Jacob

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La pioggia scroscia inesorabile su di me, dandomi il suo personalissimo bentornato.

Cammino a testa bassa, cercando di proteggere gli occhi il più possibile dalle goccie di pioggia ma è una missione quasi impossibile.

Sbuffo sonoramente e poi sorrido sarcastico: che diavolo mi aspettavo al mio ritorno, il sole della Florida?

Certo nemmeno una delle giornate peggiori di Forks, per essere onesti.

Percorro la stradina che ho percorso per diciassette anni della mia vita e non posso fare a meno di provare una stretta allo stomaco.

Erano passati sette lunghi anni dall'ultima volta che l'avevo percorsa e non mi ero più voltato indietro.

Avevo ignorato le suppliche di mio padre, avevo abbandonato i miei fratelli e avevo ripudiato il mio gene.

Ricordo di aver pregato affinché il mio gene si attivasse, finalmente, e mi salvasse da quella maledetta sofferenza.

Ed era arrivato. Oh, sì che era arrivato.

Sotto forma di uno brutto scherzo del destino, dei più crudeli di tutti.

Ed io vi avevo voltato le spalle. Non l'avrei permesso, non l'avrei mai accettato.

L'avevo tenuta in braccio una volta sola.

Una soltanto.

Ed ero andato via senza dare alcuna spiegazione.

Il succhiasangue lo sapeva, mi aveva letto nella mente. Mi aspettavo mi uccidesse su due piedi ma non lo fece. Mi lasciò andare.

Non avrei mai amato una succhiasangue, questo era l'unico giuramento a cui volevo sottostare.

Persino il mio gene avrebbe dovuto sottomersi alla mia volontà. E l'aveva fatto, ci ero riuscito: l'avevo domato per sette anni.

Ero tornato a casa non per lei, ero tornato a casa per vivere di nuovo. E per continuare ad ammazzare i succhiasangue.

Un auto si avvicina rapidamente e le voci provenienti dal veicolo sono decisamente assordanti.

Alzo gli occhi al cielo, contrariato. Dannazione, non l'avevo previsto. Pensavo di trovarli tutti a casa di Sam, come sempre.

La macchina inchioda accanto a me e non posso reprimere un sorriso di soddisfazione.

« E' una visione o è il culo di Jacob Black, quello che vedo? » Paul batte una manata contro il fianco della porta.

Quil, al volante, mi lancia delle occhiate divertite.

Mi prendo un minuto per scrutare Embry sul sedile posteriore e non noto alcun rancore.

« Sodo come sempre, fratello » ribatto, appoggiandomi contro la vettura.

E, come se fosse passato un giorno anziché sette anni, ululiamo insieme.

Salto al posto di guida immediatamente: solo Dio sa quanto mi è mancato guidare una macchina. Avevo passato pochissimi giorni, nei miei ultimi sette anni, da umano. Questo, era uno di quelli.

Scocco un bacio al volante, accarezzando con tenerezza la mia vecchia auto « Mi sei mancata, piccola »

Paul starnazza senza freni affianco a me « Che dite, ragazzi, li lasciamo soli? »

Proseguiamo per la strada verso casa continuando a punzecchiarci con battute sconcie e nessuno di loro sembra accennare alla mia scomparsa.

Mi estraneo dal momento, le voci dei miei fratelli di sottofondo, al pensiero che questo è solo l'inizio. Dovrò affrontare Sam, mio padre e, ancora peggio, Leah. Sbuffo al pensiero di assistere ad una delle sue solite scenate.

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