, di fallire? Era preoccupata soprattutto del perché le era mai venuto in mente una concezione del genere, una di quelle che non aveva mai avuto in vita sua; una di quelle che non sapeva nemmeno spiegarsi, perché sentiva di potersi arrendere da un momento all'altro. Senza nemmeno accorgersene, sentì una lacrima solcare la sua guancia asciutta, creando una striscia umida che quando si seccava sembrava come avere una cicatrice sul volto; le lacrime erano diverse, lo poteva constatare: vi sono lacrime di gioia, che quando le senti riempire i tuoi occhi è piacevole, come una rinfrescata; poi ci sono quelle di tristezza, quelle che percepisci come una punta di un ago sul dito, un dolore che può sia fare male sia essere fastidioso, e il più grande problema di questo tipo di lacrime è che rimangono per più tempo, anche quando smetti di piangere; ci sono, poi, quelle di rabbia, quelle che annegano i tuo occhi fino a non farti vedere più niente, quelle che sono ininterrotte, una dopo l'altra bagnano il tuo viso così tanto da non sentirlo quasi più; la voglia di ingoiarle è tanta, berle come se fosse una medicina, che si rivelerà sempre essere un veleno; ed infine, ci sono quelle peggiori di tutte: le lacrime dell'incomprensione. Sono quelle causate da un tipo di pianto inspiegabile, dove non sai nemmeno tu perchè in quel momento, senti come di dover tirare fuori un qualcosa, un'angoscia, una paura, un tipo di sentimento che non si conosce; non capisci se provi rabbia, tristezza, addirittura gioia... semplicemente non lo sai. Piangi. E basta. Così tanto da lasciarti i segni sulle guance, da annebbiare la tua vista e dal riempirti la testa da domande come "cosa mi sta succedendo?".

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